Essere arbitro significa imparzialità e giustizia, implica precisione, correttezza, doveri morali ed accettare di poter commettere errori. Non tutti possono arbitrare, solo chi ha veramente passione può farlo. Federico Di Marzio possiede ogni dote necessaria. Un ragazzo come tanti, che ha scelto di diventare arbitro di pallacanestro, dopo essere sceso in campo per anni come giocatore. La particolarità? Federico è un ragazzo sordo. Romano, classe 1982, ha giocato nella Nazionale Italiana Sordi, passando dopo qualche anno al mestiere di arbitro.
Com’è nata la passione per il basket?
“Dopo aver frequentato per tre anni dei corsi di nuoto mi sono lanciato nel basket. In realtà la mia passione per la pallacanestro è nata guardando le partite in televisione insieme a mio padre: quello che più mi colpì, all’età di 8 anni, fu vedere i match Nba che vedevano impegnato Michael Jordan. Ne rimasi estasiato”.
Come si comportavano gli altri bambini di fronte alla tua sordità?
“La mia prima squadra è stata la Fortitudo 1908, nella quale ho giocato per cinque anni. L’inserimento in effetti non è stato semplice e ho dovuto faticare molto, perché gli altri bambini non si sono sempre comportati nel migliore dei modi. Mi sono però sempre allenato con grande volontà senza farmi prendere dallo sconforto”.
Dopo qualche anno è giunta la possibilità di partecipare al campionato per sordi…
“All’età di 13 anni fui chiamato da un arbitro che, vedendomi giocare, mi propose di partecipare al campionato per sordi. Mi sembrava di aver raggiunto un meta irraggiungibile, un sogno divenuto realtà. La mia prima squadra si chiamava “Forza Roma”. Lì, finalmente, mi sono sentito come a casa”.
E sono arrivati grandi successi…
“Ho vinto il mio primo scudetto nel 1995. A ripensarci oggi provo ancora emozioni uniche, anche perché quell’anno fui premiato come miglior giocatore nella categoria giovani. Ho vinto successivamente altri 4 titoli, ma con squadre diverse
Qual è stata l’emozione per l’esperienza in nazionale?
“La convocazione in nazionale è stata il momento più bello della mia vita, indossare la maglia azzurra per rappresentare l’Italia nel mondo è gratificante come poche cose al mondo”.
Europeo, Mondiale, Giochi Olimpici. Quanti sacrifici e quante gratificazioni?
“Nel corso degli anni i sacrifici si sono moltiplicati, perché per disputare manifestazioni di tale livello ho sempre dovuto dedicare molto tempo alla preparazione fisica. Purtroppo non è arrivato alcun podio, ma ai campionati mondiali di Palermo 2011 siamo giunti al quinto posto conquistando un ottimo risultato”.
Qual è stata la squadra più forte contro cui hai giocato?
“Non ho dubbi nel rispondere: certamente la Lituania”.
Dopo l’esperienza con la nazionale hai deciso di creare una società di basket formata da udenti e sordi. Perché questa scelta? Com’è il rapporto tra i compagni?
“Non gioco più in nazionale perché ho deciso di lasciare il mio posto a ragazzi più giovani. La Kosmos, la società a cui ho dato vita, è stata creata per far sì che i sordi possano integrarsi con gli udenti. Il rapporto è meraviglioso, siamo tutti sempre in contatto e molto spesso passiamo insieme lunghe serate, durante le quali non vi è alcuna differenza tra di noi. Ho avuto l’occasione di conoscere Carlton Myers e Gigi Datome e, dopo aver loro raccontato della Kosmos, mi hanno fatto grandi complimenti”.
Arriviamo alla scelta di lasciare il basket giocato per passare all’arbitraggio…
“Durante le superiori, in realtà, avevo già deciso che un giorno avrei voluto fare l’arbitro di basket. Mi piace gestire la partita, prendermi le repsonsabilità, essere coerente, equilibrato ma allo stesso tempo autorevole. Dopo 25 anni passati a giocare sui campi ho pensato di cambiare e sono fiero di aver raggiunto anche questo obiettivo”.
E il primo anno da arbitro come è andato?
“Devo dire che è passato molto velocemente. Durante la settimana aspettavo con impazienza che arrivasse la domenica…”.
Come sei stato accolto da colleghi e giocatori? Vi è stato scetticismo?
“All’inizio ho pensato che avrei potuto avere alcune difficoltà nella comunicazione, invece è andato tutto benissimo sia con i giocatori che con i colleghi. Se vi è stato scettisimo non me lo hanno mai fatto notare. Vorrei infatti ringraziare Alessandro Martolini (Istruttore Arbitri Provinciale) e Gianluca Cassano (Commissione Provinciale Cia Roma), che mi hanno dato molto fiducia, dato che sono il secondo arbitro sordo in Italia”:
Che cos’è #WeGroupDeafs?
“Io e il mio amico Luca Picone abbiamo fondato la #WeGroupDeafs per girare film e cortometraggi divertenti, anche attraverso la LIS (lingua dei segni). Amiamo il cinema e ci siamo buttati in questa nuova avventura“.
Nello sport serve passione e voglia di mettersi in gioco, forse Federico è uno dei pochi ad averne capito il vero significato. A volte, infatti, non servono né occhi né orecchie, ma solamente forza di volontà e passione.