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“Può, un uomo, collocarsi fuori dalla sua storia? No, non lo può”. Prendete la celebre citazione di pasoliniana memoria e mettetela da parte: questo è il racconto del pomeriggio in cui un uomo decise di uscire dalla propria storia, o meglio dalla sua carriera, per indossare l’uniforme da supereroe e mandare in estasi un popolo, mai stato suo come quel giorno.
È il 31 gennaio 2010 e nella giornata numero 22 del campionato di Serie A la Roma ospita allo Stadio Olimpico il Siena. Ranieri deve fare a meno degli infortunati Vucinic, Toni e Totti in una gara insidiosa quanto importante per continuare la corsa scudetto con le due milanesi, mentre Malesani va caccia di punti preziosi per una lotta salvezza tutt’altro che agevole.
Pronti, via e i padroni di casa mettono in chiaro come sarà l’andamento della partita: sugli sviluppi di un calcio d’angolo del Pec Pizarro il pallone finisce sul destro di Motta (schierato al posto di Cassetti), che calcia violentemente stimolando i riflessi del romano e romanista Curci, svelto anche sulla conseguente conclusione ravvicinata di Juan. Prima del quarto d’ora De Rossi mette in mostra le sue doti da regista servendo con uno splendido lancio Riise, inseritosi sulla sinistra come spesso nel corso della sua offensiva carriera: volée mancina di poco larga.
La spinta giallorossa, in ogni caso, non si affievolisce, e al 24’ è ancora Curci a neutralizzare una dirompente e fortunata discesa sulla destra di Motta. È il preludio della rete. Appena 5 minuti più tardi, infatti, uno strano cross del terzino cresciuto nell’Atalanta e oggi in forza al Persija Jakarta (10.821 km da Roma) viene prolungato da uno strano colpo di testa di Perrotta: al vertice lontano dell’area di rigore c’è Riise che fa cadere la sfera e la colpisce magnificamente al volo con l’esterno sinistro centrando il bersaglio. Un gol capolavoro di uno che per sbaglio nella vita ha fatto l’esterno di difesa, nonostante evidenti qualità nella metà campo avversaria.
Ci sono tutte le premesse per un comodo successo capitolino, la classica domenica tranquilla in cui durante il secondo tempo butti un occhio sui risultati delle altre per rapidi (ma neanche tanto) check fantacalcistici e della schedina di turno. Invece no. Al 41’ uno schema mal riuscito su angolo concede il destro da fuori a Jajalo: gran botta, plastico tuffo di Julio Sergio e provvidenziale sinistro al volo di capitan Vergassola (349 presenze in maglia bianconera) che vale il pareggio.
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La ripresa degli ospiti è un serrate i ranghi. La Roma, sbilanciata in avanti con l’ingresso in campo di Cerci prima e di Okaka poi, chiude gli avversari nella loro trequarti e costringe agli straordinari Curci, in giornata di grazia. Prova subito De Rossi dalla distanza (fuori), spara un rigore in movimento Burdisso (Curci c’è), tiro-crossa a giro Taddei (Curci c’è) e svetta di testa ancora Burdisso su angolo (Curci c’è). E quando l’estremo difensore della squadra toscana rischia di venir bucato, all’80’ sulla strada tra la conclusione di Baptista e la linea di porta si pone Rosi, romano e romanista pure lui, che tiene in vita i suoi. Dalla parte opposta, dove molti credevano non ci fosse più la chance di vede anime diverse da colui che Spalletti battezzò “Il terzo portiere più forte del mondo”, rischia di concretizzarsi l’inimmaginabile quando Vergassola vede in area Reginaldo che ha il tempo di stoppare e calciare trovando la deviazione di Riise e la respinta di colui che nel frattempo era diventato un buon portiere titolare.
88 sul cronometro, “c’è un cuore che batte nel cuore di Roma”. Non è quello di Taddei, che al 72’ era stato sostituito (ma non se n’è accorto nessuno) da Pit. Adrian Pit, nato ad Arad, Romania, il 16 luglio 1983. Presenze in Serie A prima del match in questione: una. Presenze in Serie A dopo vent’anni da calciatore: due. Eppure nella capitale se lo ricordano.
Se lo ricordano perché con il sinistro mette dentro uno sbilenco cross basso, una di quelle giocate che di solito fanno infuriare gli allenatori, mugugnare i tifosi e godere i difensori, sereni nell’allontanare il potenziale pericolo. Ma stavolta chi difende non arriva, chi attacca sì. Stefano Okaka Chuka. Di tacco. Di tacco girando a 360° su se stesso eludendo l’intervento di Terzi (e di terzi).
La rete dei sogni, sotto la Curva Sud, che non ci crede e salta per lui. Okaka si leva la maglietta e corre verso i suoi sostenitori, rincorso da un De Rossi versione vena sul collo e manicomio. È 2-1, il nuovo e definitivo sorpasso giallorosso. Di tacco, Okaka. Gol in Serie A con la Roma prima del match in questione: uno. Gol in Serie A con la Roma dopo quindic’anni da calciatore: due. Il giorno dopo andrà al Fulham. E Pit alla Triestina.
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