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“Mo je faccio er cucchiaio”. Il 29 giugno del 2000, nel cerchio di centrocampo dell’Amsterdam Arena, Francesco Totti pronuncia questa frase all’orecchio di Gigi Di Biagio, prima di sfidare Edwin van der Sar nella lotteria dei calci di rigore. Dopodiché il Pupone va, esegue magistralmente l’adorato pallonetto e contribuisce in maniera significativa alla vittoria dell’Italia contro i padroni di casa dell’Olanda, che vale per gli Azzurri di Dino Zoff l’accesso alla finale dell’Europeo. Tralasciando il discorso su come andò quella finale, qualcuno avrebbe mai immaginato che poco più di 4 anni dopo lo stesso Francesco Totti avrebbe assistito dalla tribuna di un simpatico stadio siciliano ad un altro cucchiaio, ben più macchinoso ma egualmente incisivo, che per la sua Roma avrebbe significato sconfitta?
È una delle domeniche maggiormente memorabili della storia del Messina: 19 settembre 2004, al San Filippo arriva la Roma e per l’occasione l’arbitro designato per dirigere la gara è il più bravo del mondo, Pierluigi Collina.
Che sia una giornata particolare si avverte alla prima chance per i padroni di casa: cross dalla destra di Zoro, stacco di Mexes sulle spalle di Zampagna e curioso rigore fischiato in favore della squadra di Bortolo Mutti. In sostanza pronti, via e il più bravo del mondo ha già sbagliato. Dal dischetto va l’infallibile Parisi, che con il sinistro al 21’ spiazza Pelizzoli e firma l’1-0. Ma dura poco, perché appena 14 minuti dopo sul lancio dalla sinistra di Cufré si avventa Mancini, che di testa spizza per il quasi ventenne Corvia: stop, appoggio per Montella e secondo sinistro dell’incontro nel sacco, ma sotto la curva opposta del primo. Pari. Nulla in confronto a ciò che accade nella ripresa.
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Il secondo tempo si apre con un altro cross dalla destra di Zoro (sì, colui che la stagione successiva interruppe Messina-Inter per protesta contro i cori razzisti subiti) ancora una volta per Zampagna, solido stavolta nel prendere posizione e girare di destro al volo: parata, palo e tap-in vincente di capitan Sullo. Sasà Sullo, uno che in carriera vanta 21 presenze con la maglia della Puteolana e 106 con quella della Turris.
Mutti inserisce Iliev, Voeller cambia modulo gettando nella mischia Delvecchio e l’iconico Mido per la necessità di rimontare e a rimontare la Roma ci mette poco: 64 e 68 sono i minuti del secondo e del terzo gol di Montella. Prima un secco sinistro rasoterra dal limite, poi un guizzo da vero centravanti nell’area piccola su assist proprio di Mido. La favola sembra finita, la big fa la voce grossa nel teatro della neopromossa e il match pare indirizzato verso l’esito che tutti attendevano alla vigilia. O forse no.
A un quarto d’ora dal 90’ c’è una punizione dalla distanza, che a Messina vuol dire un pallone buono per il mancino di Parisi (14 gol in Serie B la stagione precedente ma di mestiere difensore). Gran botta che filtra in mezzo alla barriera, viene deviata due volte e finisce, non si sa bene come e non si sa bene perché, sul destro di Giampà. Domenico Giampà, uno che in carriera vanta 9 presenze con la maglia della Paganese e 12 con quella dell’Euro Girifalco. È l’autore del 3-3.
A questo punto perché mai il popolo giallorosso, il più umile dei due avversari, non dovrebbe credere nell’impresa? Gli ospiti sono storditi, non aggrediscono, non riescono ad avviare il forcing finale per poter tornare nella capitale con 3 punti. Lo stadio si scalda (in realtà è già ardente da un po’) Mutti gesticola e i suoi ragazzi non sentono la fatica di 78 minuti disputati contro una squadra che, nonostante le assenze (su tutti il capitano infortunato in tribuna), è senza discussioni superiore da ogni punto di vista.
Eppure il calcio è uno di quegli sport in cui i dislivelli possono sgretolarsi in un batter d’occhio. Un gioco capace, senza neanche troppa difficoltà, di andare oltre la legge del più forte e di rendere onore, merito e risultato alla compagine che più ha combattuto per ottenerli. E quindi siamo al 78’, dicevamo.
Poco avanti alla metà campo, ad un passo dalla linea laterale destra, riceve il pallone Iliev. Il serbo non ci pensa due volte e di prima, in controtempo, lascia partire uno splendido filtrante rasoterra per Zampagna. La difesa della Roma è ferma, sognante di vedere il guardalinee tirare su la bandierina per segnalare fuorigioco. Non è fuorigioco. Zampagna, bomber di categoria (nel senso di categoria inferiore), sta disputando a 29 anni e 10 mesi la prima partita in Serie A della sua vita. Contro una delle potenze del calcio italiano, che quattro giorni prima ha giocato in Champions League. Sono tutti in piedi.
Uno, due, tre, quattro, cinque passetti per decidere cosa fare: Pelizzoli è rimasto in piedi. Non fa nulla. Zampagna mette punta e collo destro sotto la sfera, esegue il pallonetto, accompagna con il movimento a salire della testa e spera. Pelizzoli è reattivo, salta, tocca il pallone con la punta delle dita ma non basta. Gol.
C’è chi non ci crede, chi perde la voce, chi si arrampica sui compagni di tifo al proprio fianco, davanti, dietro. Zampagna porta le mani alle orecchie: “Non vi sento”. E intanto fa le finte ai suoi ragazzi, partiti dalla metà campo opposta per venire ad abbracciarlo. Apoteosi giallorossa, sempre dei più umili che in questo pazzo pomeriggio di fine estate sono stati migliori. E lo saranno per tutto il campionato, perché alla fine la classifica reciterà Messina 7° a 48 punti e Roma 8ª a 45.
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