Amarcord

L’angolo del ricordo: Rommel Fernandez, la triste fine del panzer di Panama

Rommel Fernandez - Foto Mpou, pubblico dominio

Sono trascorsi quasi due anni dai Mondiali di Russia 2018 e la rassegna iridata sembra ormai quasi un ricordo lontano, ma nella mente di molti c’è l’emozionante favola di Panama, all’esordio assoluto nella Coppa del mondo. Una qualificazione raggiunta dal piccolo stato centroamericano grazie a un incredibile gol fantasma contro il Costa Rica in una delle finali per i posti a disposizione della CONCACAF, che fu però degno risarcimento per il rigore inesistente che eliminò i panamensi dalla Gold Cup del 2015 contro il Messico. Le favole piacciono alla gente e al netto degli errori arbitrali vedere Panama per la prima volta cimentarsi in un Mondiale fu qualcosa di memorabile. La crescita dal punto di vista calcistico di questa nazione spesso famosa soltanto per l’omonimo stretto artificiale è coincisa con l’arrivo del ct Gomez, il condottiero di una scalata che ha portato Panama fino al ventinovesimo posto nel ranking Fifa e  in seguito a Russia 2018, ma c’è almeno un’altra figura che ha contribuito a questo cammino che sembra essere giunto ormai all’apice: lo ha fatto in maniera indiretta e purtroppo con un tragico epilogo, stiamo parlando di Rommel Fernandez.

IL PANZER – Un nome probabilmente sconosciuto ai più, non di certo per gli abitanti di Panama. Rommel Fernandez, nato a El Chorillo nel 1966, era un omone che avvicinava il metro e novanta di altezza, dalla struttura potente e poderosa e dalla buona tecnica: inutile dire che di mestiere faceva l’attaccante in un calcio in continua evoluzione come quello di metà anni ottanta. Fu uno dei primi ad abbandonare il piccolo stato centroamericano per provare a sfondare in Europa, e trovò terreno fertile in Spagna, anche grazie all’aiuto dell’ex Barcellona Tiger Barrios, che scoprì Fernandez e nel 1987 lo consigliò alla squadra di Tenerife. Rommel divenne ben presto un idolo dei tifosi isolani e per il suo fisico imponente si guadagnò ben presto l’appellativo di panzer, come andava di moda definire i lungagnoni tedeschi dell’epoca. Coi suoi gol trascinò il Tenerife alla promozione nella massima serie e su di lui mise gli occhi il Valencia, che decise di prelevarlo per avere un’alternativa in più lì davanti. Il ruolo di riserva di Penev, però, stava stretto a Rommel e così decise di accettare, nel 1992, la proposta dell’Albacete, che si apprestava a disputare la seconda stagione consecutiva e in assoluto in Liga.

L’INCIDENTE – Con la maglia dell’Albacete Fernandez si riconfermò come un attaccante dal buon fiuto del gol e, nonostante qualche infortunio, in diciotto partite mise a segno sette gol. Sul finire della stagione, improvvisa e spietata si consumò la tragedia: non fu la prima, purtroppo nemmeno l’ultima vittima sacrificata sull’altare della velocità. Il 6 maggio 1993 il panamense, ventisette anni e nel pieno della propria parabola sportiva, si schianta contro un albero alla guida della sua Toyota in un tratto di strada abbastanza pericoloso nei pressi di Albacete. Ogni anno gli ultras dell’Albacete portano i fiori sul luogo della tragedia, mentre a Tenerife c’è un murales allo stadio con un dipinto del giocatore e una lapide in cui sono raffigurati gli stemmi delle tre squadre spagnole in cui ha militato. E se nel paese iberico Rommel Fernandez ha lasciato un grande ricordo, è soprattutto a Panama che la sua morte, in un certo qual modo, non è stata vana. In tutta la sua carriera in Spagna non aveva fatto altro che sponsorizzare il calcio nel suo paese così lontano: tanti bambini cominciarono a interessarsi al calcio e fu proprio a partire dagli anni ’90 che si andò pian piano costituendo quella generazione di calciatori capaci, nel 2018, di giocare i tanto sognati Mondiali. E tra i più accaniti nel ricordare la figura di Rommel c’è Dely Valdes, attuale ct di Panama, l’altro grande giocatore della storia dello stato centroamericano nonché praticamente coetaneo di Fernandez: entrambi, in maniera purtroppo diversa, hanno contribuito alla crescita del gioco del pallone in un paese povero e raramente fucina di giocatori di talento, e chissà che sulla strada verso Qatar 2022 non si possa parlare di piacevole conferma piuttosto che di meteora.

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