La notte italiana di domenica 3 marzo ha visto in scena lo svolgersi di nove partite della regular season NBA 2018/2019. In una nottata in cui arriva l’ennesima sconfitta per i Lakers (che sa di condanna definitiva), i principali protagonisti sono Donovan Mitchell e Stephen Curry: il primo siglando 46 punti contro la prima della classe, il secondo (superato tuttavia da Durant a livello di scoring) segnando canestri decisivi nel quarto quarto. I Thunder, ancora privi di George, continuano la loro mini-crisi anche sul campo degli Spurs, ai quali l’aria texana sembra benefica. Periodo altamente per i Nuggets, che perdono nuovamente in casa: quella contro i Pelicans è la quinta sconfitta nelle ultime dieci uscite.
Los Angeles Lakers-Phoenix Suns 109-118
Un disastro. Difficile trovare un modo diverso per commentare la clamorosa, inattesa e, molto probabilmente, definitiva sconfitta dei Lakers a Phoenix. La caduta più imprevista nel momento più importante della regular season, a rallentare una rincorsa playoff che già procedeva a singhiozzo. I giallo-viola con questa hanno perso sette delle ultime dieci partite, costretti ad arrendersi anche contro un avversario reduce da 18 KO negli ultimi 19 match disputati: complicato fare peggio. Una sconfitta a suo modo storica per LeBron James, che in carriera non era mai stato costretto a rinunciare a un successo contro una squadra dal record così perdente: i Suns infatti (tra le squadre affrontate dal numero 23 dopo almeno 25 partite) sono quella con la peggior percentuale di vittorie, ovvero il 19%, dato dal 12-51 raccolto prima di questa notte. LeBron chiude con 27 punti, 9 rimbalzi e 16 assist, abile ad armare spesso e volentieri la mano di Brandon Ingram, autore di 25 punti e sette rimbalzi. Il prodotto di Duke è l’unico in grado di dargli una mano assieme a un perfetto JaVale McGee da 21 punti in 26 minuti in uscita dalla panchina, raccolti facendo percorso netto tirando 10 su 10 dal campo. Una resa al tiro molto diversa rispetto a quella di Rajon Rondo ad esempio, che di tiri ne prende sempre dieci, ma trova solo una volta il fondo della retina. Uno dei tanti esempi delle cose che non vanno in casa Lakers, dove il punto interrogativo principale resta la difesa: Phoenix infatti tira con oltre il 51% dal campo, nonostante il 6 su 26 dall’arco. In pratica i Suns hanno fatto quello che volevano nell’area avversaria, senza incontrare alcun tipo di opposizione.
Il modo migliore per raccontare il crollo dei giallo-viola è guardare la gestione del pallone da parte di LeBron James in un possesso qualsiasi a metà terzo quarto: i Lakers si perdono in area Devin Booker senza colpo ferire, concedendo un jumper non contestato da due metri dal canestro che porta Phoenix ben oltre la doppia cifra di vantaggio. C’è da battere la rimessa: LeBron svogliato e arrabbiato con i compagni prende il pallone con una mano, ma il suo lancio verso Ingram si ferma contro la base del proprio tabellone. Un passaggio di cinque metri totalmente sbagliato che costa una palla persa, il simbolo di come i Lakers siano riusciti per oltre tre quarti a tenere in gara i Suns, guidati dai 26 punti e 10 rimbalzi di DeAndre Ayton e dai 25 (nonostante lo 0 su 5 dall’arco) di Devin Booker. Phoenix riesce così ad arrivare a metà quarto periodo sul +12 (96-108 a 5:58 dalla fine), prima di incassare il parziale firmato James: gioco da tre punti (completato), tripla e poi assist per il canestro dalla lunga distanza di Ingram; il risultato è sul 109-112. Negli ultimi 52 secondi di partita però la mano dei padroni di casa non trema, con Phoenix che chiude con un perfetto 6 su 6 dalla lunetta che sigilla il successo dei Suns, che restano comodamente ultimi a Ovest. Per battere questi Lakers, nonostante gli sforzi in una metà campo fatti da James, basta segnare i tiri liberi, a differenza dei propri avversari: i losangelini infatti chiudono con un modesto 15 su 23 a cronometro fermo. Anche quello a suo modo un indice di disattenzione: così si rischia di perdere contro chiunque, anche contro Phoenix.
I Suns hanno tirato un inspiegabile 66% da due punti e un sensazionale 34 su 40 dalla linea della carità. Prima volta in stagione, dopo otto sconfitte consecutive, che Phoenix vince la seconda gara di un back-to-back. Prossima partita: martedì notte, in casa contro i Milwaukee Bucks.
Sedicesima partita di fila saltata per Lonzo Ball, ormai assente dal 19 gennaio. Fuori ancora anche Lance Stephenson, a causa di un problema al piede sinistro. Rajon Rondo, con i quattro assist di stanotte, supera Deron Williams (6819) al ventesimo posto all-time per assist sministrati. Prossima partita: martedì notte, in casa contro i Los Angeles Clippers.
Milwaukee Bucks-Utah Jazz 111-115
Due pesi massimi al centro del ring, anche se Donovan Mitchell si ferma a 95 chili o poco più: sia lui che Giannis Antetokounmpo hanno messo in scena un duello tutto da gustare alla Vivint Smart Home Arena di Salt Lake City, dove i tifosi Jazz hanno potuto festeggiare una vittoria contro la miglior squadra NBA (due sere dopo averne battuta una delle due migliori ad Ovest, ovvero i Denver Nuggets) grazie al nuovo massimo in carriera di “Spider” Mitchell. Il numero 45 dei Jazz segna 19 dei suoi 46 negli ultimi otto minuti del quarto quarto, comprese due triple decisive che affossano i Bucks, anche se due errori proprio di Mitchell dalla lunetta mantengono in corsa Antetokounmpo e compagni fino alla fine; il greco sbaglia tre liberi decisivi negli ultimi 10 secondi che avrebbero potuto cambiare l’esito della gara. Per “The Greek Freak” un’altra partita da autentico fenomeno, chiusa con 43 punti, 14 rimbalzi, 8 assist e 14 su 26 dal campo, e anche un incoraggiante 2 su 3 dalla lunga distanza. Meno incoraggiante, invece, l’11 su 19 finale dalla lunetta: tutti suoi gli errori a cronometro fermo dei Bucks, che mandano solo due altri giocatori in tutta la gara alla linea della carità (Khris Middleton fa 9 su 9 in una serata da 29 punti e Pat Connaughton 2 su 2). Solo 15 anche i punti dalla panchina per coach Budenholzer, già senza Malcolm Brogdon (fascite plantare) ed Eric Bledsoe (schiena), con Nikola Mirotic ed Ersan Ilyasova chiamati a partire titolari al loro posto in un quintetto altissimo, con quattro giocatori con almeno 208 centimetri. Per la squadra allenata da Quin Snyder, invece, contributi sotto media da Ricky Rubio (6 punti e 3 assist in 20 minuti) e Rudy Gobert (5 punti con 9 rimbalzi nello stesso minutaggio) ma grandissima gara di Derrick Favors, che ai suoi 23 punti unisce anche il massimo in carriera eguagliato per rimbalzi, ben 18. Ci sono anche 14 punti con 8 assist per Joe Ingles, con i Jazz bravi ad approfittare del riposo concesso ad Antetokounmpo nell’ultimo quarto per confezionare un parziale che da -17 (90-73 a 9:39 dalla fine della gara) li porta alla vittoria. E dire che con Antetokounmpo a sfidare Gobert quasi a ogni possesso sotto il canestro dei Jazz, Milwaukee, dopo aver chiuso il primo tempo sotto di sette (46-53), era stata capace di confezionare nel terzo quarto un parziale di 17-2 che aveva allungato il vantaggio da 73-71 fino 90-73. Mitchell, tuttavia, ha preso in mano la gara nei momenti decisivi infliggendo ai Bucks la prima sconfitta dopo sette vittorie in fila e solo la terza nelle ultime 22 partite disputate, approfittando anche di ottime percentuali dall’arco: un 41.4% superiore al già ottimo 38.5% degli ospiti. Mitchell chiude con il 50% dall’arco (5 su 10) e 15 su 32 dal campo, aggiungendo anche 6 assist a una serata assolutamente da ricordare. Negli ultimi dieci anni, l’unica altra gara (senza l’ausilio di tempi supplementari) che ha visto due avversari esplodere per 43 o più punti era stata il duello tra Golden State e Portland del febbraio 2018 con Kevin Durant e Damian Lillard protagonisti.
Per i Jazz è la quarta vittoria consecutiva, con vittime tutte di un certo spessore (oltre a Bucks e Nuggets, mandati KO anche Clippers e Mavs). Che un giocatore dei Jazz segnasse 46 punti non accadeva invece dal 2010: l’ultimo a riuscirci era stato Paul Millsap. Prossima partita: martedì notte, in casa contro i New Orleans Pelicans.
Sanguinose le 15 palle perse dagli uomini di Budenholzer, che portano a 24 punti di Utah. Il discorso primo seed ad Est non è ancora chiuso, con il gap tra Bucks (48-15) e Raptors (46-17) che si è assottigliato a due partite di distanza. Prossima partita: martedì notte, alla Talking Stick Resort Arena di Phoenix.
Oklahoma City Thunder-San Antonio Spurs 102-116
Sono stati in testa letteralmente dall’inizio alla fine. Gli Spurs volevano una conferma del fatto che il Rodeo trip più complicato degli ultimi 15 anni fosse definitivamente archiviato: così è stato, ed è stato soprattutto LaMarcus Aldridge a pensarci, autore di 27 punti e 10 rimbalzi nel secondo successo consecutivo in casa. Ai suoi punti si aggiungono i 22 di Rudy Gay e i 18 con 6 rimbalzi e 7 assist di DeMar DeRozan. I Thunder sono letteralmente rimasti a guardare, in testa alla sfida per meno di 30 secondi, quando nel primo quarto Dennis Schröder aveva segnato il libero del momentaneo 7-6. Da lì in poi soltanto Spurs, con Marco Belinelli che chiude con 1 su 6 al tiro e quattro punti in soli 16 minuti di utilizzo. Questa volta non c’è stato bisogno di un’ulteriore spinta in uscita dalla panchina: i texani, infatti, mettono da subito le cose in chiaro già nel primo quarto; un 25-38 di parziale indirizza la sfida. Per quanto riguarda Westbrook, per lui in cascina 19 punti, 9 rimbalzi e 8 assist in una serata da 7 su 17 dal campo e soltanto una tripla a segno: con lui altri cinque giocatori in doppia cifra, che non bastano a evitare di rinnovare il non invidiabile record di sconfitte in casa degli Spurs; all’AT&T Center OKC non riesce a vincere dall’ormai lontano 25 dicembre 2014, quando servì un Westbrook da 34 punti e 11 assist.
I 72 punti nel primo tempo rappresentano un season-high per gli Spurs, che hanno segnato 29 mid-range jumpers e hanno tirato complessivamente col 50% dal campo. Presente alla partita anche Manu Ginobili, al quale verrà ritirata la casacca il prossimo 28 marzo. Prossima partita: martedì notte, in casa contro i Denver Nuggets.
Oklahoma City fa quel che può, ancora senza Paul George, alle prese con un problema alla spalla e alla seconda sfida saltata: i Thunder ne risentono e incassano così la quarta sconfitta in fila che fa scivolare la squadra di Westbrook (38-24) al pari dei Portland Trail Blazers. Prossima partita: lunedì notte, in casa contro i Memphis Grizzlies.
Golden State Warriors-Philadelphia 76ers 120-117
Nella serata in cui a Philadelphia si festeggiano i 57 anni dalla gara da 100 punti di Wilt Chamberlain (record messo a segno con la maglia dei Philadelphia Warriors), due tra i più grandi realizzatori della pallacanestro moderna permettono ai Golden State Warriors, diretti eredi di quella squadra, di tornare alla vittoria dopo due sconfitte consecutive. Kevin Durant segna 34 punti, mentre Steph Curry si accende nel quarto quarto (segnandone 11 dei suoi 28 in una serata contraddistinta da problemi di falli). Aggiungendo i 25 di DeMarcus Cousins i campioni in carica portano a casa un’importante vittoria sul parquet del Wells Fargo Center, di fronte a una squadra di vertice della Eastern Conference, reduce da un’importante vittoria contro OKC. Dopo due inusuali sconfitte contro Heat e Magic, i californiani affrontano la trasferta di Philadelphia senza Klay Thompson, ma i padroni di casa devono ancora fare a meno di Joel Embiid (rientro previsto settimana prossima), Boban Marjanovic e anche Amir Johnson, il loro quarto centro di rotazione (in quintetto parte quindi Jonah Bolden). Si affidano allora alle altre tre stelle del loro roster, con Ben Simmons che centra la seconda tripla-doppia consecutiva (la numero 22 in carriera) con 25 punti, 15 rimbalzi e 11 assist, Jimmy Butler che ne aggiunge 21 e Tobias Harris 20. Si mette in luce anche Mike Scott che chiude a quota 22 dalla panchina, con superbo 6 su 9 dall’arco. Non bastano però a reggere l’urto di un terzo quarto che vede gli Warriors piazzare un parziale di 38-23 (93-90). Le prodezze nel finale di Curry, che segna 9 punti consecutivi per i suoi (dal 108-109 Sixers fino al 117-111 per gli ospiti), decidendo le sorti dell’incontro.
In una nottata in cui è stato assente anche Kevon Looney, i Warriors perdono Alfonzo McKinnie a causa di una contusione all’anca sinistra. Ottima prestazione dalla panchina per Damion Lee, che segna 12 punti su quattro triple. Prossima partita: mercoledì notte, al TD Garden di Boston.
I Sixers (40-23) non approfittano della sconfitta questa notte dei Pacers (41-23), rimanendo comunque a mezza partita di distanza. Il quarto seed attuale vorrebbe dire sfidare Boston al primo turno, ovvero un’avversaria con cui Philadelphia ha sempre notoriamente sofferto. Prossima partita: mercoledì notte, in casa contro gli Orlando Magic.
New Orleans Pelicans-Denver Nuggets 120-112
Pesante sconfitta casalinga per i Denver Nuggets, che mollano in parte la presa sugli Warriors nell’inseguimento al primo posto a Ovest e si arrendono a un avversario dalle modeste pretese come New Orleans. I Pelicans, sotto di 19 lunghezze dopo un quarto d’ora (30-49 a 9:45 dall’intervallo), risalgono la china, segnando 40 punti nel solo secondo quarto (67-71). Sono stati guidati dai 29 punti di Jrue Holiday e dai 28 Julius Randle, che fanno a meno di Anthony Davis (tenuto a riposo come d’accordo nei back-to-back, per evitare ulteriori sollecitazioni e problemi fisici). “Abbiamo giocato più forte di loro, su entrambi i lati del campo: pensavano di averla vinta dopo poco più di un quarto, ma noi non abbiamo mollato”, sottolinea coach Gentry, consapevole che ad aiutare i Pelicans ci hanno pensato tra le altre cose anche i problemi di falli per Nikola Jokic, spedito in panchina subito da coach Malone dopo che gli arbitri avevano fatto rapidamente lievitare il conto dei suoi falli: il serbo resta sul parquet per soli sei minuti nel primo tempo, autore di due falli nel primi tre minuti di gioco e costretto a stare seduto. Nonostante questo, “the Joker” è il miglior realizzatore di Denver con i suoi 20 punti, al pari di Jamal Murray, in una squadra con cinque giocatori in doppia cifra.
I Pelicans, oltre a Davis, non hanno potuto usufruire di E’Twaun Moore (problema alla coscia). La squadra della Louisiana ha recentemente firmato Dairis Bertans dall’Olimpia Milano. Prossima partita: martedì notte, alla Vivint Smart Home Arena di Salt Lake City.
Per quanto riguarda Denver (42-20) Golden State adesso dista una gara e mezza (44-19): mantenendo più a lungo la concentrazione, tuttavia, l’inseguimento è ancora possibile da completare. I 19 punti di stanotte rappresentano il vantaggio più ampio sprecato dai Nuggets in questa regular season. Gli uomini di Malone perdono due gare consecutive in casa: non accadeva da novembre. Prossima partita: martedì notte, all’AT&T Center di San Antonio.
Altre dai campi
Pericolosa caduta libera in ottica playoff per i Brooklyn Nets, che perdono la loro terza partita consecutiva: lo fanno malamente contro i Miami Heat (88-117, 25 punti per Kelly Olynyk). Ne approfittano subito i Detroit Pistons, che dominano contro i Cleveland Cavaliers per 129-93 (all’intervallo il risultato è clamorosamente sul 71-38), con 26 punti di Luke Kennard e 24 di Reggie Jackson. Sconfitta casalinga per gli Indiana Pacers, che non sfruttano il KO di Philadelphia per allungare sui Sixers: a vincere sono gli Orlando Magic per 117-112 ed è una vittoria importante per Vucevic (27 punti e 8 rimbalzi) e compagni, che si trovano attualmente all’ottavo posto della Eastern Conference.
Chiude la netta vittoria dei Memphis Grizzlies sui Dallas Mavericks per 111-81, con uno Jonas Valanciunas da 20 punti e 10 rimbalzi.
Tutti i risultati di domenica 3 marzo
Los Angeles Lakers-Phoenix Suns 109-118
Milwaukee Bucks-Utah Jazz 111-115
Oklahoma City Thunder-San Antonio Spurs 102-116
Golden State Warriors-Philadelphia 76ers 120-117
New Orleans Pelicans-Denver Nuggets 120-112
Brooklyn Nets-Miami Heat 88-117
Detroit Pistons-Cleveland Cavs 129-93
Orlando Magic-Indiana Pacers 117-112
Memphis Grizzlies-Dallas Mavericks 111-81