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Rapporto Censis: resta il divario di genere nello sport. Silvia Salis: “Serve un cambio culturale”

Silvia Salis e Guglielmo Angelozzi
Silvia Salis e Guglielmo Angelozzi

Sono 20 milioni gli italiani che praticano sport, ma solo il 43,3% sono donne. È il dato che emerge dal Rapporto del Censis dal titolo “Donne, lavoro e sport in Italia. Per la crescita dei territori e del Paese”, lo studio discusso al Salone d’Onore del Coni in occasione della presentazione del progetto di sostenibilità sociale realizzato da Fondazione Lottomatica e Fijlkam, la Federazione Italiana Judo Lotta Karate Arti Marziali. Una condizione, quella delle donne dello sport, che vede il genere femminile ancora indietro rispetto a quello maschile, come sottolinea Silvia Salis, vice presidente vicario del Coni; una condizione che può essere cambiata attraverso il mondo dello sport, considerato “l’unico vero ascensore sociale di questo Paese perché si basa sul merito. Se io non avessi avuto lo sport non sarei riuscita a realizzare i sogni che avevo; lo sport può essere un motore che permette alle donne di cambiare la condizione della propria vita. Associare l’indipendenza femminile alla pratica sportiva è un percorso virtuoso. Lo sport deve diventare un diritto che fa guadagnare questo Paese non solo in termini di sviluppo ma anche sociali”.

Un divario ancora troppo ampio; lo studio, infatti, sottolinea come siano 12 milioni le donne che non praticano sport. Una condizione che non permette loro di essere indipendenti. “Esiste una correlazione tra questo e la mancanza di istruzione e formazione professionale; progetti come quello di oggi danno un contributo concreto anche dal punto di vista della sensibilizzazione culturale”, le parole di Guglielmo Angelozzi, Amministratore Delegato di Lottomatica. Dallo studio Censis emerge come la donna che fa sport non stia solo meglio nel fisico e nella mente, ma sia anche meglio inserita nella società: lavora, studia, guadagna più di chi non fa esercizio fisico, ed è più moderna, in quanto aderisce a stili di vita e modelli di comportamento più evoluti e sostenibili. Le sportive possiedono titoli di studio più elevati di chi fa una vita sedentaria: il 26,9% è laureata e il 36,5% è diplomata, contro, rispettivamente, il 9,7% di laureate e il 27,3% di diplomate che non praticano sport. “Dico alle giovani di vedersi anche come presidenti delle società, non solo come mamme che aiutano. Da una parte servono politiche di vertice, perché non possiamo aspettare 30 anni, ma anche un cambio culturale dal basso”, conclude Salis.

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