Dopo i boicottaggi del 1980 e del 1984, i Giochi Olimpici ritrovano la competizione tra Unione Sovietica e Stati Uniti. Nel basket la situazione si infiamma subito poiché dopo i rispettivi ori casalinghi, le due superpotenze si ritrovano a Seoul per decidere qual è la nazionale del decennio. Ad inasprire ulteriormente la competizione tra le due nazionale sono gli strascichi della finale di Monaco 1972, vinta in maniera rocambolesca dai sovietici e ancora sul groppone del Team USA a sedici anni di distanza. Alla vigilia del torneo coreano quella restava inoltre l’unica sconfitta in una rassegna a cinque cerchi per la squadra americana.
Format con due gruppi da sei squadre, Italia assente ai nastri di partenza dopo il quinto posto di Los Angeles 1984. Al via presenziano gli Stati Uniti campioni olimpici in carica, le qualificate europee (Unione Sovietica, Jugoslavia e Spagna), le qualificate americane (Brasile, Porto Rico e Canada), le qualificate africane (Repubblica Centrafricana ed Egitto), Cina, Australia e i padroni di casa della Corea del Sud. Nella fase a gruppi fila tutto liscio per il Team USA, vincente 97-53 al debutto contro la Spagna e nelle seguenti quattro gare. Dall’altra parte si incrociano alla prima Jugoslavia ed Unione Sovietica con la squadra dei balcani capace di imporsi per 92-79. La squadra di Petrovic e Divac vincerà il gruppo A davanti ai sovietici, nonostante la sconfitta contro Porto Rico nell’ultimo match del girone. Nei quarti di finale va tutto liscio per le tre favorite: la Jugoslavia batte il Canada e trova l’Australia in semifinale, mentre USA ed Unione Sovietica sono semifinaliste grazie ai rispettivi successi su Porto Rico e Brasile.
Il match più atteso si materializza dunque in semifinale, John Thompson coach del Team USA ha preparato questa partita tutta l’estate, sapendo di dover pagare lo scotto di una squadra più giovane rispetto a quella dei rivali (dal 1992 avrebbero poi giocato i professionisti). Nel 1984 oltre all’assenza del blocco est, l’allora coach della nazionale Bob Knight poteva contare sul talento di Micheal Jordan e Patrick Ewing, cosa che non può fare il coach subentrato per l’Olimpiade asiatica. Arvidas Sabonis e Rimas Kurtinaitis erano le maggiori preoccupazioni della squadra a stelle e strisce che nonostante le difficoltà dei rivali nelle primissime uscite di Seoul.
Arriva il momento della palla a due al Jamsil Indoor Stadium e gli Stati Uniti si presentano senza Hawkins e nelle prime battute rinunciano anche a Danny Manning subito alle prese con problemi di falli. L’URSS parte forte, vola sul 23-15, vengono agganciati sul 27-27, ma alla pausa lunga ricreano un gap di dieci lunghezze grazie a Kurtinaitis che è semplicemente immarcabile (47-37). Chi tiene a galla la banda di Thompson è David Robinson capace di tenere testa a Sabonis nel match-up chiave della serata, lo scarto viene così ridotto a sole due lunghezze dopo qualche minuto della ripresa (59-57). Inizia di fatto una nuova partita, ma tiene alta la concentrazione la squadra dell’est mentre si scompone di nuovo il Team USA, si va sul 69-60 con 5’25” da giocare. L’assalto finale degli americani risultati inutili, alla sirena è 82-76 e come sedici anni prima sono i sovietici ad alzare le braccia al cielo festeggiando questa volta l’accesso al match che vale la medaglia d’oro. L’ammiraglio Robinson chiude con una doppia doppia da 19 punti e 12 rimbalzi, ma a fare la differenza sono i 28 punti di Kurtinaitis e la doppia doppia di Sabonis (13 punti e 13 rimbalzi). Pochi giorni dopo gli Stati Uniti conquistano un bronzo amaro nel match contro l’Australia mentre l’Unione Sovietica si prende la rivincita sulla Jugoslavia con un perentorio 76-63 che vale l’oro.