
Stefano Mei - Foto LiveMedia/Salvo Barbagallo
“Far diventare l’eccezionalità la normalità da una parte è bellissimo, ma dall’altra è gravoso”. A dirlo è Stefano Mei, presidente FIDAL, in un’intervista esclusiva a Sportface TV (QUI PER VEDERLA). Gli Assoluti indoor di Ancona hanno offerto tante immagini: lo spettacolare ritorno di Andrea Dallavalle nel triplo, il classico duello tra Leonardo Fabbri e Zane Weir nel peso, ma anche la migliore prestazione italiana U23 dei 400 metri indoor di Luca Sito. Un evento capitato “in un momento un po’ particolare – sottolinea Mei -, ora ci saranno i campionati d’Europa al coperto, poi i campionati del mondo a Nanchino. I ragazzi sono sicuramente sotto pressione perché due appuntamenti così importanti e ravvicinati sono un’opportunità, ma anche una criticità”. Tra gli assenti ad Ancona Andy Diaz, ma anche Lorenzo Simonelli, la stellina Kelly Doualla, oltre naturalmente a Mattia Furlani. “Alcuni per piccoli problemi fisici, altri per programmazione hanno preferito saltare questo appuntamento, ma so per certo che i ragazzi non sono felici quando mancano ai campionati italiani. Ma è anche vero che c’è stato subito chi ha preso il loro posto ed è diventato a sua volta una stella. Ci sono tanti ragazzi che stanno confermando quanto di buono ci hanno detto questi quattro anni, cioè che c’è un ciclo continuo di giovani che si avvicendano nel tentativo di spodestare i migliori. Il processo non è ‘accendi e spegni la luce’, ma sta proseguendo. Per quello che è di mia responsabilità, è la quinta stagione che comincia col botto, ed è importante. Stiamo parlando di un Mattia Furlani che ha 20 anni e già ci aspettiamo da lui grandissime prestazioni in ogni competizione e in ogni ordine di gara. Aver fatto diventare l’eccezionalità la normalità da una parte è bellissimo, ma dall’altra è un impegno gravoso. Abbiamo alzato l’asticella anche al nostro interno, alzando i criteri di entrata, perché ci rendiamo conto che il nostro orizzonte si sta elevando”.

Kelly Doualla ed Elisa Valensin si sono prese la scena in queste prime settimane di 2025. Mei sottolinea come tra le pressioni per i più giovani “oltre ai dirigenti, giornalisti e tecnici”, ci sia “anche il mondo dei social. Sembra una sciocchezza, ma per i ragazzi è un banco di prova. Sono messi ogni giorno sotto la lente d’ingrandimento dei loro coetanei e degli appassionati ed è un lavoro più difficile. Ma cerco di dire loro che la federazione c’è, che non ci sono problemi se una gara va male e questo lo dico anche ai nostri big. Dobbiamo capire che questi ragazzi vanno ammirati perché in ogni gara mettono un impegno massimale, nell’atletica non puoi centellinare le forze, devi essere sempre al massimo livello. Nell’ambito attuale, dove ci sono miriadi di possibilità per un giovane, scegliere di fare uno sport dove è difficile emergere, richiede un bel coraggio, quindi io li ammiro, che abbiano 16 o 30 anni. Sono i nostri nuovi eroi”. Sempre parlando dei giovani, Mei ricorda la necessità di “lasciar loro il tempo di crescere, non dobbiamo caricarli di pressione. Sul territorio stiamo avendo conferme che il lavoro che stiamo facendo è positivo. Abbiamo investito molto sulla struttura tecnica territoriale, per far sì che il vulnus segnalato tra centro e territorio venga colmato. Sono sicuro che tutti questi ragazzi che stanno crescendo, saranno seguiti ancora meglio e i tecnici avranno più armi per affrontare questo terzo millennio nel modo giusto”.
Il futuro sorride all’atletica azzurra: “Abbiamo già pronta la squadra di Brisbane, forse ci stiamo spingendo in là, ma è vero, questi ragazzi ci stanno dando la garanzia che ci sarà ricambio, almeno fino a Brisbane, che sarà figlia delle imprese di Tokyo. I ragazzini che hanno visto trionfare gli azzurri a Tokyo avevano 12 anni, forse qualcuno meno, come Doualla. Quindi è un divenire continuo, che ha creato un circolo virtuoso che dobbiamo cercare di non interrompere con tutte le nostre forze. Ma è un fatto di investimenti: sui risultati bisogna investire o diventa difficile ottenere risultati positivi”. E ancora: “Paradossalmente non possiamo guardare solo il lato freddo dei numeri, sicuramente altre federazioni hanno molti più tesserati, ma i nostri fanno tutti attività agonistica. Non possiamo andare nei parchi, fermare la gente che corre e chiedere loro di tesserarsi. Al tempo stesso con i risultati stiamo avendo dei riscontri positivi soprattutto a livello giovanile. Ripeto: fare atletica è molto difficile perché vuol dire scontrarsi con tutto il mondo. Alle Olimpiadi di Parigi ci sono stati medagliati di 37 paesi, ed è una cifra straordinariamente importante. L’atletica è uno sport universale che ha in sé i tre gesti naturali: saltare, lanciare, correre. Quando il gesto è naturale, c’è anche difficoltà ad emergere”. La conclusione: “In questi quattro anni mi sono divertito tantissimo, le delusioni sono state poche e anche quando c’è stata una mezza delusione ho visto negli occhi dei ragazzi la voglia di far meglio nella volta successiva. Siamo partiti dai finalisti di Tokyo, ai diciassette di Parigi. Le cinque medaglie d’oro di Tokyo sono di difficile miglioramento, ma potevano esserci congiunture astrali favorevoli, come sono state sfavorevoli quelle di Parigi, ma è un qualcosa da mettere in conto. Dobbiamo accontentarci, tra virgolette, di guardare solo il dato dei finalisti. Credo però che il trend di miglioramento proseguirà”.