Scottie Pippen torna ad attaccare Michael Jordan ad un anno dalla messa in onda e dal successo planetario di “The Last Dance”, il documentario sul cammino tribolato dei Chicago Bulls verso il loro sesto anello NBA. In un’anticipazione della sua autobiografia (“Unguarded”), Pippen scrive: “Gli ultimi due episodi sono andati in onda il 17 maggio. Come gli otto precedenti, hanno glorificato Michael Jordan senza elogiare abbastanza né me né i miei orgogliosi compagni di squadra. E Michael ha una grande parte di colpa. I produttori gli avevano dato il controllo editoriale del prodotto finale. Il documentario non avrebbe potuto essere pubblicato diversamente. Lui è stato il protagonista e il regista”.
E ancora: “Michael era determinato a mostrare alla generazione attuale che era il più grande di tutti i tempi. Anche più grande di LeBron James […] Non potevo credere a quello che stavo vedendo. Più e più volte, i riflettori si sono accesi sul numero 23. Anche nel secondo episodio, incentrato per un po’ sul mio difficile percorso verso la NBA, la narrazione è tornata su MJ e sulla sua determinazione a vincere”.
La conclusione: “Ora eccomi qui, sulla cinquantina, a 17 anni dalla mia ultima partita, guardare questa serie umiliarci ancora una volta. Viverla la prima volta è stato piuttosto offensivo. Ogni episodio era lo stesso: Michael su un piedistallo e i suoi compagni di squadra in basso. Si riferiva a noi in quel momento come il suo cast di supporto”. “Come osa Michael trattarci in quel modo dopo tutto quello che abbiamo fatto per lui? Michael Jordan non sarebbe mai stato Michael Jordan senza di me, Horace Grant, Toni Kukoc, John Paxson, Steve Kerr, Dennis Rodman, Bill Cartwright, Ron Harper, BJ Armstrong, Luc Longley, Will Perdue e Bill Wennington”.