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È l’estate del 2009 e in casa Real Madrid si sente nell’aria l’odore di un grande cambiamento, inaugurato da acquisti faraonici che dovranno essere la nuova colonna portante dei Blancos per la conquista della famigerata Decima. Vengono presentati in successione giocatori del calibro di Karim Benzema (che ai tempi era reduce da grandi stagioni con il Lione), Kakà (Pallone d’Oro del 2007) e, soprattutto, Cristiano Ronaldo, il vincitore del Pallone d’Oro del 2008, futura Leggenda del calcio mondiale, che aveva obbligato Florentino Perez a sborsare una cifra intorno ai 94 milioni di euro al Manchester United, un record ai tempi.
Perez decide quindi di lasciar partire due giocatori olandesi, che fino a quel momento, in due anni, non avevano particolarmente convinto a Madrid: il primo è un brillante trequartista, Wesley Sneijder, che nell’Inter, come tutti noi ben sappiamo, si consacrerà in una stagione, la 2009-2010, che lo vedrà in ottica Pallone d’Oro, dopo aver lasciato un segno indelebile nel Treble nerazzurro e dopo aver trascinato l’Olanda ad un passo dalla vittoria del Mondiale; l’altro olandese è Arjen Robben, un’ala molto rapida, davvero imprendibile soprattutto quando si accentra per poi tirare in porta, ma anche capace di giocare da trequartista o ala sinistra all’occorrenza. Un talento immenso purtroppo flagellato dagli infortuni che da sempre ne condizionano la carriera.
Robben si trasferisce quindi al Bayern Monaco, ad una cifra pari a 25 milioni e indossa la 10, una maglia prestigiosa. Intanto il Real Madrid sembra ormai dimenticarsi sia di Sneijder sia soprattutto di lui, mentre si coccola il suo Cristiano Ronaldo con una presentazione faraonica che sembra presagire grandi successi. Il Bayern Monaco, all’arrivo di Robben, benché l’organico sia di assoluto valore, dato che può annoverare un mediano di grande esperienza come Van Bommel, un grande centromediano come Schweinsteiger, un terzino di grande spinta come Lahm, nonché l’estro e la fantasia di Ribery sulla fascia sinistra, non naviga in acque tranquille.
Infatti, il Club bavarese non soltanto è lontano anni luce dallo status di Big internazionale che ha blindato negli ultimi anni, ma non riesce nemmeno a dominare in Bundesliga, dato che non riesce a tenere la testa del campionato dal maggio del 2008, i gol di Toni non bastano più e la batosta per 5 a 1 inflitta dal Wolfsburg (campione di Germania nel 2009) non ha fatto altro che rappresentare al meglio un periodo per nulla roseo per i bavaresi, che oltretutto hanno ceduto Lucio all’Inter, perdendo non poca qualità in difesa, oltre che affidarsi a nuove leve come Thomas Müller (proveniente dal vivaio) e Mario Gomez (prelevato dallo Stoccarda), assegnando la gestione della panchina a Louis Van Gaal. Manca però qualcosa a questo Bayern Monaco, ovvero la definitiva coscienza dei propri mezzi, una lacuna che impedisce alla squadra di rendere al meglio in entrambi i fronti.
L’inizio, in assenza di Robben, è pessimo per i Büllen in campionato, con due pareggi e una sconfitta, un inizio difficoltoso che sembra inaugurare l’ennesima stagione tormentata per i bavaresi. Ma è in questa occasione che Robben entra in azione, contro il Wolfsburg. Già, quello stesso Wolfsburg che pochi mesi prima aveva sollevato il Meisterschale in faccia al Bayern Monaco e che li aveva umiliati con quel sonoro 5 a 1. È quindi il 29 agosto 2009 quando a Monaco di Baviera si scrive la storia, con Ribery e Robben che entrano immediatamente in sintonia, entrambi da subentrati. Ribery suggerisce per due volte, Robben finalizza per due volte, dapprima con un sinistro deviato all’angolino, successivamente scarta con una sola finta un difensore e il portiere e deposita comodamente in rete. Sono le prime reti di Robben al Bayern Monaco, sono i primi minuti del Robbery, una delle coppie offensive più iconiche e decisive della storia del calcio.
Anche in Champions League si fa vedere, quando debutta nella vittoria per 3 a 0 contro il Maccabi Haifa, ma l’olandese di cristallo gioca col contagocce nella fase a gironi, ed è uno dei motivi principali, come si vedrà nella fase ad eliminazione diretta, del secondo posto del girone alle spalle del Bordeaux. Un girone in cui il Bayern Monaco non brilla particolarmente, ma che riesce a passare dopo aver umiliato una Juventus davvero povera di idee all’Olimpico di Torino, con un secco 4 a 1 che non lascia davvero spazio ad alcun tipo di replica.
Nel mentre, in campionato, il Bayern Monaco, dopo la sconfitta contro la momentanea capolista Amburgo, viene trascinato di forza da un Robben dannatamente dominante, che sin da subito, a suon di gol e di assist, si prende immediatamente la scena. Il Bayern è quindi protagonista di una rincorsa memorabile verso la vetta, che vede i Büllen partire addirittura a metà classifica, per poi, intorno a febbraio, in seguito ad una successione di ben 17 risultati utili consecutivi, agganciare un apparentemente inarrestabile Bayer Leverkusen. Il sorpasso definitivo arriverà il 28 febbraio 2010, in seguito alla vittoria contro l’Amburgo, dopo quasi due anni che il Bayern Monaco non riusciva in alcun modo a prendersi la testa della classifica del campionato tedesco. Nonostante gli infortuni, Robben ha già segnato 8 gol e 6 assist in 16 partite, entrando nel vivo di almeno 14 gol.
Ma è nel periodo di febbraio che Arjen Robben inaugura lo show più epocale della sua stagione, in occasione degli ottavi di finale di Champions League contro la Fiorentina, in un doppio confronto che, per vari motivi, non potrà fare altro che passare alla storia del Bayern Monaco.
La Fiorentina di Cesare Prandelli, dopo tre qualificazioni consecutive in Champions League dal 2006-2007 al 2008-2009, non sta attraversando un periodo florido, non soltanto a causa degli infortuni che ne tormentano la stagione, ma anche a causa della conclusione imminente di un mini-ciclo davvero splendido. Eppure, il tecnico di origini bresciane non si scoraggia e con una preparazione tattica davvero encomiabile prepara al meglio la sfida di Monaco di Baviera, che si tiene in un clima gelido del 17 febbraio. La partita inizia e appare chiaro che a fare la partita, in casa, sarà il Bayern Monaco, che però orchestra un palleggio fin troppo sterile per poter impensierire seriamente i gigliati. La Fiorentina si difende con ordine dagli assalti degli esterni, con De Silvestri che si occupa di Ribery, limitandone considerevolmente le giocate, e Gobbi su Robben. Robben sembra apparentemente imbrigliato quanto il suo collega dalla marcatura asfissiante di Gobbi, ma è quello che, tra i bavaresi, manifesta una maggior spinta offensiva per impensierire la Fiorentina, e lo fa in più occasioni, con degli strappi palla al piede davvero imperiosi.
Ma è nei dieci minuti finali del primo tempo che Robben si scatena, attivandosi in una modalità di trascinatore assoluto ed indiscusso, con autentiche giocate da Genio calcistico. La giocata chiave della prima frazione arriva al minuto 47, quando una ripartenza fulminea porta Robben a servire Ribery a tu per tu con Frey, con Kroldrup che stende il francese e causa il rigore del vantaggio del Bayern Monaco, un rigore che Arjen Robben non può mai sbagliare. Nel secondo tempo, il suo show prosegue senza esclusione di colpi, mandando in tilt il povero Gobbi che può solo che raccogliere la polvere seminata dalle cavalcate infernali di Robben sulla sua fascia. La Fiorentina pareggia con Kroldrup e sembra avere ancora le forze per tentare addirittura il colpo del 2 a 1, ma Robben è ancora straripante, causa la controversa espulsione di Gobbi e mette a soqquadro la difesa gigliata. Intanto, l’arbitraggio pessimo di Ovrebo influisce pesantemente sulla gara, nell’istante in cui Klose incredibilmente non viene espulso dopo un’evidente entrata col piede a martello del tedesco su Felipe.
Robben è inarrestabile, nessuno può fermarlo, sfiora più volte il bersaglio grosso, finché al minuto 89 non scaglia un bolide di terrificante potenza che solo Frey impedisce di trasformarsi in gol, ma che non impedisce al Bayern Monaco di segnare con Klose, oltretutto in evidente fuorigioco, un fuorigioco che nessun spettatore si potrà mai dimenticare. Ma lo show non è finito, con Robben non si può di certo definirsi concluso fino al fischio finale, sfiora addirittura il gol del 3 a 1 ma Frey compie un intervento davvero prodigioso con i piedi, dando una boccata d’aria ai tifosi della Fiorentina in vista del ritorno. Finisce quindi 2 a 1 e, al netto delle controversie, è sempre lui a decidere le sorti della stagione di un Bayern Monaco forte ma che ancora fatica ad ingranare. Compagnoni in telecronaca è chiarissimo, “Robben è più di mezzo Bayern Monaco stasera”.
In vista del ritorno del 9 marzo, Prandelli mette in atto una strategia diabolica, una tripla marcatura a uomo, con De Silvestri, Marchionni e Zanetti che si occupano di Ribery, mentre Robben verrà braccato da Felipe, Zanetti e Vargas (quest’ultimo recuperato in extremis dopo alcuni guai fisici). L’obiettivo è chiarissimo, Robben non dovrà in alcun modo sfoderare dal cilindro il suo mortifero sinistro, o saranno dolori per la Fiorentina. La partita del Franchi viene giocata oltretutto in un clima al limite dell’impraticabilità, con raffiche violente di vento che impediscono il controllo pulito della palla e che deformano le traiettorie del pallone.
La tattica di Prandelli porta ai frutti sperati, infatti Ribery viene complessivamente disinnescato, il centrocampo del Bayern Monaco fatica a tenere la palla e la retroguardia bavarese spanda considerevolmente a causa degli affondi di Vargas e Marchionni sulle fasce. E proprio quest’ultimo provoca il vantaggio gigliato, con un tiro dalla lunga distanza al minuto 28 e Vargas, dopo la papera di Bütt, si avventa sulla palla facendo esplodere il Franchi.
Nel mentre, però, Arjen Robben entra in una modalità specifica, quella dello Smoking Bianco, che si potrebbe definire come uno stato di immacolata onnipotenza, un abito che in situazioni di estrema difficoltà della propria squadra non può essere in alcun modo macchiato e che trasforma colui che lo indossa in un uomo in missione, un abito che può essere indossato per tutta la partita così come in singoli attimi che possono scrivere qualcosa di epocale nella storia del calcio (vedasi Cristiano Ronaldo nella sponda aerea che porta al rigore qualificazione nel quarto di finale di ritorno del 2018 contro la Juventus), un abito che solo una precisa cerchia di giocatori può indossare al meglio.
E Robben questo Smoking lo indossa dannatamente bene, sfiorando il bersaglio grosso già nel primo tempo, con un Frey superlativo che gli impedisce di segnare un gol che in quel momento sarebbe stato meritato, dopo essere stato a conti fatti l’unico giocatore del Bayern Monaco in grado di impensierire la Fiorentina. Nel secondo tempo, la Fiorentina raddoppia con Jovetic al minuto 54, il talento montenegrino classe ‘89 che colpisce un’altra Big europea dopo essere stato il mattatore del Liverpool ai gironi, con un destro ad incrociare, dopo essere stato smarcato da un colpo di tacco raffinatissimo di Gilardino. Il Bayern Monaco è in seria difficoltà ma reagisce con orgoglio, quando Ribery si destreggia sulla fascia sinistra, servendo Van Bommel che di prima, da fuori area, con un preciso rasoterra, stabilisce la parità assoluta tra andata e ritorno.
La Fiorentina si riversa davanti, alla ricerca del gol del 3 a 1, e lo trova al minuto 64, con l’ennesimo dialogo tra Jovetic e Gilardino che permette al montenegrino di siglare una doppietta unica. È il minuto 65 e il Bayern Monaco è ormai alle corde, Robben è il solo faro contro la muraglia della Fiorentina, mancano spunti quando Van Bommel passa la palla a Robben. Quando il capitano del Bayern Monaco passa la palla all’olandese, è come se gli gridasse “Arjen, pensaci tu!”
E ci pensa lui, ancora una volta, con una palla infuocata tra i piedi, la addomestica con il destro, si sposta con una velocità supersonica verso il centro, dribblando Vargas, si accentra, indirizzandosi verso la porta e scagliando un bolide sinistro da 30 metri che si scaglia sotto l’incrocio, nonostante fosse circondato da ben quattro giocatori della Fiorentina che fanno di tutto per fermarlo, ma quando un Fuoriclasse è nella modalità “Smoking Bianco”, non si può davvero nulla. Il Franchi è ammutolito, Compagnoni e Di Gennaro in telecronaca restano pietrificati da un gol assolutamente leggendario di un giocatore che in quel momento è il Bayern Monaco in tutto e per tutto. Un gol mastodontico che spezza le ali alla Fiorentina, che schianta al suolo, mentre Robben continua a mettere a ferro e fuoco qualsiasi ostacolo che gli sia d’intralcio.
La partita finisce, con il Bayern Monaco che si qualifica ai quarti, seppur sconfitto per 3 a 2, grazie alla regola in trasferta, grazie a quel gol magistrale di Robben, che festeggia danzando di fronte ai suoi compagni di squadra, che seduti sul manto erboso del Franchi sembrano ammirarlo come gli allievi con il Maestro. Robben sta indottrinando come non mai il Bayern Monaco ad avere maggiore coscienza dei propri valori e della proprie potenzialità anche in ambito internazionale, ha appena trascinato il Bayern Monaco ad una qualificazione insperata ai quarti di finale, in un ottavo di finale che era ormai perduto fino a quando Robben non ha detto l’ultima parola. È lui l’anima del nuovo Bayern Monaco, che nasce in quella gelida sera del 9 marzo 2010, a Firenze, da quel giorno nulla sarà come prima a Monaco di Baviera.
Il cammino dei Bullen in Champions League prosegue ai quarti contro il Manchester United di Ferguson, ma Robben non c’è all’andata, a causa di uno stiramento. Senza di lui il Bayern Monaco riesce ugualmente a vincere anche senza di lui, per 2 a 1, a Monaco di Baviera, con i gol di Ribery e Olic in risposta a quello di Rooney. La lezione di Firenze è stata più che necessaria ed utile: Lahm ormai sta consolidando il suo status che lo vede come uno dei migliori terzini destri al mondo, Ribery riesce finalmente a mostrare la maggior parte dei colpi del suo repertorio anche in Europa, Schweinsteiger è in crescita costante come uno dei migliori centromediani al mondo. Il Bayern ha ormai acquisito coscienza dei suoi mezzi, una caratteristica della quale era stato carente nelle stagioni precedenti e che ora sta finalmente sfoggiando nelle grandi vetrine internazionali.
Robben torna in campo all’Old Trafford, il 7 aprile, con la marcatura asfissiante di Evra, uno dei migliori terzini sinistri al mondo, che si impone con grande personalità contro il Fuoriclasse olandese, limitandone le scorribande per 39 minuti abbondanti. Nel mentre, il Manchester United colpisce duramente il Bayern Monaco con un 3 a 0 frutto di un calcio celestiale, con un Nani scatenato come pochissime volte nella sua intera carriera e con un Valencia incontenibile sulla fascia destra. Dopo il gol del 3 a 0, il Bayern Monaco sembra ormai steso al suolo, inerme di fronte ad una simile manifestazione di onnipotenza collettiva. Ma è proprio qua che emerge il vero Bayern Monaco, tenace, resiliente e tosto da affrontare. Il Bayern Monaco ormai è rinato e reagisce con orgoglio, ormai maturo e consapevole di poter arrivare ovunque. Accorcia quindi le distanze con Olic, che, servito di testa da Müller, con un diagonale velenosissimo accorcia le distanze.
E Robben? Pensate veramente che in questo momento si sia fermato? Poveri illusi, non avete imparato nulla dopo lo Smoking Bianco indossato a Firenze? Robben c’è, nel finale del primo tempo si scatena come non mai, ubriaca Evra con una raffica spietata di finte e controfinte, sfiorando già il bersaglio grosso nei minuti finali della prima frazione di gara. Nel secondo tempo la musica prosegue con lo stesso spartito, con una prestazione davvero solida ed importante di tutto il Bayern Monaco, che segue il suo condottiero verso il gol del 3 a 2. Il gol è un quadro: da un calcio d’angolo, Ribery crossa morbidamente per Robben, lasciato colpevolmente solo da Carrick al limite dell’area, che colpisce con un’eleganza inaudita al volo, di sinistro, portando nuovamente in Paradiso i bavaresi, che ormai si sono resi conto da tempo di avere tra le loro file un giocatore stratosferico che li ha appena portati in semifinale.
La cavalcata del Bayern Monaco prosegue il 27 aprile, in semifinale contro un Lione splendido, che aveva eliminato il Real Madrid (che in quel momento si stava divorando le mani per aver ceduto Sneijder all’Inter e Robben al Bayern Monaco) e il Bordeaux campione di Francia nella stagione precedente; una squadra che stava lanciando futuri campioni come Pjanic e che stava regalando la consacrazione ad un grande attaccante come Lisandro Lopez. Ma quel Lione viene domato con una facilità irrisoria dal Bayern Monaco tra andata e ritorno, una doppia sfida che vede Schweinsteiger giganteggiare in mezzo al campo, da autentico Leader del centrocampo. Lahm mette a ferro e fuoco la fascia destra, Robben manda al manicomio il malcapitato Cissokho (fino a quel momento uno dei migliori terzini sinistri della competizione) ed è sempre lui, tanto per cambiare, a sbloccare la sfida dell’andata a Monaco di Baviera, con un sinistro da 30 metri spizzato di testa da Muller che beffa il malcapitato Lloris. C’è sempre lui nel destino del Bayern Monaco, é sempre decisivo, in un modo o nell’altro.
Nella partita di ritorno in Francia, il Lione viene annichilito da una tripletta sensazionale di Olic, che in quel momento sta attraversando il miglior periodo della sua intera carriera. Un match gestito con maestria e calma dai bavaresi, che vede Robben un po’ dietro le quinte, ma sempre decisivo nell’innescare l’azione che porta la palla a Müller per il successivo assist al primo gol di Olic. Il Bayern Monaco vola quindi fino in finale. Quello stesso Bayern Monaco che lo scorso anno prendeva una goleada memorabile dal Wolfsburg, quello stesso Bayern Monaco che sembrava non adatto a determinati palcoscenici, vola a Madrid. Già, proprio quella città che aveva scaricato Robben e che in quel momento, al Santiago Bernabeu, lo ospita in quella che in quel momento è la serata più importante della sua carriera. Robben si è già preso una rivincita significativa mentre, dall’altra parte, l’altro esubero di Madrid, Sneijder, trascina l’Inter di Mourinho all’appuntamento finale, annichilendo, dagli ottavi in poi, Chelsea, CSKA Mosca e, soprattutto, il Barcellona di Guardiola.
Intanto, il Bayern Monaco perde la vetta a discapito dello Schalke 04, ma la riprende nello scontro diretto del 3 aprile, per poi mantenerla e allungare il distacco fino all’ultima giornata. È fatta, il Bayern Monaco ha vinto la Bundesliga, la ventiduesima della sua storia, grazie ad un Arjen Robben monumentale, da 16 gol e 7 assist in 23 partite (coinvolgimento in quasi un gol a partita in media!), venendo eletto come miglior giocatore del campionato con il 71,2 % dei voti. Dunque, un verdetto indiscutibile per una stagione memorabile che l’ha visto trascinare il Bayern Monaco in una rimonta epocale dalla metà della classifica al titolo di Campioni di Germania.
Robben si ripete anche in Coppa di Germania, perché un Fuoriclasse simile non può non lasciare il segno anche in questa competizione, segnando un gol in tutti e tre gli incontri. In particolare, lascia di sasso il gol in semifinale contro lo Schalke 04, al minuto 116 di una partita bloccata, quando parte sulla fascia destra a velocità supersonica, facendo di essa terra bruciata, per poi scagliare in porta un bolide imprendibile per Neuer. Segna anche in finale, contro il Werder Brema, il 15 maggio 2010, quando sblocca la contesa dal dischetto, in un roboante 4 a 0 che regala al Bayern Monaco anche la Coppa di Germania in una stagione che è da incorniciare, in attesa della finale di Madrid del 22 maggio.A Madrid, però, manca Ribery sulla fascia sinistra, dato che è stato espulso dopo un fallo violento all’andata contro il Lione. Altintop dovrà sostituirlo, ma chiaramente l’ala turca non raggiunge i livelli di Franck. Ed il Bayern Monaco non può nulla, inevitabilmente, contro la Grande Inter di José Mourinho, che con un prestazione corale veramente sontuosa spazza via i bavaresi, con Diego Alberto Milito che con una doppietta storica riporta l’Inter al successo in Coppa dei Campioni dopo 45 anni. Un principe che diventa Re, nella Notte di Madrid, come afferma a gran voce Marianella in telecronaca.
E Robben? Robben è Robben, come sempre, effettua un’accelerazione bruciante nel primo tempo,.che per poco non porta Olic al gol, sfiora il bersaglio grosso, negatogli da Julio Cesar, rappresenta un pericolo costante per la difesa dell’Inter, nonostante possa davvero poco contro una squadra con quella forza mentale. Per una volta Robben, seppur giocando da Robben, non la spunta, ma resta epocale quanto dimostrato in questa stagione.
Era arrivato come scarto del Real Madrid, prendendosi sulle spalle il peso della responsabilità della maglia numero 10, la maglia dei Grandi. È diventato il creatore del nuovo Bayern Monaco, che da lì a breve avrebbe collezionato sette campionati consecutivi dal 2012-2013 al 2018-2019, altre quattro Coppe di Germania e cinque Supercoppe di Germania, tornando nel suo status di Super Potenza teutonica.
Ma non solo, con Robben i vari Schweinsteiger, Ribery, Lahm e Müller hanno finalmente avuto la definitiva coscienza dei loro mezzi, divenendo nel tempo dei Top affermati dei loro rispettivi ruoli, per non parlare di un Ivica Olic in forma smagliante.
Ma soprattutto, sempre con Robben, il Bayern Monaco si è finalmente lanciato in grandi palcoscenici internazionali, collezionando nel decennio una Champions League, un’altra finale (persa, purtroppo per i bavaresi, in casa contro il Chelsea) e quattro semifinali della massima competizione europea, nonché una Supercoppa UEFA e un Mondiale Club nel 2013, che avrebbe consacrato quella squadra meravigliosa allenata da Heynckes.
Di fatto, Arjen Robben ha creato il nuovo Bayern Monaco, secondo le caratteristiche perpetrate nel suo DNA, ovvero una squadra solida e tignosa da affrontare nei novanta minuti. Robben, per certi versi, è un erede dei Franz Beckenbauer e dei Gerd Muller negli anni ‘60-’70, perché da quando lui è arrivato la musica, a Monaco di Baviera, è cambiata, esattamente come con i suoi predecessori.
Dopo dieci anni di onorata carriera che l’hanno visto raggiungere dei traguardi sensazionali nonostante la moltitudine di infortuni, Robben ha deciso qualche mese fa di ritirarsi dal calcio giocato, dopo aver lasciato qualcosa di indelebile negli ultimi dieci anni.
E chissà se le nuove generazioni, in quella fascia destra, riusciranno ad ereditare il suo lascito e, soprattutto, chissà se saranno capaci di indossare lo Smoking Bianco come l’ha indossato lui per dieci anni…
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