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Il fair play è uno dei fondamenti etici dello sport, il quale si basa sulla sana competizione e sul rispetto dell’avversario. L’attuazione di modelli comportamentali che siano da esempio non è però, purtroppo, una peculiarità così semplice con la quale confrontarsi in ogni momento storico, in particolar modo se si fa riferimento al calcio. Un argomento molto dibattuto negli ultimi anni riguarda di certo la mancanza delle cosiddette “bandiere“, giocatori dediti a rappresentare una compagine, tanto da diventarne icona e ispirazione per le generazioni successive, come i vari Maldini, Zanetti, Totti, Di Natale, e, fra gli ultimi, Pellissier.
Fra gli episodi maggiormente noti per ciò che concerne il fair play, torna alla mente un gesto splendido di Paolo Di Canio ai tempi del West Ham. L’attaccante italiano, difatti, nel 18 dicembre del 2000 affrontò l’Everton e sul punteggio di 1-1 arrivò un cross dalla destra perfetto, solo da spingere dentro a porta sguarnita, peraltro al 90′. Il bomber nostrano decise però di non ribadire in rete quell’assistenza dalla fascia, avendo notato che l’estremo difensore dei Toffees Gerrard giacesse a terra dolorante, per un infortunio poco prima accusato, così da rientrare negli annali dell’etica comportamentale corretta.
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Un altro episodio memorabile in questo senso riguarda Jan Vertonghen, attuale difensore del Tottenham, il quale nel 2006 segnò accidentalmente una rete durante Ajax-Cambuur nel tentativo di restituire la sfera al portiere, sfavorendo la compagine ultima citata. Il gesto memorabile fu però messo in pratica dall’intero team olandese di Amsterdam, che l’azione seguente decise di rimanere immobile per far andare in rete gli avversari e ristabilire un punteggio equo.
Un simbolo di fair play è stato Miroslav Klose, attaccante tedesco classe ’78. Il 27 settembre 2012, durante una partita tra la Lazio e il Napoli, la punta biancoceleste segnò di mano, per poi richiamare l’attenzione dell’arbitro Banti ed evitare che la rete venisse convalidata. Anni prima, lo stesso Klose aveva rinunciato ad un penalty in suo favore, ai tempi del Werder Brema, confessando una simulazione.
Fra gli eventi d’esempio degli ultimi tempi non possono non rientrare i meravigliosi messaggi lanciati da Francesco Caputo del Sassuolo e da tutta l’Atalanta, in piena emergenza Coronavirus. Nei momenti irreali di Sassuolo-Brescia e Valencia-Atalanta, l’attaccante italiano e l’intera compagine bergamasca hanno dedicato degli appelli eticamente impeccabili, diretti verso il popolo italiano, nel segno di “Andrà tutto bene“, slogan del periodo storico.
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