L’Università LUMSA ha presentato questa mattina i dati del report di ricerca del progetto “NO DOPING 4 MASTER”, il quale, realizzato con il contributo del Ministero della Salute, ha come macro-obiettivo la valutazione del grado di conoscenza del fenomeno doping e delle attitudini verso l’uso di sostanze illegali in modo tale da informare e formare gli atleti, i dirigenti e gli allenatori sulle pratiche dannose per gli sportivi adulti. Hanno partecipato all’indagine 3.000 atleti, tra professionisti e amatori, ai quali è stato somministrato un questionario di circa 30 domande con lo scopo di approfondire la conoscenza del doping e le reazioni nei confronti delle azioni illecite praticate da altri atleti.
Quello che è emerso è che il 90% degli intervistati non ritiene accettabile usare sostanze illegali in senso generale. Un dato che si abbassa al 76% quando chi ricorre al doping è un altro atleta che ha come scopo il miglioramento delle prestazioni sportive e/o potenzialità. In questo si dichiara assolutamente permissivo il 6% dei professionisti e il 9% degli amatori. Anche l’età gioca un ruolo fondamentale nel giudicare l’utilizzo di pratiche dopanti con una chiara tendenza con l’aumentare degli anni, infatti: il 12% degli over70 lo ritiene giustificabile, nella categoria 51/70 anni è permissivo l’8%, cifra che scende al 6% per gli atleti tra i 35 e i 50 anni. Il 98% ha dimostrato un buon grado di conoscenza del fenomeno del doping, ma solo il 40% è ben informato sulle procedure legati ai controlli antidoping.
“Nel 2023 abbiamo avuto 82 esiti avversi su 9000 controlli antidoping, 33 sono stati i casi di atleti master”, ha dichiarato nel suo intervento Alessia Di Gianfrancesco direttore generale Nado Italia, che poi ha aggiunto: “I controlli hanno anche un’azione preventiva. Ad esempio, Polonara è un cestista che grazie a un controllo antidoping da noi eseguito è stato trovato positivo a questo HCG che è la gonadotropina corionica. Quando abbiamo notificato la positività, lui risposto che non aveva assunto niente. Ha fatto le analisi e si è rivelato un tumore che però ha potuto curare grazie alla nostra comunicazione, così come fu per Acerbi, un calciatore che ha potuto scoprire la recrudescenza di un tumore che aveva già curato, ma di cui non aveva ancora sintomi. Ovviamente aveva fatto approfondimenti abbastanza recenti ed erano tutti negativi, ma con il nostro controllo ha scoperto la recidiva e si è potuto curare nuovamente”.