“La maggior parte delle mie migliori partite le ho giocate senza dormire il giorno prima, ero fuori con gli amici, avevo bevuto”. Parole di Francesco Coco, che si confessa a So Foot. L’ex giocatore del Milan ha raccontato anche alcuni aneddoti sul suo allenatore in gioventù Fabio Capello: “Con lui avevo un rapporto di amore-odio. Un giorno mi prese da parte e mi disse dritto negli occhi: “Se diventi un professionista, mi taglio le palle”. Tuttavia, un anno dopo, è stato lui a lanciarmi in prima squadra e a farmi diventare professionista. Era un modo per spingermi oltre“.
E ancora sempre su Don Fabio: “Ricordo uno dei miei primi allenamenti con i professionisti. Pioveva, avevo 15 anni, e Capello mi fece venire ad allenarmi con loro. Anche lui era giovane, ma già tosto. A fine seduta ci fu la partitella con titolari contro riserve e giovani. Io gioco nel mio ruolo di terzino sinistro e all’improvviso c’è un lungo lancio. Corro molto velocemente verso il punto di caduta e faccio un contrasto in scivolata che fa volare via l’attaccante di fronte ma prendo la palla. Lì Capello fischia e comincia a gridare: Coco, che cazzo fai? Ero un ragazzino, mi mandò diretto negli spogliatoi a farmi una doccia. Nel duello con me c’era Jean-Pierre Papin“.
Coco ammette poi che l’addio al Milan è stato l’errore più grande della sua vita e che all’epoca conduceva una vita consapevolmente dissoluta: “Avevo fiducia nelle mie doti calcistiche e fisiche nella vita di tutti i giorni. Quindi sapevo che avevo il diritto di non essere sempre molto professionale. Sono state tante le partite che ho giocato in cui non ho dormito la notte prima. Due giorni prima della partita col Barcellona (2-0 al Camp Nou con suo gol) sono uscito fino alle 7, sono tornato a casa ho preso la borsa, mi sono lavato i denti e sono partito per la Spagna. Ero ancora ubriaco. Eppure ho giocato una delle partite più belle della mia carriera“.
Coco prosegue il suo racconto: “Nel corso della mia carriera sono sempre stato eccentrico e mi è piaciuto dire le cose senza filtri. Ma c’era una mentalità diversa. Ti faccio un esempio: ho sempre avuto i capelli lunghi e mi hanno sempre rotto le palle per questo. Un giorno, Berlusconi in persona mi tagliò la frangia! Oggi si vedono i giocatori arrivare con la borsa all’allenamento. Prima non esisteva. Ebbene sì, potevi farlo, ma eri un ribelle, un alieno“. Infine una chiosa sulla carriera dopo il calcio: “Dopo aver smesso di giocare si può dire che mi sono preso quattro anni sabbatici! Oltretutto nella mia carriera ho sempre fatto altro oltre al calcio. Il mondo è fatto di miliardi di altre cose e io sono un ragazzo curioso: non mi sono detto ‘cazzo sono finito, sono morto’, quando ho smesso“.