Amarcord

L’angolo del ricordo: Nettie Honeyball e la prima partita di calcio femminile

Nettie Honeyball e la prima squadra di calcio femminile, foto di pubblico dominio

Gran parte degli eventi della storia dell’umanità ha un prima e un dopo: prima e dopo Gesù Cristo, prima e dopo l’invenzione del fuoco, della ruota, della scrittura e così via. Nel mondo iper virile del calcio, c’è una data che fa da spartiacque e un nome (per la verità inventato) da tenere a mente: il 23 marzo 1895 e Nettie Honeyball. Letteralmente “palla di miele”, un chiaro pseudonimo che funge da parafulmine in un ambiente, quello del calcio, che nel 2020 resta prevalentemente maschile, ma che sul finire del diciannovesimo secolo è riservato unicamente agli uomini. Non per molto, però, visto che proprio in quel giorno di primavera una donna riuscì ad applicare il primo fiocco rosa nell’universo del pallone. 

FUORI QUESTIONE – “Pochi minuti sono stati sufficienti a dimostrare che il calcio praticato dalle donne è totalmente fuori questione. A un calciatore sono richieste velocità, giudizio, abilità e coraggio. Nessuna di queste quattro qualità è stata mostrata sabato. Per gran parte della gara le donne vagavano senza meta sul campo, in un trottare senza grazia”. E’ il linguaggio arcaico a toglierci, per fortuna, il dubbio. Non si tratta di un recente commento a un post di Facebook sul calcio femminile (si è letto di peggio in giro), ma di uno stralcio dell’articolo pubblicato sul The Daily Sketch dall’inviato che aveva seguito quell’evento così particolare e sorprendente: era la prima partita giocata dalle donne, a Londra, tra una selezione che rappresentava il nord della metropoli inglese e l’altra che invece era composta da ragazze del sud della città. Vinse la squadra del nord di Londra, vestita di rosso, con un nettissimo 7-1 contro le avversarie in divisa blu: anche la rivincita, organizzata qualche tempo dopo, ebbe un esito analogo con la vittoria schiacciante delle reds.

IERI E OGGI – La rivincita, già. La prima partita tra donne era stata definita un fiasco dagli uomini e le stesse ragazze sembravano abbastanza sfiduciate circa la possibilità di dar vita seriamente a un movimento calcistico tutto al femminile che facesse da traino anche dal punto di vista politico: era l’epoca delle suffragette, e un po’ ovunque nascevano focolai rivoluzionari che avrebbero portato, nel giro di alcuni decenni, all’uguaglianza di genere nelle società più evolute. L’uguaglianza nel mondo del calcio non si è ancora raggiunta e probabilmente non si raggiungerà mai, ma i passi avanti compiuti sono molti e, guardando l’Italia, può bastare ricordare come la Nazionale maschile non sia riuscita a qualificarsi per gli ultimi Mondiali a cinquant’anni dall’ultima volta, mentre dopo vent’anni le azzurre sono riuscite a giocare in Coppa del mondo, peraltro ben figurando. E spostandoci agli altri sport, si può dire che, tutto sommato, la situazione è in netto miglioramento.

TUTTO COMINCIO’ CON UN ANNUNCIO – Nel 1985, però, non vi era la possibilità di far sentire la propria voce, soprattutto nel mondo del calcio. Serviva una personalità forte che potesse cambiare il corso della storia, serviva Nettie Honeyball: la sua storia è raccontata da diversi libri che hanno affrontato il tema della nascita del calcio femminile, riassunti alla perfezione da “L’uomo nel pallone”. Il suo vero nome, con tutta probabilità, era Jessie Allen, e lavorava come commessa in un negozio alimentare. Già un anno prima, nel 1894, Nettie (la chiamiamo così) aveva pubblicato un annuncio sui giornali in cui cercava donne che volessero cimentarsi con il pallone tra i piedi: nel suo bancone non sfuggivano i discorsi degli uomini sull’ultimo turno di campionato, e la crescente popolarità di questo sport aveva convinto la giovane ragazza a far nascere la prima lega calcistica femminile. In trenta rispondono presente e nasce così la prima squadra di calcio. La fondatrice, raggiante, aveva già – a sua insaputa – preconizzato il futuro: “Immagino un futuro dove le donne potranno sedere in parlamento e avere voce negli affari, specialmente quelli che le riguardano più da vicino”. Un pensiero spericolato per i tempi, ma dall’incredibile forza visionaria: per il momento, bastava trovare un allenatore per cominciare a giocare a calcio.

ASCESA E CADUTA – Passo dopo passo, dunque. John William Julian, ex Tottenham, accetta l’incarico e allena le ragazze, che si dividono però subito in due fazioni. Si crea così la squadra del nord e quella del sud e in palio c’è la possibilità, per chi vince, di diventare a tutti gli effetti il primo club calcistico femminile. Nettie organizza tutto alla perfezione, le giocatrici in campo si divertono, corrono e si sentono più emancipate, anche se il livello tecnico-tattico non lascia scampo a diverse lacune. Le scaramucce tra rosse e blu continuano e viene organizzata una terza partita: è il primo pareggio della storia del calcio femminile, un 3-3 pirotecnico che fa accrescere ulteriormente la popolarità del calcio tra le donne. Tutto, però, è destinato a finire molto presto. La British Ladies FC organizza un tour in Scozia: Nettie Honeyball vuole pubblicizzare sempre di più il calcio femminile, ma l’operazione si dimostra un totale fallimento. I burberi scozzesi non vedono di buon occhio delle donne che giocano a calcio e così una folla sempre più numerosa comincia a riempire di insulti le giocatrici che avevano appena dato inizio alla partita, passando poi alle maniere forti: “Il calcio è degli uomini”, gridavano, e nel mentre lanciavano pietre e tutto quello che capitava a tiro sulle malcapitate, che furono costrette a fuggire in fretta e furia. L’episodio non andò giù alla squadra e il movimento calcistico femminile si sciolse all’apice del suo successo.

LA RINASCITA – Ci vollero diversi anni prima che si tornasse a parlare di donne nel pallone, ci volle la prima guerra mondiale: con gli uomini spediti al fronte, da più parti in Europa toccava alle donne sostituire i mariti nei campi più disparati, tra questi anche quelli di calcio. Nonostante l’ostracismo della Football Association, che negli anni venti definì ufficialmente le donne “inadatte a giocare a calcio” e proibì i match femminili sul territorio inglese, fu impossibile frenare l’ascesa del calcio femminile in tutto il mondo, fino ai giorni nostri. E se una ragazza oggi è libera di giocare a calcio, che sia nel massimo campionato o nei campi di periferia, non può far altro che ringraziare la forza d’animo di Nettie Honeyball e celebrare il 23 marzo come un’altra piccola festa della donna. 

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