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25 aprile 1950: Charles Henry “Chuck” Cooper diventa il primo giocatore afroamericano selezionato in un Draft NBA. E’ la data in cui il basket oltreoceano abbatte il muro del pregiudizio, liberando il mondo della palla a spicchi dalla segregazione razziale e aprendo le porte del gioco a chi solo prima era considerato come una presenza indesiderata. I Boston Celtics scelgono al secondo giro, con la scelta numero 12, Chuck Cooper da Duquesne: ragazzo catapultato che, da qualche comparsata con gli Harlem Globetrotters e da un anno da soldato nell’esercito americano, diventa il primo cestista di colore selezionato nel più importante campionato statunitense.
“Non mi interessa se è a quadretti, a righe o pallini, voglio lui”, urlò il boss dei Celtics, Walter Brown, a chi gli faceva notare che prendere un giocatore di colore era ancora un tabù. In realtà c’era ancora scetticismo a riguardo, soprattutto nelle menti di tanti proprietari delle franchigie: tanti furono i veti silenziosi, pensando che il pubblico bianco non avrebbe mai pagato per vedere atleti di colore e che il monopolio “black power” dei canestri fosse monopolio esclusivo dei giocolieri degli Harlem Globetrotters. Quell’anno tuttavia cadde un muro, un muro rappresentato dalla WNBA: l’acronimo di White National Basketball Association.
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Già liberato il football con il pionieristico duo Kenny Washington-Woody Stroke nel 1946 ed emancipato anche il baseball dal leggendario Jackie Robinson nel 1947, il 1950 fu l’anno bel basket, santificato da una trio indimenticabile: dal protagonista di questa storia a Nat “Sweetwater” Clifton, il primo a firmare un contratto professionistico (con New York), passando per Earl Lloyd, il primo a mettere piede in una partita ufficiale (con Washington). Tutti e tre apparsi contemporaneamente quell’anno nella NBA e ora presenti nell’arca della gloria della Hall of Fame di Naismith. All’epoca, settant’anni fa, non ricevettero certo un trattamento da privilegiati. A Cooper, nell’arco di 409 partite spalmate su sei stagioni da 6.7 punti e 5.9 rimbalzi di media tra Celtics, Hawks e Pistons, capitò più di qualche volta, in occasione di trasferte nel profondo Sud, di essere costretto a soggiornare e mangiare in alberghi e ristoranti diversi dal resto dei compagni di squadra.
Le cose cambiarono in meglio una volta lasciato il basket: il primo cestista nero a essere scelto da una squadra NBA si regalò, prima di morire a 57 anni nel 1984, anche il primato di diventare il primo capo di colore del Dipartimento Parchi Pubblici di Pittsburgh. Ecco il proseguimento della battaglia anche fuori dal parquet, dove aveva avviato la rivoluzione degli afroamericani: da sparuta minoranza di tre singoli individui di allora a assoluta maggioranza di adesso, con una quota di oltre il 75% degli atleti della lega sportiva. Gli afroamericani, ora e per sempre, domineranno la lega professionistica più ricca e seguita del mondo.
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