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La notte italiana tra sabato 13 e domenica 14 aprile ha visto in scena lo svolgersi di quattro partite dei Playoff NBA 2019. Tralasciando Golden State e Steph Curry (superato Ray Allen per numero di triple ai playoff) è stata una prima nottata di playoff con enormi sorprese. La prima, forse non troppo sorpresa, arriva dal Wells Fargo Center di Philadelphia, dove i Nets di Caris LeVert e D’Angelo Russell approfittano di una prestazione disastrosa dei Sixers. A Torono, invece, una sfida punto a punto tra Raptors e Magic viene decisa da una tripla dell’uomo più inatteso, ovvero D.J. Augustin. Infine gli Spurs vincono al Pepsi Center, dove i Nuggets hanno avuto un record di 34-7 in questa regular season: i padroni di casa tirano malissimo dal campo e pagano dazio contro i più esperti giocatori di Popovich.
Golden State Warriors-Los Angeles Clippers 121-104 (Warriors in testa 1-0, HIGHLIGHTS)
In una serata playoff piena di sorprese, in cui Philadelphia, Toronto e Denver hanno perso a sorpresa il fattore campo nella prima gara playoff della loro stagione (nel caso dei canadesi, non una novità in realtà), i Golden State Warriors hanno giocato invece secondo pronostico, travolgendo i Clippers mantenendo sempre un vantaggio rassicurante nell’ultima mezz’ora di gioco. Merito di uno Steph Curry versione extralusso, protagonista del match con i suoi 38 punti, 15 rimbalzi (massimo in carriera ai playoff) e 7 assist, il tutto condito con un 8 su 12 dall’arco dal sapore storico. Al numero 30 degli Warriors infatti mancavano sette bersagli pesanti per superare Ray Allen e diventare il miglior realizzatore dall’arco nella storia dei playoff: 386 canestri totali, uno in più del tiratore di Sonics, Celtics e Heat. A sorprendere però è il numero di partite impiegate per raggiungere queste cifre: Allen infatti ha giocato 171 gare in totale in post-season, mentre a Curry ne sono bastate 91 per superare il migliore di sempre, con prospettive ancora tutte da esplorare. Una vittoria attesa, contro cui i Clippers hanno provato a opporre soprattutto la loro arma migliore: la panchina, guidata neanche a dirlo dal duo Lou Williams-Montrezl Harrell. Alla sirena finale sono 26 punti per l’ex lungo dei Rockets, a cui si aggiungono i 25 e 9 assist del principale candidato al premio di miglior sesto uomo dell’anno. Non basta però, così come il contributo di un Danilo Gallinari da 15 punti, 8 rimbalzi e 3 recuperi. Il 4 su 14 al tiro (nonostante un 3 su 6 dalla lunga distanza come al solito convicente) e il fallo tecnico subito in realtà raccontano di più le sue difficoltà: affrontare Golden State può essere frustrante, per chiunque.
Se si parla di nervi tesi, difficile non includere nel discorso il trattamento che Patrick Beverley, specialista nell’alzare la tensione e il livello dello scontro, ha riservato a Kevin Durant, marcato con ogni mezzo possibile dal basso verso l’alto. Un pungolo continuo che ha portato KD a poco più di quattro minuti e mezzo dalla sirena oltre il punto di non ritorno: spinta, provocazione da una parte e dall’altra, doppio tecnico e doccia anticipata. Per Durant sono 23 punti e un convincente +17 di plus/minus; ben consapevole di essere caduto “nell’esca”, così l’ha definita Steve Kerr a fine partita, e di non dover ripetere in futuro lo stesso errore. Chi aveva abbandonato il campo prima di lui era stato DeMarcus Cousins; fuori negli ultimi nove minuti di match per raggiunto limite di falli, in una gara da 9 punti e 9 rimbalzi, la prima in carriera ai playoff. Non l’esordio che sognava, in cui l’ex Kings ha chiaramente peccato di inesperienza; discorso ben diverso da quello che si deve fare per Draymond Green. Il numero 23 degli Warriors è stato a lungo sfidato al tiro, ma dopo i cinque tiri coincisi con cinque bersagli nel primo quarto, i Clippers hanno dovuto rivedere radicalmente i loro piani: alla sirena finale sono 17 punti, 7 rimbalzi e 7 assist, oltre al solito inestimabile contributo in difesa. Golden State ha tutta l’intenzione di fare sul serio: le altre sono avvisate.
Prossima partita: martedì notte, alla Oracle Arena di Oakland per Gara 2.
Philadelphia 76ers-Brooklyn Nets 102-111 (Nets in testa 1-0, HIGHLIGHTS)
Se il buongiorno si vede dal mattino, questi playoff 2019 promettono di essere estremamente divertenti. A darne un primo assaggio sono stati i Brooklyn Nets, capaci di andare a prendersi subito il fattore campo sul campo dei Philadelphia 76ers con una prova di grande maturità e autorità. Alla squadra di coach Kenny Atkinson è riuscito tutto quello che aveva preparato, costruendo attorno alle grandi prestazioni offensive di D’Angelo Russell (26 punti, pur mettendoci 25 tiri) e Caris LeVert (23 uscendo dalla panchina) e alla solidità dei veterani rappresentati da Ed Davis (12 punti e 16 rimbalzi) e Jared Dudley (+16 di plus-minus come arma tattica). Se a questi si uniscono i 18 punti di uno Spencer Dinwiddie chirurgico nel punire tutti i cattivi difensori della rotazione dei Sixers, ecco spiegato un successo meritatissimo da parte degli ospiti, che hanno tirato con il 42% da tre punti (11 su 26) ma soprattutto hanno dominato tatticamente la sfida, mettendo gli avversari davanti a dei quesiti a cui coach Brett Brown non è mai riuscito a rispondere. Con Joel Embiid in campo (22 punti e 15 rimbalzi con 5 stoppate) ma lontano dalle migliori condizioni fisiche (5 su 15 al tiro, 0 su 5 da tre e 12 su 18 ai liberi con 3 palle perse per -17 di plus-minus), i Sixers si sono aggrappati disperatamente a un Jimmy Butler da 36 punti, ma hanno avuto troppo poco dagli altri per pensare di giocarsela. Ben Simmons ha disputato una partita disastrosa chiudendo con 9 punti, 7 rimbalzi, 3 assist e -21 di plus-minus, il peggiore dei suoi insieme a J.J. Redick (2 su 7 al tiro per 5 punti) e Tobias Harris (4 punti con 2 su 7 al tiro, pur con 7 rimbalzi e 6 assist). In Gara-2 ci sarà bisogno di qualcosa di completamente diverso, perché Philly deve già inseguire e non può permettersi di lasciare per strada la seconda partita su due.
Prossima partita: martedì notte, al Wells Fargo Center di Philadelphia per Gara 2.
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Toronto Raptors-Orlando Magic 101-104 (Magic in testa 1-0, HIGHLIGHTS)
Neanche l’arrivo di Kawhi Leonard è in grado di spezzare una tradizione ormai annuale: la sconfitta dei Toronto Raptors alla prima gara di una serie di playoff. Con la sconfitta di questa notte contro Orlando, infatti, il record dei canadesi è sceso a 2 vittorie e 14 sconfitte, di cui 1-8 in casa: una vera e propria maledizione che questa volta si è concretizzata nella forma di D.J. Augustin. La point guard degli Orlando Magic si è iscritto alla lunga lista di giustizieri dei Raptors segnando cinque punti decisivi nell’ultimo minuto di gioco, prima pareggiando la sfida e poi realizzando la tripla del +3 a 3.4 secondi dalla fine, una vera e propria pugnalata nel petto di Toronto. Il successo di Orlando, però, è meritatissimo: coach Steve Clifford ha preparato la gara al meglio, concedendo agli avversari conclusioni molto difficili e raccogliendo tutti i rimbalzi difensivi possibili per non concedere seconde opportunità. Un piano che ha funzionato, per quanto Kawhi Leonard ci abbia provato fino all’ultimo, chiudendo con 25 punti di cui gli ultimi 5 sembravano aver dato la spinta decisiva ai suoi. Invece non sono serviti né i suoi e nemmeno i 24 di Pascal Siakam, anche se a fare notizia sono soprattutto gli zero di Kyle Lowry, che ha sbagliato tutti i sette tiri presi venendo scherzato in difesa da Augustin e mostrando ancora una volta le sue difficoltà una volta arrivato ai playoff. Per Toronto c’è comunque tempo per rimediare, visto che i Magic (il peggior attacco tra le squadre arrivate ai playoff) hanno avuto bisogno di un 14 su 29 da tre punti per potersela giocare fino alla fine. E se la tripla di Marc Gasol a 27 secondi dalla fine avesse preso un giro diverso (questione veramente di millimetri) staremmo parlando di un’altra partita, perciò nulla è davvero perduto.
Prossima partita: mercoledì notte, alla Scotiabank Arena di Toronto per Gara 2.
Denver Nuggets-San Antonio Spurs 96-101 (Spurs in testa 1-0, HIGHLIGHTS)
L’esperienza, ai playoff, fa tutta la differenza del mondo. Spesso anche più del talento, dell’atletismo e dei tantissimi aspetti che rendono più ricco e perfomante un roster. Per quello a San Antonio sapevano bene di avere delle possibilità di giocarsi la serie contro Denver, nonostante in regular season i valori e le distanze fossero abbastanza marcate. Quando si scende sul parquet nella post-season infatti, si fanno i conti con le mani che tremano più del solito e con un canestro che spesso sembra restringere il suo raggio. Ed è quello che in parte è accaduto ai Nuggets, tenuti a bada da San Antonio in una partita sapientemente controllata al Pepsi Center: dopo il breve vantaggio iniziale nel primo quarto, Denver è stata costretta a inseguire per tutti i 40 minuti restanti, senza lasciare agli Spurs grande margine. Sembra, come poi è accaduto, il preludio a un finale punto a punto in cui sarebbe arrivato il momento per Denver di rimettere il naso avanti. Ai padroni di casa però, è sempre mancato qualcosa, tanto da arrivare fino al -1 a 50 secondi dalla sirena e infrangersi contro gli errori di uno dei suoi leader. Jamal Murray infatti prima forza malamente una conclusione che finisce a un metro di distanza dal bersaglio, per poi costruirsi dal palleggio un tiro aperto dai cinque metri che va a infrangersi sul ferro. Una buona conclusione, con spazio, da prendere. L’ennesima conferma di come la NBA sia sempre più una Lega in cui, arrivati a un certo punto della stagione, non si va più tanto per il sottile: devi segnare, altrimenti perdi. Una dura lezione che Jamal Murray ha appreso nella sua gara d’esordio, chiusa con 17 punti arrivati con ben 24 conclusioni. Nessun bersaglio dalla lunga distanza, in una serata per Denver da 6 su 28 dall’arco: tanti tiri poca resa, a differenza degli Spurs che con soli 15 tentativi segnano sette triple nei momenti più importanti del match. L’esperienza conta soprattutto in questi casi.
Alla sirena finale, a fare i conti della serva guardando il tabellino ci si rende conto di come San Antonio sia riuscita a conquistare il successo grazie a un diffuso contributo di squadra. Il miglior realizzatore è DeMar DeRozan con 18 punti, 12 rimbalzi e 6 assist, ma sono in cinque a chiudere oltre quota 14. Per Marco Belinelli 17 minuti sul parquet, quasi tutti nel primo tempo, chiusi con 8 punti, 3 su 9 al tiro, +8 di plus/minus e un paio di giocate d’esperienza applaudite da Popovich e da tutti i suoi compagni. Il ruolo del numero 18 azzurro è quello: garantire solidità, minuti di livello e magari anche qualche canestro pesante. Dall’altra parte invece Nikola Jokic nonostante l’inesperienza, non si è lasciato intimorire dal palcoscenico e dagli avversari: per il lungo serbo sono 10 punti (con 4 su 9 al tiro, opzione poco esplorata per scelta), 14 rimbalzi e 14 assist. Tripla-doppia all’esordio ai playoff, la quarta nella storia dei Nuggets (le altre tre tutte messe a referto da Fat Lever). Una serata insomma nel suo piccolo da record, che non è servita però a dare il giusto stimolo alla corsa nella post-season dei Nuggets.
Prossima partita: mercoledì notte, al Pepsi Center di Denver per Gara 2.
Tutti i risultati della notte tra sabato 13 e lunedì 14:
Golden State Warriors-Los Angeles Clippers 121-104
Philadelphia 76ers-Brooklyn Nets 102-111
Toronto Raptors-Orlando Magic 101-104
Denver Nuggets-San Antonio Spurs 96-101
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