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Il tecnico degli Houston Rockets, Mike D’Antoni, scalpita come tutta l’NBA che aspetta la ripresa della stagione interrotta a marzo. L’ex Olimpia è convinto di portare al successo la franchigia del Texas con la sua filosofia cestistica che secondo i critici rasenta l’utopia. L’italo-americano non si dimentica comunque i trascorsi meneghini. Di seguito le sue dichiarazioni complete rilasciate al Corriere della Sera:
SULLA RIPRESA DELL’NBA – “L’NBA valuta varie opzioni, non possiamo che attendere. Ma sarà il virus a spiegarci quando si potrà riprendere”.
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SULLA SMALL BALL DEI ROCKETS – “È lo schema che ci dà le maggiori chance: la proprietà concorda. Mi spiace per Capela, ma la squadra va meglio così: delusioni del passato mi hanno insegnato ad abbandonare certe convenzioni. Come hanno vinto i Golden State in questi anni? Usando alla grande i piccoli. Non vedo tanti Jabbar in giro e in compenso ci sono lunghi come Giannis Antetokounmpo che giocano da esterni». “.
SU UN RICORDO DELL’OLIMPIA – “Nell’estate 1990 sapevo che non sarei rimasto: fisicamente ero distrutto; mi pagavano sempre, ma come giocatore è come se avessi smesso nel 1988. Arrivò una telefonata: Dan Peterson lasciava, mi offrivano di sostituirlo. Ecco, per me sarebbe stato impossibile dare ordini agli amici, come McAdoo e Meneghin”.
SUL RAPPORTO CON KOBE – “Non penso a quello ma alla tragedia di Kobe. Non serbo rancore: preferisco ricordare che, entrando nell’NBA, aveva scelto il numero 8 in mio onore. Mi piace rivederlo bambino a Reggio Emilia e rammento che a Los Angeles ci parlavamo in italiano”.
SUI RIMPIANTI – “Quelli ci sono. Ma le decisioni che prendi sono pensate per il meglio. Purtroppo non sempre le azzecchi: se fosse così, di mestiere farei il mago”.
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