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In pochi non hanno mai sentito parlare di Steven Bradbury. Il suo oro alle Olimpiadi di Salt Lake City nel 2002 rimarrà per sempre uno dei momenti indimenticabili nella storia dei giochi. Una vittoria decisamente immeritata, ma prima di raccontarla è meglio partire dall’inizio.
Bradbury, australiano classe 1973, comincia la sua carriera ad alti livelli nello short track (pattinaggio di velocità su pista corta) nei primi anni ’90. Nel 1991 è protagonista nell’oro conquistato dall’Australia nella staffetta ai Mondiali in casa, mentre nel 1993 conquista un bronzo nel Mondiale di Pechino, sempre in squadra. Ai Giochi esordisce nel 1994 a Lillehammer, senza lasciare il segno. Immediatamente dopo le Olimpiadi, la carriera di Bradbury viene fermata da un tragico infortunio. La lama del pattino dell’azzurro Mirko Vuillermin gli profonda una pesantissima ferita all’arteria femorale, che porta alla perdita di ben 4 litri di sangue, facendo rischiare addirittura la vita all’australiano. Ci vuole più di un anno e mezzo a Bradbury per tornare alle gare, e al rientro non riuscirà a lasciare il segno dal punto dei vista di risultati.
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Le sfortune non sono finite. Nel 2000, una frattura al collo lo porta a un altro lungo stop, anche se più breve di quello di anni prima. Dopo sei settimane alle prese con un collare ortopedico, più altre di obbligata riabilitazione, Bradbury decide comunque di gareggiare per le Olimpiadi Invernali a Salt Lake City nel 2002.
Qui, dopo essere uscito di scena al secondo turno dei 1500 metri, gareggia nei 1000 metri, in quella che sarà l’impresa più grande della sua carriera. L’australiano vince la sua batteria, ma arriva solo terzo ai quarti di finale. Fortunatamente, la squalifica di Marc Gagnon gli apre le porte per la semifinale. Anche qui è il caso a portarlo avanti, vista la caduta multipla di Kim Dong-Sung, Mathieu Turcotte e Li Jiajun, unita alla squalifica di Satoru Terao.
In finale A accade quello che tutti sappiamo: Bradbury, ultimissimo all’inizio del giro finale, assiste alla caduta di Apolo Ohno, che fa a sua volta finire gambe all’aria anche gli altri. Bradbury passa da ultimo a primo, tagliando il traguardo prima di tutti e conquistando l’unico oro olimpico della sua carriera. Non ero certamente il più veloce, ma non penso di aver vinto la medaglia col minuto e mezzo della gara. L’ho vinta dopo un decennio di calvario – dirà l’australiano a fine gara.
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