Il vortice social ha letteralmente travolto Felicia Sonmez, giornalista del Washington Post che domenica 26 gennaio ha twittato un articolo del 2016 sulle accuse di stupro nei confronti di Kobe Bryant, poco dopo la morte dell’ex stella della NBA. La tempistica non è stata di certo una delle migliori in una delle giornate più tristi dello sport mondiale: Sonmez, dopo aver appreso la notizia della tragica morte di Kobe in un incidente in elicottero, ha immediatamente condiviso un vecchio articolo che rimandava a una storia sulle accuse da parte di una diciannovenne risalenti al 2003. E ancor prima di cancellare il tweet, dopo l’ondata di insulti e minacce ricevute, la giornalista del WP ha risposto: “Alle 10 mila persone che hanno commentato e scritto email con insulti e minacce di morte, prendetevi un minuto e leggete il pezzo, scritto oltre tre anni fa e non da me. Ogni figura pubblica andrebbe ricordata nella sua totalità, anche quando è amata da tutti“.
Qualche minuto più tardi, però, Sonmez ha deciso di cancellare il tutto senza riuscire a placare l’ira social. Il tweet ha infatti scatenato una vera e propria reazione a catena che ha scavalcato il mondo virtuale. Le numerose minacce di morte e di stupro hanno costretto la giornalista ad abbandonare la sua abitazione e a trasferirsi in hotel dopo che alcuni utenti hanno divulgato l’indirizzo di casa. Il Washington Post dopo circa 24 ore dall’accaduto ha deciso di mettere Felicia Sonmez in congedo amministrativo mentre valuta se il messaggio abbia violato la politica relativa ai social media del quotidiano: “I tweet di Sonmez mostrano un errore di giudizio che ha minato il lavoro dei suoi colleghi“. Un’altra pagina piuttosto triste.