[the_ad id=”445341″]
[the_ad id=”10725″]
La notte italiana di domenica 28 aprile ha visto in scena lo svolgersi di due partite dei playoff NBA 2019. “Win or go home” per Nuggets e San Antonio al Pepsi Center, dove mai nessuno ha vinto per ben due volte in stagione: non ci riescono neanche gli Spurs, che si devono inchinare alla tripla-doppia di un maestoso Nikola Jokic e che dovranno rimuginare per il pessimo approccio iniziale alla partita. Nella prima gara-1 di semifinale del tabellone vanno invece in vantaggio i Raptors contro i Sixers grazie ai 74 punti combinati del duo Leonard-Siakam (45 e 29 punti); per Philadelphia ci sono ben sei giocatori oltre la doppia cifra, ma nessuno riesce a superare i 17 punti di J.J Redick.
Denver Nuggets-San Antonio Spurs 90-86 (Nuggets vincono 4-3, HIGHLIGHTS)
Gli Spurs iniziano gara-7 come peggio non avrebbero mai potuto immaginare: i texani segnano solo un canestro sui primi 12 tentativi e vedono Nikola Jokic dominare in post per il 12-2 con cui Denver si mette subito in partita. Le difficoltà offensive di San Antonio continuano per tutto il primo quarto, si salva solo Rudy Gay quando entra in campo dopo poco più di 4 minuti: sono suoi gli ultimi 9 punti della prima frazione dei neroargento che però, Gay a parte, mettono a referto solo 4 punti, tirando di squadra un pessimo 5 su 24. Il primo quarto si chiude sul 23-13 perché Denver non fa molto meglio (8 su 22 dal campo) e Gregg Popovich sintetizza tutto al meglio: “Loro non hanno tirato bene, dovremmo essere sotto di 20 punti”. Gli errori continuano anche nel secondo quarto, a 4 minuti e mezzo dalla sirena del primo tempo arrivano i primi punti (entrambi dalla lunetta) di DeMar Derozan, che per segnare il primo canestro dal campo deve aspettare oltre 10 minuti nel secondo quarto: il primo tempo del numero 10 dei texani si chiude con un orrendo 1 su 10 al tiro, mentre Jokic continua a fare quello che vuole, sia dal punto di vista realizzativo che ispirando i compagni con i suoi assist. All’intervallo Denver è avanti di 13 punti (47-34).
Il margine nel terzo periodo diventa anche di 17 ma grazie ad altri 8 punti nel quarto di Rudy Gay gli Spurs riescono a vincere il parziale (27-25) e tenere la partita ancora aperta quando le due squadre vanno all’ultimo riposo. Il distacco tra le due squadre scende anche a 4 punti con la penetrazione di DeMar DeRozan che costringe Michael Malone al timeout a 4 minuti dalla fine. I padroni di casa reagiscono con 4 punti in fila firmati Jamal Murray e Torrey Craig. Dopo una tripla di Bryn Forbes (l’unico preciso dall’arco per gli Spurs con 3 su 4) Denver ha due giocate importantissime a rimbalzo offensivo di Paul Millsap, che assicurano possessi supplementari ai padroni di casa permettendo al cronometro di avvicinarsi a fine corsa. Entrando nell’ultimo minuto, San Antonio si fa più vicina che mai, con il -2 sulla schiacciata di Forbes (segna 17 dei suoi 19 punti nel secondo tempo, con 7 su 11 dal campo per lui) ma il canestro di Jamal Murray da una parte che regala a Nikola Jokic l’assist decisivo per la tripla-doppia da 21 punti, 15 rimbalzi e 10 assist e la stoppata di Torrey Craig dall’altra decide i destini della gara (visto anche la assurda decisione degli Spurs di non far fallo sull’ultimo possesso dei Nuggets). Vincono i Denver Nuggets, sudando fino alla fine, ma meritandosi il successo in una gara-7 in cui San Antonio non è mai stata davanti, tradita dalle sue due star (19 ma 7 su 21 per DeRozan, 16 con 11 rimbalzi LaMarcus Aldridge ma solo 6 su 16) e titolare di un insufficiente 36.5% dal campo e 6 su 23 da tre punti (0/2 anche per Marco Belinelli, che chiude senza punti). Dall’arco fanno ancora peggio i padroni di casa (solo 2 su 20) ma Denver non perde neppure un pallone in tutto il secondo tempo e trova 23 punti alla fine da Murray, riuscendo così a portare a casa gara-7 e guadagnarsi lo showdown con i Portland Trail Blazers in semifinale a Ovest.
[the_ad id=”668943″]
Toronto Raptors-Philadelphia 76ers 108-95 (Raptors in vantaggio 1-0, HIGHLIGHTS)
L’anno e mezzo di assenza, unito alla saga di mercato che lo ha costretto a lasciare San Antonio senza voltarsi indietro, ci hanno portato a dimenticare, almeno in parte, una cosa molto importante: Kawhi Leonard è un campione con pochissimi eguali e la prima sfida della serie contro Philadelphia è stata il palcoscenico ideale per ricordarlo al mondo. Nonostante il massimo in carriera ai playoff non fosse il suo obiettivo, è arrivato con grande naturalezza lasciandogli anche il tempo di starsene seduto in panchina gli ultimi tre minuti. Alla sirena finale sono 45 punti per Leonard, con 16 su 23 al tiro (percentuali senza senso), tre triple, 11 rimbalzi e un controllo difensivo sul match che i numeri non riescono a raccontare. Eguagliati così i 45 messi a referto a Capodanno contro gli Utah Jazz; quella però era regular season. Sintomo di come, quando si inizia a fare sul serio, all’ex Spurs la pressione non faccia poi molto effetto: “Stavo cercando di capire perché coach Nurse non voleva richiamarmi in panchina”, racconta Leonard, “Mancavano cinque minuti alla fine, eravamo sopra di 20 e continuavo a guardare verso la panchina”. Inutile spendere energie nervose, tenendo il conto del numero dei punti segnati. Leonard è diventato così il secondo giocatore della storia dei Raptors a superare quota 40 in post-seaso (Vince Carter ne mise 50 in gara-3 del secondo turno nel 2001, sempre contro Philadelphia). “È uno spettacolo vederlo giocare così, è incredibile la forza e la continuità con cui riesce a incidere su entrambi i lati del campo”. Una coppia ideale quella formata con Pascal Siakam, il perfetto Robin al fianco di un Batman così decisivo: il numero 43 di Toronto chiude con 29 punti con 12 su 15 al tiro, 7 rimbalzi e il solito effetto devastante tanto in attacco, quanto in difesa. I Raptors al loro meglio, nel momento ideale della stagione.
Un risultato tutt’altro che scontato, soprattutto per una franchigia che ha sempre storicamente faticato a vincere in gara-1. Questa infatti è soltanto la terza volta che i canadesi hanno conquistato un successo all’esordio, portando a 3-14 il record complessivo nella storia di Toronto. Il definitivo salto di qualità, come sperano tifosi e addetti ai lavori aldilà del confine, al termine di una sfida in cui i 76ers erano riusciti a riportarsi sul -4 a metà terzo quarto, prima di subire il 10-0 di parziale che ha definitivamente girato la partita. Da lì in poi il margine è sempre stato ampiamente al di sopra della doppia cifra, nonostante tutto il quintetto dei Sixers chiuda la sfida con almeno dieci punti a referto. A Joel Embiid servono 18 conclusioni per mettere assieme 16 punti, uno in meno di J.J. Redick, miglior realizzatore di squadra con 17 punti e cinque triple. Tolto lui, la resa con i piedi oltre l’arco è limitata e permette alla difesa Raptors di restare dentro a protezione del ferro. Il lavoro di Toronto sulle linee di passaggio rende meno incisivo Ben Simmons (soltanto tre assist), in una partita in cui l’australiano tira 7 su 8 dal campo con 14 punti e 9 rimbalzi. “È evidente dopo questa sfida che dobbiamo capire come muoverci e adattarci al gioco contro Leonard e Siakam”, sottolinea con la solita onestà intellettuale J.J. Redick: difficile dargli torto.
Tutti i risultati di domenica 28 aprile:
Denver Nuggets-San Antonio Spurs 90-86
Toronto Raptors-Philadelphia 76ers 108-95
[the_ad id=”676180″]