Alex Schwazer ha composto un’autobiografia intitolata ‘Dopo il traguardo’, all’interno della quale è racchiuso il mondo emotivo dell’atleta italiano. Dai trionfi al mondo scuro del doping, dalla gioia ai momenti grigi, sino alle domande sul suo stesso operato, i vari ‘perché’ della sua carriera. Parole forti di Schwazer, esplicito nel narrare la vicenda dal suo punto di vista, ciò che ha vissuto raccontato con espressioni eloquenti. “Ero un tossico, andavo in Turchia per doparmi. Innsbruck-Vienna, Vienna-Antalya. A Carolina Kostner e ai miei genitori ho detto che sarei andato a Roma, alla Fidal. Ho tenuto il cellulare acceso anche di notte, per evitare che partisse il messaggio della compagnia telefonica turca. Ragionavo già da tossico. O meglio, sragionavo. Ed ero pronto a mentire, perché doparsi vuol dire anche mentire. Quando ho toccato il fondo, mi sono chiesto come mi fossi cacciato in quella situazione. Quel giorno ho capito di essere in un labirinto immenso e apparentemente senza via d’uscita, nel quale brancolavo da anni. Un labirinto nel quale avevo perso tutto. La persona che ero, la mia fidanzata, la credibilità, la dignità. Solo adesso ne sono uscito“. Esattamente dopo 6 mesi dal fatidico dissenso del Tas di Losanna in merito alla possibile partecipazione di Schwazer alle Olimpiadi di Tokyo, il marciatore italiano ha confessato tutto ciò che lo riguarda tra le pagine di un libro.
Schwazer confessa: “Ero un tossico, andavo in Turchia per doparmi. Ne sono uscito”
Alex Schwazer - Foto Colombo Fidal