Giocarsi un trofeo in un derby è sempre speciale, lo sanno bene Varese e Cantù che il 19 marzo 1980 al Palasport di San Siro si giocarono l’edizione 1979/1980 della Coppa delle Coppe. Le due lombarde in quegli anni erano protagoniste assolute in campo europeo, Varese era reduce da cinque trionfi e dieci finali consecutive di Coppa dei Campioni, Cantù invece era da tre anni detentrice della Coppa delle Coppe e tra il 1973 e il 1975 aveva alzato tre volte la Coppa Korac. La stagione precedente in Italia non andò in scena la Coppa Italia, ragione per cui oltre a Cantù campione in carica, partecipo Varese, semifinalista in campionato che approfittò della rinuncia dell’Olimpia Milano.
La Gabetti Cantù insieme a Leiden e Barcellona partiva dalla fase finale (due gironi da quattro squadre che avrebbero poi dato quattro pass per le semifinali). Al contrario Varese partì dal primo turno in un competizione che quell’anno pagò il boicottaggio del blocco sovietico. I biancorossi non giocarono però il primo round contro lo Sporting Lisbona che si ritirò poiché sei giocatori della squadra furono convocati dalla nazionale portoghese per un tour negli USA. Dopo la vittoria a tavolino l’Emerson si libera agevolmente dei finlandesi del KTP Kotka negli ottavi di finale (79-105 e 124-80 con Morse autore di 37 e 36 punti). Successivamente Cantù e Varese primeggiano nei gironi, i primi con Leiden, Panathinaikos e Caen, i secondi con Barcellona, Zadar ed Eczacıbaşı. In semifinale le italiane si ripetono Varese con gli olandesi del Leiden (doppio successo 87-89 e 95-87) e Cantù sul Barcellona (doppio successo 92-93 e 78-74).
Si arriva così alla finale più affascinante possibile, il derby tra le due lombarde ormai abituate a fare voce grossa in Europa. L’incontro si gioca al “Palazzone” di San Siro, nonostante Varese in tempi non sospetti avesse chiesto alla FIBA di poter ospitare la finale, ma il richiamo troppo grande della sfida portò l’Ing. Gualco a dirottare a Milano in un palazzetto più grande. La scelta si rivelò azzeccata, oltre 10.000 presenze, un incasso di 38 milioni e 800mila lire e la diretta televisiva RAI. All’impianto milanese non furono risparmiate critiche, la più importante riguarda il tabellone elettronico che non forniva l’indicazione del cronometro, costringendo lo speaker a scandire il passare del tempo a voce. Alla palla a due parte meglio l’Emerson che tocca dopo 17 minuti il +11 (39-28) grazie ad un ottimo Alberto Mottini, dall’altra parte Cantù riesce a reagire portato il gap a -7 prima della pausa lunga. Nella ripresa è partita vera, Morse e Smith si sfidano senza esclusione di colpi ma sono Cattini e Marzorati gli uomini chiave della rimonta che si concretizza ad un paio di minuti dalla fine quando il punteggio tocca il 77-77. Proprio Marzorati realizza l’ultimo canestro dei quaranta minuti che vale l’82-82 e l’overtime. Il supplementare viene deciso nelle primissime battute da un paio di canestri di Meneghin poi espulso, difende infatti il margine Varese che trionfa 90-88 e si aggiudica quello che ad oggi è il suo ultimo trofeo europeo.
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