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L’allenatore di Alex Schwazer, Sandro Donati a margine della presentazione del suo libro “I signori del doping” a Bolzano, è tornato a parlare del presunto caso di doping del marciatore azzurro: “Un libro per raccontare una storia brutta che descrive delle istituzioni sportive internazionali infami e purtroppo anche delle istituzioni italiane che hanno taciuto. Qui c’è stata una gara di silenzi e di vigliaccheria. Questo ragazzo è rimasto vittima di un agguato dimostrato in maniera inequivocabile dal gip di Bolzano, Walter Pelino. In Italia c’è una legge e quindi sono conclusioni fatte al termine di quattro anni e mezzo di indagini e tantissime perizie. Invece il sistema sportivo italiano non ha preso posizione per pretendere da quello internazionale un cambiamento della decisione. Un sistema collegato a catena, l’uno all’altro. Un sistema più debole che ha paura a prendere posizione contro un sistema più forte. Non a caso ho intitolato il libro ‘I signori del doping’, perché ho voluto dire che questi usano il doping come un sistema di potere. Quindi gestisco l’antidoping e lo potrei far funzionare in un modo o nell’altro o non farlo funzionare o renderlo accanito. E’ un sistema deviato e io spero, con il mio libro, di aver dato un piccolo apporto per un revisione”.
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Ricostruendo la vicenda, Donati ha proseguito: “Inizialmente hanno colpito Alex, che era stato testimone d’accusa contro due medici, uno in particolare collaboratore della Federazione mondiale di atletica. Il 16 dicembre 2015, un’ora dopo la fine della deposizione di Alex, la Federazione mondiale ha deciso il controllo antidoping a sorpresa che si sarebbe svolto di lì a 15 giorni. Una consecutio temporum chiarissima, una vendetta, un modo per far perdere credibilità ad Alex. Poi strada facendo, è diventato altro. Persone più accorte politicamente hanno pensato di stroncare la mia voce. E questo lo racconto nel libro”.
“Durante l’indagine di Bolzano si è scoperto un database gigantesco, che io ho chiamato il database della vergogna, dove erano annotate 12.000 analisi di atleti di tutto il mondo, spesse volte anomale ma rispetto alle quali nessuno è intervenuto. Un sistema finto, quindi io ho insistito affinché quel database venisse preso in considerazione e non me lo hanno perdonato. Prima mi hanno fatto capire di farmi i fatti miei e quando ho insistito è scattata la vendetta”, ha concluso Donati.
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