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NBA 2018/2019: altro flop Lakers, Celtics bestia nera dei 76ers, vittoria Warriors

Stephen Curry dei Golden State Warriors - Foto Keith Allison - CC BY-SA 2.0

La notte italiana di mercoledì 13 febbraio ha visto in scena lo svolgersi di cinque partite della regular season NBA 2018/2019. È probabilmente la serata che dichiara quanto siano superficiali i Lakers, che perdono una partita decisamente da vincere: mancanza di voglia o pochezza tecnica del roster? Per l’ennesima volta i Celtics la spuntano sui Sixers, i quali dovrebbero decisamente sperare di non incontrare i ragazzi di coach Stevens nella post-season. Vittoria per Golden State in una partita molto combattuta con Utah, idem per San Antonio su Memphis. Imbarcata subita in casa dai Pelicans, con uno spogliatoio che spera di non saltare in aria per il palese caso Anthony Davis.

Los Angeles Lakers-Atlanta Hawks 113-117

Si fa sempre più complicata la rincorsa playoff dei Los Angeles Lakers, incapaci di trovare continuità di risultati e di rendimento in una stagione che doveva essere del rilancio e si sta trasformando in quella del rimpianto. LeBron James fa gli straordinari, ma è ormai chiaro che il suo sforzo in solitaria spesso non basta: il numero 23 giallo-viola chiude con 28 punti, 16 assist e 11 rimbalzi una sfida in cui è rimasto sul parquet per oltre 43 minuti. Una tripla-doppia che porta in dote la quarta sconfitta nelle ultime cinque gare (e l’unico successo è arrivato in maniera fortunosa sulla sirena contro Boston) e fa montare la frustrazione di LeBron, la cui partecipazione alla post-season adesso appare a rischio: “Molti in questo spogliatoio non hanno mai giocato nella loro vita una partita di playoff. Non è una cosa che si può insegnare, bisogna capirlo da soli che per conquistare la post-season bisogna dare importanza a ogni singola sfida”. Un messaggio chiaro, come quello lanciato dagli spalti dai tifosi degli Hawks che con James in lunetta hanno iniziato a cantare “Kobe è meglio di te”: a livello di risultati raccolti in maglia Lakers, al momento, difficile dargli torto, con i losangelini scesi di nuovo sotto il 50% di record (28-29). Era dalla sua stagione da rookie che LeBron non si trovava in una situazione così complicata di classifica a questo punto della regular season, con i Kings a due partite e mezzo di distanza che occupano l’ottavo posto a Ovest (30-26). Al fianco di James, 19 punti a testa per Kyle Kuzma (tre triple) e Brandon Ingram (sei rimbalzi), oltre ai 15 di un Reggie Bullock diventato ormai titolare, almeno in attesa del rientro di Lonzo Ball, l’ultima speranza rimasta, visto che dal mercato non sembra arrivare nessun rinforzo. Dalla panchina ci sono 13 punti a testa per Rondo e Caldwell-Pope, dietro poi il nulla. Come quello che potrebbe rimanere di questo roster dopo la metà d’aprile.

Young e Collins: la vincono i giovani degli Hawks. E pensare che gli Hawks ce l’hanno messa davvero tutta per lasciare una chance ai Lakers nel finale, piantati nel quarto periodo dopo 36 minuti di ottima pallacanestro offensiva. Atlanta infatti parte con le marce altissime, segna dieci triple nel solo primo quarto ed eguaglia il record di franchigia (32-38). Poi però, qualcosa si inceppa sul più bello e i padroni di casa non vanno oltre uno striminzito 5 su 19 dal campo nell’ultima frazione, mettendo a referto soltanto sette punti negli ultimi sei minuti abbondanti di gara. I Lakers però non fanno molto meglio, tirando 6 su 22 e restando sempre a ruota. Un paio di canestri pesanti li firma Trae Young, ispirato in un paio di occasioni dalla marcatura diretta di James con bersagli che hanno portato il suo bottino complessivo a 22 punti e 14 assist. Di gran lunga una delle sue migliori prestazioni, al fianco di un John Collins che aggiunge 22 punti e otto rimbalzi. Non solo le giovani leve, ma anche l’esperienza di Vince Carter ci mette lo zampino: il giocatore più vecchio della NBA segna 11 punti decisivi, di cui tre in fila attivando la grafica sul tabellone della State Farm Arena. Dietro il suo viso partono la fiamme per sottolineare che era “on fire” in quel momento.

Gli Hawks evitano la quarta sconfitta consecutiva: la loro gara finale prima del break sarà venerdì notte, alla Philips Arena contro i New York Knicks. Tra le file dei Lakers assenti Chandler (problema all’alluce) e Mike Muscala (che non ha giocato contro la sua ex-squadra a causa di una distorsione alla caviglia destra). Si è appena completata la six-game trip dei Lakers: dopo l’All-Star Weekend si torna allo Staples, dove il 22 febbraio arriveranno i Rockets.

Boston Celtics-Philadelphia 76ers 112-109

I Boston Celtics dimostrano per l’ennesima volta nell’ultimo anno e mezzo di essere una squadra migliore dei Sixers, almeno negli scontri diretti. Il volto della decima vittoria firmata Celtics negli ultimi 12 incroci tra le due squadre (playoff inclusi) è Gordon Hayward, che ne segna 26 in uscita dalla panchina con tanto di tripla che a meno di due minuti dalla sirena ha il sapore del colpo di grazia. Ai suoi canestri si aggiungono i 23 punti di Al Horford e i 20 con 10 rimbalzi di Jayson Tatum. Kyrie Irving resta ai box a causa della botta al ginocchio incassata contro i Clippers, ma i Celtics riescono lo stesso a infliggere a Philadelphia la prima sconfitta da quando scendono in campo con in quintetto i “Big-Four”. I biancoverdi dimenticano così la doppia deludente sconfitta contro le squadre di Los Angeles, mentre i Sixers non vanno oltre i 23 punti e 14 rimbalzi di Joel Embiid e i 22 messi a segno da Jimmy Butler, che sbaglia due sanguinosi tiri liberi nel finale che avrebbero permesso ai padroni di casa di agguantare il momentaneo pareggio. È stato decisamente il modo migliore per Boston di rispondere alle parole di Marcus Morris, in cui si chiedeva unità e identità a un gruppo andato molto in altalena in questa regular season. Dall’altra parte invece la frustrazione porta il lungo camerunense a lamentarsi in maniera evidente prima di abbandonare la sala stampa, scandendo nel microfono prima di alzarsi “Gli arbitri fanno schifo” (usando un linguaggio ancora più volgare).
È dunque la terza vittoria consecutiva dei Celtics ai danni degli uomini di Brett Brown in questa regular season. Al Horford prima di questa partita marciava con un 6 su 23 dall’arco nelle ultime dieci uscite: stanotte ha tirato con 3 su 5 d perimetro. Boston migliora il proprio record in trasferta sul 14-13: la prossima partita è tuttavia via in casa, giovedì notte contro i Detroit Pistons. Sixers che vengono quindi raggiunti al quarto seed dagli stessi Celtics (36-21). Pessima serata al tiro per Joel Embiid e Tobias Harris, rispettivamente con 2 su 8 e 0 su 6 dall’arco. Giovedì notte trasferta al Madison Square Garden, dove Philadelphia è attesa da New York.

Utah Jazz-Golden State Warriors 108-115

Anche in una modesta serata al tiro, Steph Curry riesce sempre a trovare il modo per elettrizzare la Oracle Arena, mandare in estasi il suo pubblico e soprattutto mettere lo zampino nell’ennesimo successo raccolto dai Golden State Warriors. Il sedicesimo nelle ultime 17 gare giocate: in sostanza, da quando DeMarcus Cousins è entrato a pieno regime nella rotazione, non si perde più. Il numero °30 chiude con 5 su 14 dall’arco e 24 punti segnati, ma lascia il segno grazie alle due triple conclusive del parziale da 4-21 dei Warriors che spacca in due il quarto periodo e la gara, dopo essere stati sotto 84-91 a 9:54 dalla fine della disputa. A farne le spese questa volta sono stati gli Utah Jazz, combattivi dopo un primo quarto complicato (soltanto 14 punti segnati e già sotto in doppia cifra sul 14-25), in risalita fino a riuscirne a segnare 40 nella sola terza frazione. Poi però è arrivata l’ondata, che ormai abbiamo imparato così bene a conoscere negli ultimi cinque anni: difesa forte, palloni rubati, transizione e tanti canestri veloci. Al ferro, dall’arco, in ogni modo, allungando le mani sull’ennesima partita che segna il dominio di Golden State. Alla sirena finale è Kevin Durant il miglior realizzatore, autore di 28 punti, a cui si aggiungono i 22 di Klay Thompson e i 12 con 10 rimbalzi di Cousins, il giocatore di maggiore impatto del quintetto Warriors di questa notte. Dall’altra parte 25 di Donovan Mitchell e poco altro: in casa Jazz c’è da tenersi stretto il sesto posto a Ovest adesso (32-25): inutile leccarsi le ferite dopo una sconfitta già messa in preventivo.

I Warriors sono ormai abituati alle rimonte: sabato notte e lunedì notte erano sotto a fine primo tempo rispettivamente di 17 a Phoenix e di 19 a Miami. Grazie alle tre triple di stanotte Klay Thompson arriva a 1721 triple in carriera, superando Dale Ellis al diciassettesimo posto all-time. Steve Kerr ha accennato al termine della partita che farà riposare DeMarcus Cousins e Shaun Livingston in vista del back-to-back giovedì notte in casa di Portland.
Sanguinose per Utah le 16 palle perse, che hanno condotto a 27 punti di Golden State. Doppia-doppia numero 46 in stagione per Rudy Gobert, autore questa notte di 13 punti e 16 rimbalzi. La prossima partita per gli uomini di Quin Snyder è dopo l’All-Star Weekend, domenica 24 in casa contro i Mavericks.

Orlando Magic-New Orleans Pelicans 118-88

Anthony Davis e New Orleans sono ormai ai ferri corti e non poteva esserci rappresentazione migliore della tensione tra le parti di una sconfitta con 30 punti di scarto incassata in casa contro gli Orlando Magic (non proprio una corazzata), con il numero 23 che si è trascinato avanti e indietro sul parquet per 24 minuti chiusi con soli tre punti. La sua peggior partita dell’anno, coincisa ovviamente con la sconfitta più complicata da digerire per i Pelicans, logorati da una situazione che come prevedibile sta mietendo vittime. New Orleans mette a referto il suo minimo stagionale per punti segnati (88) e ne becca 118 da Orlando, che parte con un eloquente 39-17 di parziale a fine primo quarto e non si volta più indietro. Coach Gentry nello spogliatoio striglia i suoi, chiede una reazione, ma nella terza frazione è 29-15 Magic, che a quel punto umiliano gli avversari incapaci di rispondere (92-61). Per la squadra della Louisiana ormai non è più questione di lottare per qualcosa sul parquet (i playoff sono ormai troppo lontani), ma di mantenere intatto quel poco che resta di uno spogliatoio devastato dalla richiesta di cessione di Davis. Tenerlo ancora in campo potrebbe portare soltanto altri problemi, così come l’aver deciso di tenerlo a tutti i costi e non cederlo già la scorsa settimana. Una pessima situazione, da cui sarà difficile tirarsi fuori nei prossimi due mesi.
Tra i Magic da rilevare il solito Vucevic (25+17), Evan Fournier con 22 punti e il career-high da 20 punti di Jonathan Isaac. Quarta vittoria di fila per i Magic (26-32) includendo tre vittorie in trasferta con 16 punti o più di margine: c’è solo una partita e mezzo tra loro e i Pistons all’ottavo seed (26-29). Venerdì notte si ritorna in casa, all’Amway Center, dove saranno ospitati gli Charlotte Hornets.
Inutili per i Pelicans i 19 punti di E’Twaun Moore (alla sua prima partenza in quintetto dal 23 gennaio, dopo aver sofferto tutta la stagione per gli infortuni) e i 16 di Jrue Holiday. Altra partita in casa venerdì notte per New Orleans, che attenderà gli Oklahoma City Thunder.

San Antonio Spurs-Memphis Grizzlies 108-107

Prima il tiro da tre punti, poi per chiudere i conti il gioco nei pressi del ferro: tutto firmato LaMarcus Aldridge. C’è tutto nel ritorno al successo degli Spurs, impegnati nel lungo giro di trasferte diventato ormai consuetudine a febbraio (il “Rodeo trip”, con la manifestazione di cowboy più o meno improvvisati che occupa per settimane l’AT&T Center di San Antonio e costringe i ragazzi di coach Popovich a fare il tour degli States) e abili nell’interrompere una striscia di quattro sconfitte in fila che stava iniziando a diventare preoccupante. Alla sirena finale sono 13 triple di squadra su 21 tentativi e 22 i punti raccolti da Aldridge, autore degli ultimi sette che chiudono in conti contro Memphis, un avversario che non aveva grande interesse nell’andare a caccia di una vittoria. I nuovi arrivati in casa Grizzlies però ce la mettono davvero tutta, a partire da Avery Bradley che segna 16 punti nel solo primo quarto e chiude il match con il suo nuovo massimo in carriera da 33 punti. Ai suoi canestri si aggiungono quelli di Jonas Valanciunas; altro grande “scaricato” del mercato concluso la scorsa settimana e dominante nei 21 minuti trascorsi sul parquet. Per il lituano all’esordio in maglia Grizzlies sono 23 punti e 10 rimbalzi con 9 su 11 al tiro in uscita dalla panchina. Mike Conley invece resta a guardare i compagni (come prevedibile, dopo il tour de force fatto per arrivare a 55 partite giocate per garantirsi buona parte dei 34 milioni previsti dal suo contratto nei prossimi anni, ha iniziato a tirare il fiato) lottare fino alla fine, con Jaren Jackson Jr che a gara praticamente finita ha avuto l’occasione per pareggiare i conti. Il primo dei due liberi però non ha trovato il fondo della retina e quando c’era da sbagliare di proposito è stato invece condannato da una sfortunata carambola. Rimessa Spurs sul +1 e partita persa. Sorride invece Belinelli, che segna 11 punti con 4 su 10 al tiro nei 28 minuti in uscita dalla panchina. Riparte così la rincorsa playoff degli Spurs; un treno che i texani non vogliono lasciarsi sfuggire.

San Antonio concede almeno 100 punti da 17 gare consecutive: fu proprio Memphis, il 10 gennaio, l’ultima squadra ad aver segnato meno di 100 punti contro Pop&Co (96-86). Ancora fuori Derrick White, sempre a causa del problema al tallone. Prossimo incontro in seguito all’All-Star Weekend, il 23 febbraio a Toronto contro i Raptors.
Per i Grizzlies, al posto del malato Conley, è partito in quintetto Delon Wright: non ha demeritato, con 4 punti, 8 rimbalzi e 6 assist. Giovedì notte trasferta a Chicago per gli uomini di Bickerstaff, per la sfida contro i Bulls.

Tutti i risultati di mercoledì 13 febbraio

Los Angeles Lakers-Atlanta Hawks 113-117
Boston Celtics-Philadelphia 76ers 112-109
Utah Jazz-Golden State Warriors 108-115
Orlando Magic-New Orleans Pelicans 118-88
San Antonio Spurs-Memphis Grizzlies 108-107

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