Amarcord

L’angolo del ricordo, pioggia di triple: gli Houston Rockets sotterrano Phoenix con 27 centri

James Harden, Houston Rockets Official Facebook Page
James Harden, Houston Rockets Official Facebook Page

7 aprile 2019: gli Houston Rockets con 27 triple a segno stabiliscono un nuovo record NBA. Un record che apparteneva agli stessi ragazzi di Mike D’Antoni, capaci nella stessa regular season di metterne 26 contro i Kings. Quella contro i Phoenix Suns è invece una partita decisa già a fine primo tempo, nella quale i Rockets hanno trovato la giusta motivazione per dare un senso a una sfida che dura poco più di un quarto d’ora: quella di andare a caccia dell’ennesimo record con i piedi oltre l’arco.

I texani infatti partono fortissimo, segnano 77 punti nella prima metà di gara e poi si concedono il lusso di iniziare a bersagliare da lontano il canestro dei Suns (chiudendo con 149 punti a referto, massimo in stagione anche quello). Il capobanda per tre quarti è James Harden, autore di 30 punti, 13 rimbalzi e nove assist, prima di accomodarsi a bordocampo per tutta l’ultima frazione. Il Barba mette a referto cinque triple, secondo soltanto a Eric Gordon con otto bersagli (massimo in carriera eguagliato), a cui si aggiungono le quattro di P.J. Tucker e le tre di Daniel House. A fine terzo quarto sono 24 i bersagli pesanti già messi a segno, a -2 dal record già eguagliato contro Sacramento qualche giorno fa e -3 da quelle 27 totali mai realizzate nella storia della regular season NBA.

Le riserve dei Rockets vengono gentilmente invitate dal pubblico a tentare la fortuna da lontano, sporcano le percentuali (che restano vertiginose, 27 su 57 di squadra sarà il fatturato finale), ma alla fine riescono a 65 secondi dalla sirena a mettere definitivamente il naso avanti: la tripla del record la firma Austin Rivers, che scatena così la gioia del pubblico sugli spalti: Non avevo scelta: quel pallone stava arrivando verso di me, non potevo fare altro che tirare e sperare che andasse dentro. Non era rimasto molto tempo per battere il record. È sempre piacevole pensare di avere un obiettivo da raggiungere sul parquet: quando sei avanti di 35-40 punti, spesso le motivazioni vengono a mancare. Noi invece ce l’abbiamo messa tutta”. Mike D’Antoni non era presente quella sera al Toyota Center a causa di alcuni problemi allo stomaco, venendo quindi sostituito da Jeff Bzdelik: poco male, dato che il coach dei Rockets si sarà goduto lo spettacolo anche da casa, dove ha potuto assistere a un traguardo storico raggiunto dalla sua perfetta (non sempre) macchina da canestri.

L’ironia della sorte vuole che 27 sia il numero rappresentante sia il maggior numero di triple segnate in un intero match che il numero di triple consecutive sbagliate in un intero match: un numero, due record, sempre gli Houston Rockets protagonisti. Il tiro dall’arco può dimostrarsi una variabile impazzita: addirittura negativa in quella che probabilmente è stata la giornata peggiore delle carriere di D’Antoni e Harden. Bisogna tornare un anno dietro al record stabilito contro i Suns: Western Conference Finals, gara-7 al Toyota Center, Golden State Warriors. Non solo l’eliminazione e un anello che svanisce, ma anche l’entrata nella storia dal lato sbagliato, coi Rockets che tirano 7 su 44 dal perimetro (15.9%). Houston segna a 6:43 della sirena di fine secondo quarto la sesta tripla di serata con Gordon (42-28) e poi per due quarti abbondanti sbaglia le successive 27 conclusioni.

Incredibile è stato aver cominciato 6 su 14 per poi sfociare in un 1 su 30 a partire dalla metà del secondo quarto. Soltanto Trevor Ariza ha combinato un catastrofico 0 su 12, non meglio ha fatto Harden con un 2 su 13. Tuttavia D’Antoni al termine della partita non ha rinnegato la sua filosofia: “È vero che ad un certo punto diventa snervante, ma è il centro della battaglia. Non ci pensiamo troppo. Avremmo avuto bisogno di alcuni di quei tiri, ma è andata così. Abbiamo provato a segnarli, e non è che non ci abbiamo provato. È stato un po’ come Boston ieri. Hanno avuto le loro occasioni (i Celtics), e non li hanno realizzati.” Un mantra: un gioco che può dare tanto, ma dove ogni errore può essere decisivo. Letteralmente vivere o morire col tiro da tre.

 

SportFace