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Ben prima della storica marcatura di Claudio Gentile in Italia-Argentina ai Mondiali 1982, quando il Feroce Saladino annullò di fatto Diego Armando Maradona con un asfissiante uno contro uno difensivo continuo e arcigno, c’è la versione tutta azzurra nei confronti dell’altra leggenda del calcio mondiale, vale a dire Pelé. La partita era decisamente meno prestigiosa e i verdeoro venivano da due coppe del mondo conquistate in fila, ma a San Siro il 12 maggio 1963 Giovanni Trapattoni, seppur per poco più di venticinque minuti, non abbiamo timore ad affermarlo, umiliò O Rei. Prima di diventare uno degli allenatori più vincenti e iconici di sempre, il Trap è stato tra i calciatori più forti degli anni ’50 e ’60, e in quanto a duttilità ha avuto ben pochi rivali. Tanto da marcare in quel modo il più forte calciatore della sua epoca, e probabilmente della storia di questo sport.
IL 6 SUL 10 – Colonna portante del Milan di Rocco, quattordici stagioni in rossonero con 274 presenze in campionato. Eppure, con la Nazionale il feeling non fu mai ai massimi storici e il Trap giocò appena diciassette partite. Anche e soprattutto per una questione di sfortuna, visto che era stato convocato per i Mondiali di Cile 1962, ai quali però assistette dalla tribuna per via di un grave infortunio nei giorni precedenti all’inizio della rassegna. La sua trasformazione da mediano a difensore, quasi naturale, divenne tale anche e soprattutto in quel match del 12 maggio 1963 contro i campioni di tutto del Brasile. Trapattoni è titolare e il suo compito è quello di appiccicarsi a Pelé e di non farlo giocare. Il 6 sul 10, sempre. Ma era praticamente impossibile di quei tempi contenere l’attaccante brasiliano, e anche se si trattava di una semplice amichevole entrambe le squadre si sarebbero impegnate al massimo, vista anche la rivalità che poi sarebbe sfociata nelle finali del 1970, 1982 e 1994.
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MODESTIA A PARTE – La verità è che in venticinque minuti Pelé non riuscì quasi nemmeno a toccare un pallone. Trapattoni umiliò letteralmente il fuoriclasse carioca con una marcatura a uomo implacabile che costrinse l’ex Santos a non poter entrare nel vivo del gioco. San Siro, casa sua, era in estasi ogni qual volta il Trap mostrava fiero il petto in un anticipo, un sei più grande del dieci, o entrava con foga sull’avversario. L’epilogo fu inaspettato. Dopo meno di mezzora la Perla Nera chiese il cambio e abbandonò il terreno di gioco, lamentando probabilmente un infortunio. Non è dato sapersi se quell’infortunio era reale o se il mal di testa per una marcatura così stringente lo aveva portato ad alzare bandiera bianca per non trascorrere un’altra ora abbondante in balia di un avversario che pareva quasi indemoniato. Tanto era un’amichevole. Ma non è una cosa “da Pelé” e lo stesso Trapattoni in seguito ammise con modestia: “La verità di quel giorno è che lui era mezzo infortunato. Stanco. Io sono stato un buon calciatore, ma lasciamo stare Pelé. Quello era un marziano”. Nel 2000 il brasiliano confermò la versione dei fatti, dicendo di avere mal di pancia e di essere sceso in campo perché obbligato da alcuni sponsor. Pelè resta Pelè, ma quel giorno Trapattoni gli fu superiore in una partita, peraltro, dominata dagli azzurri che vinsero 3-0 coi gol di Sormani, Mazzola e Bulgarelli. Al posto di O Rei entrò Quarentinha e Trapattoni, ormai fuori dal tempo e dallo spazio, lo marcò con la stessa foga non facendogli mai vedere palla. Era proprio la sua giornata.
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