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Fuori dall’Europa. Non è il risultato di una sconfitta dell’Inghilterra a Euro 2016, ma quello ricco di conseguenze del referendum di ieri che ha visto coinvolti i cittadini britannici. Il 52% della popolazione della Gran Bretagna, infatti, ha scelto la strada di Brexit, l’uscita dall’Unione Europea.
Nuovi scenari, un salto nel buio, un precedente senza alcuna possibilità di confronto con il passato. Trema la finanza mondiale, tremano gli equilibri socio-politici e trema anche il mondo del calcio. Nei giorni scorsi, infatti, tra i tanti argomenti della campagna referendaria, si è toccato anche quello del destino della Premier League e della Scottish Premiership.
Cosa succederà ora che la Gran Bretagna ha deciso di abbandonare l’Europa dei 28? Un’analisi riportata dalla BBC punta l’attenzione sulle “norme di reclutamento” dei giocatori stranieri. Fino a questo momento, infatti, gli “europei” hanno potuto beneficiare dei permessi di lavoro britannici, potendo così giocare in tranquillità nei principali campionati d’Oltre Manica. Ma adesso la situazione rischia di non essere più così pacifica.
Attualmente, i giocatori che godono di questi permessi sono ben 332 tra Premier League e Scottish Premiership (numero che supera le 400 unità, se si considerano anche le serie minori del campionato inglese e scozzese). Le squadre più penalizzate sarebbero l’Aston Villa, il Newcastle e il Watford, che perderebbero circa undici giocatori a testa; inoltre, anche due protagonisti della scorsa Premier League come N’Golo Kanté del Leicester e Dimitri Payet del West Ham si troverebbero in una posizione a rischio.
Ovviamente, l’uscita dall’Unione Europea dovrà per forza di cose sollecitare al più presto una nuova regolamentazione a proposito dei giocatori europei non britannici nei campionati di calcio. L’ipotesi sul piatto potrebbe essere quella, già proposta dall’ex presidente della FIFA Sepp Blatter, del “6+5” (sei giocatori extraeuropei e cinque europei non britannici) o quella che andrebbe a proporre delle agevolazioni di inserimento nei club sul modello di quelle valide per i calciatori brasiliani e argentini.
Un tormentone che, però, non finisce qui. L’effetto Brexit sui campionati inglesi e scozzesi, infatti, si farebbe sentire anche a livello economico, con la svalutazione della sterlina e i conseguenti minori introiti dai diritti televisivi. Inoltre, una sterlina debole andrebbe a minare la competitività dei club britannici sul mercato dei calciatori, rendendo di fatto più povera la Premier League.
Non a caso, in più occasioni, il presidente della federazione inglese Richard Scudamore si era chiaramente espresso a favore del “Remain”, manifestando le sue perplessità in caso di un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea. Non c’è molto altro da aggiungere, insomma, se non “Dio salvi il campionato inglese”.