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“Basandomi su quel che ho visto negli ultimi due giorni, posso dire che chi non corre a fare l’abbonamento quest’anno se ne pentirà”. Così ha risposto Rick Carlisle, allenatore dei Dallas Mavericks, ad un giornalista di Dallas Morning News che in un’intervista gli chiedeva informazioni sul rookie Luka Dončić.
MVP assoluto, MVP delle Final Four e Rising Star (per il secondo anno di fila) nella scorsa Eurolega, vinta con la casacca del Real Madrid, più giovane giocatore della storia a ricevere i primi due riconoscimenti; miglior giovane della Liga ACB nel 2017 e nel 2018 e MVP della competizione nell’ultima stagione. Nel 2017 è anche nella top 5 dell’Europeo, vinto da protagonista con la sua Slovenia.
Queste le “modeste” generalità con cui la position-less guard di Lubiana, 201cm x 99kg, si presenta all’universo NBA. Ma i numeri da predestinato di Dončić vanno oltre coppe e premi. 30 aprile 2015: è un giovedì, le merengues giocano in campionato contro l’Unicaja Malaga. A poco meno di due minuti dalla fine del match, lo sloveno fa il suo debutto fra i professionisti (a 16 anni e 2 mesi è il più giovane esordiente della storia del Real e il 3° di tutta la Liga). Passano 6 secondi e il suo nome è già nel tabellino, tripla dall’angolo in faccia a Karahodzic e Palacio de Deportes in delirio.
Un giocatore versatile, dotato di intelligenza e maturità cestistica non indifferenti per un ragazzo di neanche vent’anni e con una grande visione di gioco. «Per essere un ottimo passatore devi essere in grado di capire il gioco. È una questione di testa. Il modo in cui gioca con la squadra e legge le situazioni è davvero unico e sorprendente per l’età che ha», ha detto in proposito Igor Kokoshov, l’attuale allenatore dei Phoenix Suns.
Sarà forse proprio la sua versatilità a mettere “in difficoltà” Carlisle, chiamato a trovare una posizione in campo che faccia risaltare le doti del giocatore che vestirà la maglia numero 77 dei Mavericks. Potenzialmente Dončić potrebbe essere impiegato a Dallas come point guard, come shooting guard o anche, a detta di qualcuno, come small forward. Per il ruolo di playmaker lo spazio appare chiuso da un Dennis Smith Jr. che ha terminato la sua prima stagione in NBA con 15.2 punti a partita e l’inserimento nell’All-Rookie Second Team. Discorso simile per un gettone da ala piccola, dove il posto sembra già prenotato dal miglior realizzatore della passata stagione, Harrison Barnes.
Più probabile allora che Dončić si ritagli uno spazio come guardia tiratrice, cercando magari di emulare le gesta di un altro est-europeo che in quel ruolo conquistò l’NBA all’inizio degli anni ’90, il compianto Mozart dei canestri Drazen Petrovic. Ma qualche perplessità, pur parlando di un prospetto così brillante, rimane. In primis sarà da valutare l’impatto che un salto importante come quello dal campionato spagnolo al campionato USA potrà avere su un giocatore così inesperto.
La velocità del gioco NBA ha raggiunto livelli elevatissimi e una delle incognite dello sloveno sarà proprio la capacità di sostenere ritmi così alti da un punto di vista atletico. Non averlo visto in campo durante la Summer League di Las Vegas (i Mavs l’hanno giustamente tenuto a riposo dopo i martorianti impegni europei della passata stagione) non può che aumentare l’alone di dubbio e aspettative intorno a lui.