Il caso Acerbi-Juan Jesus, chiusosi con l’assoluzione del difensore nerazzurro davanti al giudice sportivo, ha contribuito a riportare l’attenzione sul tema del razzismo. La lotta alla discriminazione è portata avanti ormai da anni da tutto il mondo del calcio, nonostante ciò continuano a verificarsi eventi che prendono di mira gli atleti neri. In Spagna, ad esempio, Vinicius è stato più volte vittima di ululati dagli spalti, ed è recentissima l’intervista in cui l’attaccante del Real Madrid è apparso in lacrime, denunciando come i continui insulti gli stiano “togliendo la voglia di giocare“. Una questione spinosa e molto delicata alla quale è difficile trovare dei rimedi efficaci. Ad accusare gli autori di tali discriminazioni è stato anche Gianluigi Buffon, che ospite alla trasmissione televisiva “Stasera c’è Cattelan” ha ribadito come ci sia “ancora tanto da fare per debellare il razzismo“.
L’ex portiere della nazionale e della Juventus crede che il nocciolo della questione sia che la gente considera lo stadio un porto franco, in cui è lecito poter dire di tutto senza sentirsi responsabili delle proprie parole e azioni. “Ognuno crede di poter andare lì e sfogare le proprie frustrazioni, il che è molto particolare e assurdo“, ha detto Buffon, che poi ha proseguito: “Il percorso per battere il razzismo è lungo ma è partito da parecchio tempo e qualche risultato positivo si è visto. Ogni tanto si ricade in qualche errore e polemica“. Riferendosi implicitamente al caso Acerbi-Juan Jesus, Buffon ha poi espresso un altro pensiero: “L’importante è che se si sbaglia lo si faccia in buona fede e non perché si voglia realmente ferire qualcuno, perché a quel punto sarebbe molto grave. In linea di massima negli stadi e in molti ambienti sportivi dove c’è competizione si cerca di destabilizzare l’avversario e renderlo più debole, colpendolo su un nervo scoperto. Ma ciò è una scorrettezza perché nello sport dovrebbe vincere chi è migliore, non chi adopera certi mezzi per crearsi dei vantaggi“.