Anche quando si parla di editoriali, l’utilizzo dell’io è fortemente sconsigliato, ma alla notizia che dall’anno prossimo non verrà più organizzato il Trofeo Topolino non ho potuto resistere e rompere anche le convenzioni di questa testata per espormi direttamente. La Disney ha infatti liquidato il suo impegno per la promozione dello sport (e ovviamente anche del proprio brand) con la semplice dicitura di nuove strategie aziendali: un colpo di spugna e via, 60 anni di storia cancellati nell’idea che la tecnologia ha reso antiquata questa competizione. Anche se il mio pensiero e questo pezzo sono incentrati sullo sci alpino, stesso discorso vale per tutte le altre competizioni più o meno recenti, patrocinate sotto questo nome e che non vedranno più la luce, dal calcio alla pallamano, dallo sci di fondo al judo.
Ho letto la notizia ieri notte e a lungo ho faticato a prendere sonno nel pensarci, perché in cuor mio è stato come se un pezzo importante del mio passato fosse stato improvvisamente strappato via. Certamente le mie memorie personali non potranno essere cancellate e nemmeno le emozioni di quella che per me personalmente è stata una delle settimane più intense della mia modesta carriera da sciatore. Eppure se oggi sono qui a scrivere di questo pezzo e ho fatto del giornalismo sportivo la mia professione è anche grazie a quel passaggio sulle nevi di Pinzolo (TN).
Da ragazzino ero scarso, ma scarso forte. Ho iniziato a fare gare di sci alpino il secondo anno ragazzi e in una regione piccola come il Friuli Venezia Giulia ero contento quando chiudevo tra i 30. Poi di colpo sono migliorato e il secondo anno allievi sono stato selezionato per difendere i colori della mia regione al Trofeo Topolino: ero la persona più felice del mondo. Per chi non seguisse lo sci alpino, per quella competizione sono passati tra i più grandi campioni di sempre da Gustav Thoeni a Lindsey Vonn, ma anche Alberto Tomba, Deborah Compagnoni, Karen Putzer, Janica Kostelic e tantissimi altri. Ma per me voleva dire molto di più: mio fratello maggiore vi aveva preso parte qualche anno prima ed in passato anche mio padre si era qualificato ad una delle primissime edizioni (non riuscendo poi ad andarci a causa di una nevicata intensa che ha isolato la valle dove abitava). Per me parteciparvi voleva dire inserirmi in quel fil rouge che sembrava destinato a unire anche nello sport la mia famiglia.
Forse per questo la notizia mi ha sconvolto così tanto: la cancellazione di questo evento storico e tanto radicato nella cultura sciistica di questo paese termina anche la staffetta generazionale della mia famiglia. Ma il mio shock non termina in un senso egoistico di tristezza, ma abbraccia tutte le storie che migliaia di ragazzini di ogni generazione hanno vissuto e che so aver segnato individualmente la loro crescita personale oltre che sportiva. Penso al mio nipotino che quest’inverno muoverà i primi passi sulla neve, che se mai deciderà di seguire le orme degli zii non potrà competere in una manifestazione sana e divertente, nonostante l’alta competitività ed importanza del trofeo. Penso al danno che farà allo sci alpino in Italia, e non solo, la mancanza di un evento che ha ispirato, affascinato e portato allo neve bambini di ogni dove.
Penso che mi sia difficile concludere questo pezzo con una considerazione pesata, perché sono troppe le emozioni che provo nel battere queste righe che vorrebbero essere conclusive. Mi fa strano pensare che la Disney abbia deciso di mettere fine ad una favola con il meno lieto dei finali: non c’è “vissero per sempre felici e contenti” per l’idea di Mike Bongiorno e Rolly Marchi. Chiudo dunque con un altro pensiero, quello di una ex-campionessa e promotrice dello sport giovanile come Ana Jelusic:
“Ci sono tantissimi ricordi che da oggi i giovani sciatori non potranno più creare a causa di ‘strategie aziendali’.
Per me, 15 anni fa, il Trofeo Topolino ha segnato l’inizio di quella che poi è stata una carriera professionistica lunga 10 anni nel mondo dello sci. È stata la prima gara che mi ha permesso di sognare che un giorno la mia passione per lo sci potesse diventare più di un hobby: mi ha incoraggiata a credere che tutto fosse possibile.
Vincendo il Topolino mi sono guadagnata un posto della nazionale maggiore croata (e quindi un viaggio ai Giochi Olimpici e i miei primi punti di Coppa del Mondo l’anno dopo), oltre che un viaggio alla Whistler Cup in Canada e la mia prima copertina di un magazine. Mi ha consentito di incontrare per la prima volta i campioni le cui foto tenevo appese sulle pareti della mia cameretta (Tomba, Compagnoni e tanti altri), un’esperienza che non dimenticherò mai.
Mi sembra difficile credere che qualche strategia digitale o ‘l’uso di contenuti e nuove tecnologie al fine di ampliare il modo in cui raggiungiamo e coinvolgiamo bambini e famiglie’ siano in grado di creare un impatto più forte di quello del Trofeo Topolino in questi 60 anni. Leggere questa notizia mi riempie di una tristezza senza fine”.