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“La questione è davvero pesante, se sei afroamericano hai paura della polizia. Ci nasci, con la paura della polizia. E noi bianchi non possiamo capirlo. Non possiamo coprirci gli occhi e fare finta che non accada nulla. Ci sono cose più importanti di una partita di basket”. Marco Belinelli affronta così il tema delle proteste negli Stati Uniti che hanno portato al boicottaggio e dunque al rinvio di alcune partite dei playoff NBA e in un’intervista al Corriere della Sera racconta di essere a conoscenza di episodi di razzismo nel mondo del basket: “Gioco in Nba da 13 anni e vorrei continuare a farlo. Essere un giocatore mi ha permesso di conoscere realtà molto diverse. Poi vedi certe immagini, leggi di certi episodi, e ti rendi conto che tutto è molto diverso da come lo vedi da lontano. Per esempio, alcuni miei compagni mi hanno raccontato di episodi di cui sono stati protagonisti loro malgrado. E solo a causa del colore della loro pelle. Ed essere stelle del basket non li ha aiutati”.
LeBron James fa da capopopolo della rivolta e si è schierato apertamente contro Trump. Belinelli lo suppporta su tutta la linea: “Lui è una stella molto ascoltata. Anche Chris Paul, con cui ho giocato, ha parlato chiaro. E Paul è il presidente dell’associazione giocatori. Se LeBron e CP3 dicono quello che hanno detto, significa che tutto il movimento è d’accordo”.
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