Fiona May commenta in un’intervista rilasciata a La Gazzetta dello Sport i Mondiali di atletica di Londra 2017 che si sono appena conclusi. La medaglia d’oro vinta dall’atleta azzurra ad Edmonton nell’agosto 2001 nel salto in lungo è l’ultimo titolo iridato conquistato dall’Italia nell’atletica, ben sedici anni fa.
May commenta l’ultima edizione e soprattutto le brutte prestazioni degli italiani in gara: “L’atletica italiana stavolta ha davvero toccato il fondo. Una volta facevamo la corsa su Francia e Polonia, oggi non le vediamo più e siamo sistematicamente superati dall’Olanda e ora perfino dal Belgio. Mi piange il cuore, ma da quanto tempo ci diciamo le stesse identiche cose? Dieci anni? No, forse addirittura quindici”.
Gli aspetti su cui si punta l’attenzione sono sempre gli stessi e anche la saltatrice ha le stesse idee maturate quindici anni fa: “Cosa dicevo? Quello che oggi ormai sostengono tutti: il sistema è sbagliato, profondamente sbagliato. Non bastano correttivi, serve ripartire da zero. Se non cogliamo l’occasione nemmeno a questo giro, staremo sempre qui a sperare nell’exploit del Tamberi o della Palmisano di turno“.
Il come mai il sistema sia sbagliato l’ex atleta lo sostiene senza dubbi: “La federazione si riappropri dei centri di preparazione olimpica, che una volta rappresentavano l’eccellenza italiana. La Fidal prende tanti soldi dal Coni, è una delle federazioni più ricche in Europa. Io non so come vengano impiegati e non lo voglio sapere. So soltanto che in Inghilterra, dove mi trovo in questo momento, sei medaglie non sono bastate a giustificare un investimento di 27 milioni di sterline e piovono critiche da tutte le parti”.
I centri di preparazione olimpica sono importanti per avere un alto livello di professionalità: “Perché dobbiamo consentire ad atleti che puntualmente si rivelano mediocri di allenarsi dove vogliono? È ora di finirla con questo atteggiamento, per diventare campioni bisogna essere disposti a fare i sacrifici che ho fatto io e che oggi vedo fare a mia figlia Larissa, altrimenti si sta a casa a fare altro e si lascia il posto a chi ha fame di arrivare“.
La critica di Fiona May è anche per gli atleti: “Io dico che ci vuole più grinta, in pista bisogna metterci anche un po’ di palle, quelle che ha avuto Tamberi di presentarsi e provare ad essere competitivo nonostante gli infortuni, ma è l’unico. I nostri ragazzi pensano che sia facile arrivare a vincere una medaglia? Che non serva anche un po’ di determinazione nei momenti decisivi. Credetemi, non è così”. Critiche a quelli che: “Vanno ai Mondiali e sono soddisfatti di aver superato un turno e arrivano alle interviste tutti sorridenti. È incredibile, io al loro posto mi vergognerei. Ma l’errore è di chi li fa andare ai Mondiali”.
Si deve puntare quindi sulla qualità degli atleti più che sulla quantità: “Hai talento per emergere? Ti seguo e ti sostengo, investo su di te. Non ce l’hai e nel passaggio da giovane a senior non migliori? Arrivederci e grazie. Se concentriamo le risorse sui migliori giovani che abbiamo, forse li aiuteremo a diventare dei campioni. È così difficile da capire? O vogliamo continuare a investire su quarantenni che al massimo con un miracolo ottengono un posto in finale?”. E di talento tra i giovani ce ne è, basti pensare agli Europei Under 23: “Siamo usciti dall’ultimo Europeo Under 23 con tre ori e otto medaglie complessive: ora, per favore, ripartiamo da questi ragazzi e facciamone degli atleti completi in grado di competere ai Giochi di Tokyo“.
Ultimo pensiero di Fiona May è sull’organizzazione dei Mondiali di Londra: “Ben organizzati, pieni di pubblico e molto appassionanti. Ma al netto del clima, che ha inciso e non poco, il calo delle prestazioni, che in certi casi ci ha riportato indietro addirittura di trenta anni, dovrebbe farci riflettere. Tra gare indoor e all’aperto, Europei e Mondiali, giovanili, under e senior, forse costringiamo questi atleti a partecipare a troppe competizioni. Così le prestazioni ne risentono”.