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Attimi di terrore, rimpianti ma anche il sostegno dello spogliatoio. L’attaccante ucraino del West Ham Andriy Yarmolenko racconta il terrore vissuto per la presenza a Kiev della moglie e del figlio, arrivati nella capitale ucraina il giorno prima dell’invasione russa. “Quando è iniziato tutto – ha raccontato Yarmolenko al sito ‘Football 1/2/3’ – ho raggiunto il campo d’allenamento ma non potevo parlare. Continuavo a piangere, così ho chiesto all’allenatore di poter tornare a casa. Mi chiedevo cosa ci stessi a fare a Londra. Non potevo credere a quanto stava accadendo. Il giorno prima mia moglie aveva accompagnato a Kiev mio figlio per una visita medica. Volevo solo sbattere la testa contro il muro per quanto ero stato stupido a lasciarli partire”.
Poi la reazione: “Adesso solo quando gioco o mi alleno riesco a staccare per qualche ora e accantonare i brutti pensieri. All’inizio invece non riuscivo a dormire o mangiare, ero sempre al telefono coi miei parenti. David Moyes (il tecnico del West Ham, ndr) mi ha chiesto se preferissi allenarmi o restare a casa, invitandomi a fare tutto il possibile per garantire la sicurezza alla mia famiglia. Per qualche giorno sono rimasto a casa, ma poi ho capito che era meglio se mantenevo un comportamento professionale, e sono tornato col resto della squadra”. Nel frattempo la sua famiglia si è riunita a Londra, ma il pensiero dell’attaccante degli Hammers resta in Ucraina, rivolto alla sua città natale Chernihiv, dove all’inizio del mese i bombardamenti dell’aviazione russa hanno causato la morte di 47 civili. “I miei cugini mi tengono in contatto con i miei zii, che ormai sono costretti a vivere negli scantinati per evitare i bombardamenti. E’ una situazione surreale, sembra di vivere un film dell’orrore. Ma di una cosa sono certo: nessun paese potrà mai sconfiggere il nostro spirito”.
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