Come può uno Scoglio arginare il mare? Non è Lucio Battisti, solo il ritratto più o meno fedele della vita calcistica di quell’uomo piovuto quasi all’improvviso nel mondo del pallone italiano, capace di dividere, appassionare, far discutere. Il Professore, Franco Scoglio, uno dei pochi a non piegarsi alle logiche imperanti, a costo di non poter lasciare un segno tangibile sul rettangolo di gioco, ma piuttosto una serie di insegnamenti – anche qualche gaffe, perché no – che ne hanno fatto uno dei personaggi chiave del calcio italiano di fine scorso millennio. Un allenatore a tutto tondo, anzi, a trecento gradi come amava dire, perché gli altri sessanta preferiva tenerli per sé. Franco Scoglio avrebbe compiuto oggi settantanove anni e manca un po’ a tutti.
L’ALTRA ISOLA – Dall’isola di Lipari, frazione di Canneto per la precisione, alla Serie A. Percorso complicato che solo l’innegabile bravura nel mestiere di allenatore può “giustificare”, e in effetti sul campo Scoglio non mancò di dimostrare di essere un tecnico di livello, non da top club ma certamente adeguato al massimo campionato. Eppure, sono stati tanti anche i passaggi a vuoto, gli esoneri frutti di una cocciutaggine tutta sicula, gli scontri con presidenti e colleghi. Come quando, riferendosi a Capello, ebbe l’ardire di affermare “Ogni mattina mi guardo allo specchio e mi dico che Capello è la più grande offesa per la categoria. Mi vergogno di essere un allenatore”. Franco Scoglio era anche e soprattutto questo, un personaggio divenuto mediatico sia per scelta che per vocazione, anche per una serie di frasi entrate nell’immaginario collettivo. Celebri le conferenze stampa in cui, senza troppi giri di parole, attaccava giornalisti, addetti ai lavori e chi più ne metta, sempre con stile. Tutto suo. Non scendeva a compromessi e non aveva problemi nel dire la sua in un mondo come quello del calcio che si avviava al nuovo millennio, quello dell’apparire, quello degli stampini e della produzione in serie, anche per quanto riguarda i giocatori. Tutti uguali, tutti pettinati bene, look impeccabile. Così distanti da quell’allenatore che, nato nelle Eolie, trovò un’altra isola felice a Genova. Sponda Grifone, allenato in tre diversi momenti. Dal 1988 al 1990, con promozione in A al primo tentativo e salvezza tranquilla, poi dal 1993 al 1995, chiamato in corsa per salvare la squadra (missione compiuta) e poi esonerato l’anno successivo, quindi ultima esperienza nel 2001, stavolta in Serie B, ancora per centrare una salvezza e poi passare la mano.
IL PROFESSORE PRESTATO AL CALCIO – Scoglio e il Genoa, un rapporto d’amore. E di sano odio per i rivali. “Io odio la Sampdoria e non perdo occasione per ribadirlo”, non aveva certo problemi a farsi nemici. Eppure, nemmeno i tifosi blucerchiati difficilmente potevano pensare a Scoglio come un bersaglio. Come poteva esserlo, del resto, chi rispondeva ai giornalisti con frasi che sarebbero poi diventate celebri come quel “Mi faccia una domanda precisa, non posso fare dichiarazioni ad minchiam”. E come poteva esserlo un uomo che, prima ancora di essere un allenatore, era un pedagogo, e insegnava questa disciplina. Letteralmente, visto che era il suo mestiere negli anni sessanta in giro per il meridione, prima di provare ad applicare le sue conoscenze su un campo di calcio. E’ per questo che si guadagnò il sincero appellativo di “Professore”, tornando poi a insegnare nell’ateneo di Messina una volta avviatosi verso la naturale conclusione della propria carriera da tecnico. Oltre alle varie avventure al Genoa, Scoglio ha allenato anche Bologna e Torino in Serie A, Napoli e Udinese e tante altre in Serie B. A quasi sessant’anni si scoprì commissario tecnico, allenando prima la Tunisia dal 1998 al 2000, conquistando anche la qualificazione ai Mondiali 2002 ai quali rinunciò per tornare al Genoa, quindi la Libia in un’esperienza finita ben presto per visioni divergenti con il presidente federale nonché figlio di Gheddafi. Visioni divergenti, è questo il fulcro dell’esperienza di vita del tecnico siciliano nel mondo del calcio.
“MORIRO’ PARLANDO DEL GENOA” – Così tanto l’amore per il Grifone che, raccontano in molti, non perdeva occasione per dire “Morirò parlando del Genoa”. Purtroppo, aveva ancora una volta ragione. Franco Scogliò se ne andò proprio parlando del Genoa, colpito da un infarto nel corso di una trasmissione della rete ligure Primocanale, nel corso di un diverbio al telefono con il presidente Enrico Preziosi. Si accasciò al suolo a telecamere accese, la trasmissione fu subito interrotta e i presenti in studio provarono a rianimarlo in attesa dei soccorsi. Al suo fianco c’era una bandiera dei rossoblu come Claudio Onofri. Niente da fare, il cuore di Scoglio aveva cessato di battere il 3 ottobre 2005, nella “sua” Genova, dove pochi giorni dopo si celebrò il funerale con oltre diecimila persone accorse per l’ultimo saluto. Non c’è dubbio, era amato in maniera trasversale. La sua salma fu trasferita poi a Lipari, dove nacque, passando per l’ultimo saluto anche da Messina. E lo stadio San Filippo, principale impianto della città peloritana, porta da alcuni anni il nome di Franco Scoglio. “Io non faccio poesia. Io verticalizzo”: buon compleanno, ovunque egli sia.