Giuseppe Gibilisco, primatista italiano nel salto con l’asta, si racconta ai taccuini della Gazzetta dello Sport. L’azzurro, che oggi ha 45 anni, conquistò l’oro mondiale a Parigi nel 2003, ottenendo un 5.90 che è ancora il record nazionale. In occasione dei Giochi Olimpici di Atene, andati in scena nel 2004, salì sul podio, conquistando la medaglia di bronzo con un buon 5.85, arrivato dopo un periodo difficile a causa di un infortunio. Nel 2005, l’italiano aggiunse un altro trofeo alla propria bacheca: la Coppa Europa. La rassegna, ospitata dalla città di Firenze, lo vide vincere la propria prova, aiutando la Nazionale a conquistare il terzo posto finale.
L’inchiesta antidoping del 2007
La carriera di Gibilisco venne macchiata alcuni anni più tardi, nel 2007, quando venne coinvolto nell’inchiesta antidoping “Oil for Drugs”. Il 18 luglio dello stesso anno, la commissione della FIDAL lo condannò in primo grado a due anni di squalifica. Il periodo successivo fu concitato: la commissione d’appello ribaltò la sentenza due mesi dopo e si pronunciò per l’assoluzione. Il CONI il 26 ottobre conferma la sentenza di primo grado e dunque la squalifica. Gibilisco verrà poi assolto l’anno successivo, il 9 maggio 2008, ma la sua carriera restò segnata per sempre. Nel corso delle indagini, il gruppo sportivo della Guardia di Finanza, decide di concludere il rapporto con l’altista. L’atleta parla dei mesi difficili dell’inchiesta, della solitudine e della sofferenza che lo ha portato a valutare di togliersi la vita.
Gibilisco tornò a gareggiare il 6 giugno del 2008 e si qualificò per i Giochi Olimpici di Pechino 2008. Alla rassegna a cinque cerchi saltò 5.65, ottenendo il pass per la finale, dove però non riuscì a superare la soglia dei 5.45 metri. L’anno successivo affrontò i Mondiali di Berlino, dove terminò settimo. Nel 2010 venne poi reinserito nel gruppo sportivo della Guardia di Finanza. L’ultimo successo arrivò nel 2013: l’0ro ai Giochi del Mediterraneo di Mersin. Il ritiro dell’atleta risale al 2014.
Le parole di Gibilisco
“L’atletica mi ha dato la vita ma me la stava anche togliendo – racconta alla Gazzetta dello Sport -. Da ragazzino avevo preso una brutta strada e, senza lo sport, sarei sicuramente finito in galera. Mi sentivo invincibile, invulnerabile. Invece ero fragile, e soltanto nella fatica dell’allenamento quotidiano ho trovato un senso alla mia vita. Sono cresciuto, mi sono posto degli obiettivi. Che poi ho raggiunto, ma lì è stata anche la fine. Ero solo contro tutti, accusato di doping. Anzi, presunto doping“. Gibilisco rivela: “A un certo punto ho anche pensato di ammazzarmi e, da finanziere, ho preso in mano la pistola d’ordinanza. Mi ha salvato un amico giornalista, l’unico che mi è stato vicino in quei momenti. Non mi vergogno a dire che il mio conto in banca era arrivato a 43 euro. Per difendermi ho venduto anche la macchina che mi ero comprato dopo il bronzo olimpico“. L’atleta conclude: “Ricordo il nero che mi accompagnava in alcune giornate. Poteva esserci anche sole pieno, ma io in quei momenti vedevo proprio tutto nero intorno a me. E non è un modo di dire. Era tutto scuro“, conclude.