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Quando il 25 aprile del 1945 Pertini proclamò lo “sciopero generale contro l’occupazione tedesca”, il campionato italiano era già fermo da due anni. Non il pallone che continuò a rotolare nei vari campionati regionali conclusi a maggio di quell’anno. Il 25 aprile del 1945 Bruno Neri era morto già da un anno e aveva smesso di giocare da quattro stagioni. Aveva 34 anni quando nei pressi dell’eremo di Gamogna, sull’Appennino di Marradi, il calciatore partigiano perse la vita dopo essere stato sorpreso da quindici tedeschi. Nacque a Faenza il 12 ottobre del 1910 e Faenza è la città dove ha esordito, dove ha smesso e dove ha iniziato ad allenare per una sola stagione. Ed è la città che ancora oggi conserva il suo ricordo con lo stadio comunale intitolato a lui due anni dopo la sua morte e il bombardamento della città, impianto compreso. Nel 1929 fu acquistato dalla Fiorentina e a Firenze è legato uno degli episodi più famosi della sua carriera. Nel 1931, a soli 21 anni, si rifiutò di rendere omaggio alle autorità con il saluto romano in occasione dell’inaugurazione dello Stadio Berta (il vecchio Franchi) e iniziò ad avvicinarsi ad ambienti antifascisti. Dopo aver vestito la maglia viola, si trasferì alla Lucchese dove riuscì anche a guadagnarsi la fiducia del Ct Pozzo con tre presenze con la Nazionale. Poi il Torino e infine l’ultima stagione con la maglia del suo Faenza. Ma soprattutto la svolta partigiana arrivata grazie all’intermediazione di suo cugino Virgilio Neri.
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Aderì all’Organizzazione Resistenza Italiana, movimento nato nel 1943 sotto la spinta di Raimondo Craveri che rispetto a Neri aveva fatto il percorso inverso: politico, partigiano con la passione per il calcio e qualche presenza con la Juventus. Il suo nome di battaglia era ‘Berni’ e i suoi compiti a ridosso della Linea Gotica erano soprattutto la raccolta di informazioni e le azioni di sabotaggio. Fu durante una di queste che perse la vita il 10 luglio del 1944 insieme a Vittorio Bellenghi. Presso quella che fu la sua abitazione, c’è una targa che recita: “Caduto in combattimento a Gamogna il 10 luglio 1944. Dopo aver primeggiato come atleta nelle sportive competizioni, rivelò nell’azione clandestina prima nella guerra guerreggiata poi magnifiche virtù di combattente e di guida esempio e monito alle generazioni future”.
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