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Nella vita ci sono dei momenti difficili che si vorrebbero cancellare dalla mente, ma ci sono anche dei momenti che ripagano i sacrifici fatti e le sofferenze patite in passato. Anche nello sport gli atleti vivono costantemente su un altalena di emozioni che può portare al successo, così come può fornire delle cocenti delusioni.
Uno sportivo che conosce bene questo delicato meccanismo che muove le dinamiche delle competizioni agonistiche è sicuramente Elia Viviani, campione di ciclismo su strada e su pista. Il ragazzo veneto, infatti, nel corso della sua carriera, si è trovato di fronte a molteplici sfide, che gli hanno permesso di crescere e di acquisire la consapevolezza dei sue mezzi. L’ostacolo più difficile della sua vita sportiva risale alle Olimpiadi di Londra 2012, quando nell’ultima prova dell’omnium scivola dal primo al sesto posto, vedendo andare in mille pezzi i suoi sogni di podio olimpico.
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Elia non si è arreso, anzi ha lavorato con ancora più forza e decisione, curando ogni minimo dettaglio, per prepararsi al meglio in vista dei Giochi Olimpici di Rio 2016 e riscattare la sconfitta subita a Londra nel 2012. Giunti al 14 agosto 2016 il ciclista scende in pista per disputare la prima prova dell’omnium, lo scratch, in cui si classifica al settimo posto, con il danese Lasse Norman Hansen, campione uscente, che balza subito al comando.
Nell’inseguimento Viviani sfodera una prestazione sontuosa, realizzando il suo miglio tempo di sempre in 4’17″453 e terminando in terza posizione alle spalle di Hansen e Mark Cavendish. La terza prova è l’eliminazione, la più congeniale all’azzurro che, infatti, riesce a sbaragliare la concorrenza, vincendo la gara davanti al francese Boudat e al colombiano Gaviria, dato per favorito alla vigilia. Un successo che proietta Elia la secondo posto nella classifica generale dopo la prima giornata, dietro soltanto a Boudat.
Nella seconda giornata di competizione si parte con il chilometro, prova fatale a Viviani nel 2012, ma che in questo caso, grazie al secondo posto ottenuto, regala al ciclista veneto il sorpasso in classifica a Boudat e l’allungo su Cavendish. L’ultima prova è la corsa a punti, che può ribaltare completamente la graduatoria costruita fino a quel momento e, infatti, Gaviria e Hansen conquistano immediatamente i 20 punti del giro di vantaggio, rimettendo tutto in discussione. A 108 giri dalla conclusione Park Sanghoon urta Cavendish, e Viviani non riesce ad evitare l’impatto con il coreano, finendo a terra e facendo riemergere nella mente dell’italiano l’incubo vissuto quattro anni prima a Londra.
Il veneto si rialza e torna in pista, la vittoria resta in bilico fino all’ultimo, ma alla fine Elia Viviani riesce a coronare il proprio sogno vincendo la medaglia d’oro olimpica nell’omnium davanti a Mark Cavendish e Lasse Norman Hansen. Terminata la gara l’azzurro capisce di aver realizzato l’impresa e scoppia in un pianto liberatorio, concedendosi un meritato giro d’onore con la bandiera tricolore sulle spalle e un lungo abbraccio con mamma Elena e papà Renato.
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