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Brittney Ginter ancora in carcere in Russia. Il Guardian: “E se fosse stato LeBron o Brady?”

Brittney Griner - Foto Lorie Shaull CC BY-SA 4.0
Brittney Griner - Foto Lorie Shaull CC BY-SA 4.0

Brittney Griner è ancora in un carcere russo, in detenzione da più tre mesi per un caso diplomatico che procede più o meno silenzioso, dalla presunta scoperta di hashish all’aeroporto di Sheremetyevo. Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti l’ha riclassificata ufficialmente come “detenuta ingiustamente”. Ultimo capitolo di una storia che ora trova spazio anche sulle colonne del Guardian che rilancia provocatoriamente: “E se fosse stato LeBron?“. Griner è una donna nera e omosessuale al suo secondo matrimonio e un’orgogliosa attivista LGBTQ+, al momento detenuta in un paese che non ha ancora aperto ai diritti gay. Ma la faccenda è anche rappresentativa di un sistema economico che funziona al contrario di quello maschile, con le migliori giocatrici Usa costrette a “svernare” nella pausa del campionato all’estero, per guadagnare cifre che la WNBA non garantisce. Griner ha cominciato nel 2014, volando a Hangzhou, in Cina, fresca di college, solo per soldi. Come scelta numero 1 nel draft WNBA 2013 guadagnava 49.000 dollari alla sua prima stagione per i Phoenix Mercury. Allo Zhejiang Golden Bulls ne prendeva 600.000. La metà della WNBA “arrotonda” in paesi come Cina, Russia, Turchia e Francia. Griner giocava all’UMMC Ekaterinburg dal 2015 ed era pagata più di 1 milione di dollari l’anno, rispetto ai circa 228.000 dollari di Phoenix. In pratica per il basket femminile quella negli Stati Uniti è “bassa stagione”.

Perché dovremmo saltare alla conclusione che questa donna di colore è una criminale e che i funzionari russi non stanno mentendo? – chiede il Guardian – Dopo anni passati attraverso la dogana in Russia, davvero pensiamo che Griner ora si faccia beccare con dell’olio di hashish in valigia? L’accusa di “trasporto di droga su larga scala” da parte delle autorità russe sarebbe ridicola se la posta in gioco non fosse così terribilmente alta”.

E ancora: “Il tempo del silenzio è ormai finito“, scrive il tabloid. Il caso Griner si trascina dalla metà di febbraio. Un tribunale di Mosca ha recentemente annunciato che la sua detenzione sarà prolungata fino al 19 maggio. Secondo Tom Firestone, ex consulente legale dell’ambasciata americana a Mosca, potrebbe essere trattenuta senza processo in carcere per un massimo di 18 mesi. Ora il cambio di politica dalla Casa Bianca potrebbe aiutare ad abbreviare la sua pena, ma potrebbe facilmente peggiorare visto lo stato di tensione tra Stati Uniti e Russia. “Griner – scrive ancora il Guardian – è di fatto un ostaggio politico in un paese violento e omofobo gestito da un sociopatico che una volta definì l’insegnamento della fluidità di genere un crimine contro l’umanità. Quando il silenzio cooperativo diventa una negligenza complice? La risposta è ‘adesso’. L’annuncio del Dipartimento di Stato non lascia dubbi“. “Immaginate che invece di una donna nera di due metri, tatuata, con i dreadlocks, in una prigione russa ci fosse una bella bionda con un marito a casa. E se al suo posto ci fosse LeBron James o Steph Curry? O Tom Brady? La gente sarebbe impazzita”.

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