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Sara Simeoni, campionessa azzurra di salto in alto, ha rilasciato un’intervista al Corriere della Sera, toccando vari temi e ripercorrendo la sua carriera: “Nessuno immaginava che sarei diventata un’atleta. Per una donna nata nel 1953 lo sport poteva essere al massimo un passatempo. Oggi la ricerca scientifica intorno allo sport è molto diversa. Ai miei tempi capitava di saltare e basta. Probabilmente il mio mal di schiena di oggi è dovuto a movimenti sbagliati che facevo. Era tutto rudimentale, persino quando una donna aveva le mestruazioni si faticava a parlarne. Ricordo che gli allenatori ci vedevano come una perdita di tempo, quindi ci caricavano di fatica così da spingerci a mollare“.
Il salto che ha cambiato la sua vita è stato il 2,01 a Brescia nel 1978: “Fu il nuovo record del mondo femminile, da quel momento la mia vita non fu più la stessa. Cominciò la pressione mediatica, addirittura mi consigliavano di inventarmi qualche love story per pubblicità . Ma io senza la certezza della mia famiglia e di mio marito al mio fianco non riuscivo a saltare“. Sull’oro a Mosca, invece: “Ero determinata ma spaventata. Una strizza assurda, forse perché non avevo mai chiesto così tanto a me stessa. Quando arrivò l’oro pensai che da qualche parte ero arrivata e finalmente mi convinsi che tutti quei sacrifici erano valsi la pena. Però poi, ad Atene, mi feci male e imparai che se non vinci a momenti manco ti salutano“.
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