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Ricky Rubio, George Hill, Shelvin Mack, Raul Neto, Dante Exum, Trey Burke, Mo Williams, Jamal Tinsley e Devin Harris. Gli Utah Jazz sono passati attraverso tantissime point-guard dopo aver scambiato Deron Williams nel 2011, nella ricerca di un sostituto di livello. E’ stata una ricerca con alcuni alti e bassi: i bassi, tuttavia, sono prevalsi. Utah ha seguito diverse vie per risolvere il problema, ma nessuna di queste ha funzionato tanto bene quanto ci si aspettava. Le recenti aggiunte di George Hill e Ricky Rubio hanno il maggior potenziale per offrire una soluzione a lungo termine, ma non sembra la più probabile. Al tempo sembrava proprio che la trade di Deron Williams avesse sancito l’inizio di una maledizione, dopo la quale nessuna vacca grassa sarebbe più arrivata nella posizione di PG o SG.
Nel settembre del 2014, dopo essere stato tagliato in seguito alla pre-season dai Clippers, Joe Ingles viene ingaggiato dagli Utah Jazz. Ora, lasciatemi fare questa prefazione che segue: credo che neanche Joe Ingles sia la soluzione a lungo termine. Detto questo, le sue recenti prestazioni hanno offerto una boccata d’aria fresca rispetto a quanto offerto dalle altre point-guard dei Jazz quest’anno. Questa non dovrebbe essere una grande sorpresa considerando la crescita di Joe nella sua carriera sin qui. Durante il suo periodo ai Jazz Ingles è passato dall’essere un buon playmaker a diventare uno eccellente
L’australiano è particolarmente unico, dato che è altro 2.03 m: per avere un metro di paragone, ci sono solamente altri 6 giocatori in NBA che sono alti almeno 2.03 e hanno la stessa media di assist a partita di Joe Ingles. Per citarli tutti: Giannis Antetokounmpo, LeBron James, Blake Griffin, Kevin Durant, Nikola Jokic e Ben Simmons; Joe Ingles ha fin qui l’utilizzo più basso al 17.3% (il numero dei possessi che gioca per sé), 4.8% inferiore al successivo più basso. Questo rende lui un playmaker d’èlite, ma è realmente una point-guard?
Cosa conta veramente nella NBA di oggi? Il gioco sta diventando sempre più senza posizioni e, giustamente, coach Quin Snyder si è adattato mettendo Ingles nelle posizioni PG/SG/SF/PF.
Prima dell’All Star break, Joe era la prima opzione offensiva nel 17% dei possessi e la seconda nel 36% dei possessi. Da qui questi due dati sono saliti rispettivamente al 33% e al 67% dopo l’All-Star break.
Inizialmente ciò potrebbe essere dovuto a infortuni: dalla sosta Ricky Rubio ha saltato tre gare, Raul Neto sei gare e Dante Exum addirittura dieci. Alcune di queste erano le stesse partite, quindi Utah era completamente senza una point-guard nel roster attivo. Quin Snyder ha chiesto di più a Ingles e alle sue abilità nel playmaking. Gli Jazz sono tornati ad avere i propri ragazzi a disposizione (tranne Exum), ma Quin continua ad usare Ingles come principale ball-handler per via del suo livello di prestazioni.
Dall’All Star break, Joe Ingles sta avendo un massimo di squadra di 7.3 assist a partita (eclatante giovedì notte la sua prestazione nella vittoria contro i Lakers, durante la quale ha sministrato 14 assist con sole 2 palle perse). Ecco alcune differenze tra il prima e dopo:
• Prima l’AS break: AST/TOV 2.3, AST% 24.7, AST Ratio Team 29.7
• Dopo l’AS break: AST/TOV 2.64, AST% 29.8, AST Ratio Team 35.2
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Veramente pochi giocatori stanno avendo questi numeri dalla pausa, a livello di miglioramento s’intende: Quin Snyder sta avendo dei vantaggi dalla nuova scoperta fatta.
Con Derrick Favors alla sua miglior stagione in carriera, il pick & roll Ingles-Favors sta diventando un’arma molto pericolosa. Zach Lowe ha riassunto questo molto bene in uno dei suoi post su 10 Things: “Una statistica che potrebbe sorprendere: gli Utah Jazz hanno distrutto gli avversari di circa 14 punti per 100 possessi quando Ingles e Favors giocano senza né Ricky Rubio, né Donovan Mitchell e né Rudy Gobert. Ingles è diventato di fatto la point-guard di riserva per Utah, e lui e Favors hanno sviluppato una chimica incredibile nel pick & roll”.
Esemplificazione si ciò appena spiegato è il video seguente, dove la difesa, dopo un pick & roll dei due, non capisce sino all’ultimo secondo se Ingles andrà per il lay-up o per l’alley-oop: appena conoscono le intenzioni di Ingles è troppo tardi.
Sfortunatamente non è tutto solo rose e fiori: Joe Ingles ha anche 31 anni e non è più giovane. Il suo playmaking è perfetto e il suo ball handling a tratti primario sarà certamente usato nei match-ups ai Playoff. Infine gli Utah Jazz hanno bisogno di trovare nella off-season un sostituto di Donovan Mitchell: preferibilmente uno capace di realizzare i propri canestri e alleviare il carico offensivo che Mitchell deve sobbarcarsi notte dopo notte.
Dopo questo, bisognerà godersi ogni momento di Ingles che rimarrà in stagione: per come sta giocando con la palla in mano sono destinati ad essercene molti, e molti di più prima che arrivi l’estate.
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