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La Fia dice addio alle zone grigie del regolamento. La notizia circolava negli ultimi mesi e da alcune settimane è diventata ufficiale: a partire dal primo Gran Premio di Formula 1 del 2020, in Australia, sulle monoposto sarà presente un doppio flussometro per il controllo istantaneo della portata del carburante presente sulle vetture. In sostanza, a quello canonico gestito dai team in autonomia si andrà ad aggiungere il nuovo flussometro i cui dati saranno immagazzinati dai commissari federali: la novità nasce dalla polemica del 2019 sui motori Ferrari, con la scuderia di Maranello che aveva provato a viaggiare sul sottile filo dell’interpretazione delle regole, un po’ come fatto dalla Mercedes negli anni precedenti senza però che scaturissero discussioni fiume.
LA FIA SCENDE IN CAMPO – La Fia spegne ogni discorso sul nascere e interviene personalmente nell’ambito delle modifiche regolamentari decise per il Mondiale 2020: la federazione potrà adesso leggere in autonomia i valori di portata istantanea del carburante (il massimo consentito è di 100 kg/h a 10.500 giri) con il flussometro aggiuntivo dotato di una propria taratura, dunque senza più la necessità di basarsi sui dati forniti dalle scuderie come avvenuto fin dal 2019. Dalla Fia, a ogni modo, fanno sapere che – sulla carta – nessun team dovrebbe subire contraccolpi dal punto di vista delle prestazioni, implicando, ovviamente, che fino alla scorsa stagione vi era il pieno rispetto dei paletti regolamentari.
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INVESTIRE SUI MATERIALI – La partita per il 2020 è dunque aperta: i controlli sui team saranno più stringenti e per restare entro i limiti dei mille cavalli di potenza occorrerà investire sui materiali. Si apre però un altro punto interrogativo, quello del pieno rispetto delle normative ambientali. I vincoli dal punto di vista dell’utilizzo di leghe chimiche e benzine per aumentare le prestazioni del motore esistono, è chiaro, anche nel mondo patinato dei “paperoni” della Formula 1, ma è soprattutto un discorso legato alla vita di tutti i giorni e alle più comuni auto che intasano le nostre città. In Formula 1 si cercano metodi sempre più innovativi per rendere prestanti i motori delle vetture – è qui che, al pari dell’aerodinamica, si decidono i Mondiali – e anche l’uomo della strada (è proprio il caso di dirlo) deve fare fin troppo spesso i conti con usure e malfunzionamenti del motore della propria automobile. E se anche nel caso di motori nuovi di zecca è possibile andare incontro a problemi di ogni sorta, è soprattutto quando il motore si avvia a fine vita che aumentano le criticità.
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I FILTRI DELL’OLIO – I filtri dell’olio svolgono a questo proposito un compito fondamentale per far sì che i residui metallici prodotti dall’usura delle varie componenti (per esempio, pistone, cilindro o cuscinetti) che vanno a finire nell’olio motore possano essere raccolti allo scopo di evitare che – alla lunga – il funzionamento stesso del propulsore sia messo a dura prova. I residui, col passare del tempo, possono provocare un eccessivo consumo del motore ed è proprio per evitare ciò che le ricerche nel campo dei filtri dell’olio hanno portato a prediligere il filtro meccanico – con tutte le evoluzioni del caso – rispetto al filtro magnetico, ormai in disuso. Cambiare con la dovuta regolarità il filtro dell’olio (puoi trovare maggiori informazioni sui filtri su autoparti.it) è propedeutico a un motore prestante e “in salute”: per le auto diesel è consigliabile la sostituzione dopo un massimo di 30.000 km, 15.000 invece per le auto a benzina. In ogni caso, se l’automobile non è nuova di zecca, cambiare il filtro dell’olio ogni due anni allungherà la vita del motore.