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Da più parti (su Sports Illustrated piuttosto che in un pezzo apparso sul Boston Globe) si inizia ad avanzare con insistenza Las Vegas come unica possibilità per cercare di salvare una stagione NBA devastata dall’impatto del coronavirus. Ci sono gli alberghi e ci sono le arene: sarebbe una sede unica dove il primo turno si svolgerebbe al meglio delle cinque gare, accettando la possibilità di back-to-back.
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Grazie alla Summer League, organizzata dal 2004 dalla città del Nevada, la zona ha già un’esperienza pluriennale nel gestire ospiti NBA. Non mancano alberghi (tra i più lussuosi d’America) e palazzetti (il Cox Pavilion, il Thomas & Mack Center, la Grand Garden Arena e soprattutto la T-Mobile Arena). Qualcuno allora prova già ad avanzare un ipotetico calendario: ripresa degli allenamenti il 1 luglio, un mini-training camp di una decina di giorni, poi 3 settimane (21 giorni) per completare la stagione regolare (accorciata, se necessario) e dall’inizio di agosto playoffs e poi finali. Per altri, invece, più opportuno passare direttamente alla postseason (ma c’è chi è contrario, come LeBron James), e a Las Vegas allora si ritroverebbero solo le 16 squadre che si sono guadagnate l’accesso ai playoffs. Dalle semifinali di conference in poi si tornerebbe a serie al meglio delle sette. Il campionato sarebbe salvo, così come salvo anche il palinsesto dei principali network che trasmettono la NBA (e che assicurano alla lega miliardi di dollari in diritti).
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