Antefatto. Era il 22 febbraio 2017 e Leonardo Bonucci sedeva mestamente su uno sgabello in tribuna al Do Dragao di Oporto, spedito lì da Massimiliano Allegri come punizione dopo uno screzio visto come una mancanza di rispetto nei confronti dell’intero gruppo. La Juventus vinse lo stesso sia contro il Palermo nella serata del litigio che contro i lusitani pochi giorni dopo in Champions e il caso andò poi sfumando, anche se a fine stagione il difensore decise di cambiare aria, seppur per una sola stagione.
POSIZIONE SCOMODA – In un certo qual modo, nella stessa scomoda posizione si trovano ora Cristiano Ronaldo e Maurizio Sarri dopo quanto accaduto contro il Milan. Interpreti diversi, ma entrambi con la divisa della Juventus cucita addosso, con quello stile squisitamente sabaudo da rispettare, quasi un diktat dalle parti di Torino. Il gruppo viene prima di tutto e vincere è l’unica cosa che conta. Lo sa bene l’allenatore toscano, che ha avuto il coraggio di sostituire il proprio fuoriclasse inserendo chi forse meno di tutti ha giovato dell’arrivo in squadra di CR7, quel Paulo Dybala che però anche contro i rossoneri si è dimostrato decisivo regalando un’altra vittoria stiracchiata e sofferta a una squadra che fatica a ingranare la marcia giusta.
RIMANERE A GUARDARE – Al di là della vittoria, a tenere banco è proprio il caso Ronaldo. Il portoghese ha preso la seconda sostituzione consecutiva come un atto di lesa maestà, nonostante in campo in meno di un’ora avesse fatto davvero fatica come raramente gli era capitato. Nelle sue prestazioni recenti pesa certamente il piccolo problema fisico al collaterale del ginocchio destro, e CR7 per indole non è certo uno che si accontenta di restare a guardare. Ha stretto i denti, ha giocato dal primo minuto, è stato sostituito, fatto raro, all’ennesimo errore di una serata storta. E Cristiano non è rimasto a guardare: saluto abbozzato con la Joya, poi dritto negli spogliatoi con le immagini – e le notizie, alcune non troppo fondate – che fanno il giro del mondo e si amplificano.
CAPRO ESPIATORIO – Infuriato, sì, probabilmente con se stesso più che con l’allenatore. L’orgoglioso Ronaldo, l’uomo dei record, per una sera ha dovuto recitare il ruolo del capro espiatorio. E fortuna per Sarri che la Juventus ha vinto, proprio con un gol del sostituto Dybala, vera miniera d’oro in questo autunno per i bianconeri. È chiaro che CR7 non avrebbe mai voluto lasciare il campo sullo 0-0, peraltro per la seconda volta di fila dopo la sostituzione nei minuti finali a Mosca, anche in quel caso in situazione di parità e con gol vittoria in seguito alla sua uscita dal terreno di gioco.
I DUE VOLTI DI SARRI – Ma quello di Ronaldo è davvero un caso? La carne al fuoco c’è tutta: sostituzione sgradita, occhiataccia al tecnico, abbandono dello stadio – stando ad alcune indiscrezioni – addirittura prima del fischio finale. Se l’ambiente esterno fagocita e rilancia malumori, in casa Juventus l’obiettivo numero uno è invece quello di spegnere la polemica sul nascere. A cominciare da Sarri, che nel post partita ha fatto il pompiere (“Bisognerebbe ringraziare Cristiano perché ha dato la sua disponibilità a scendere in campo nonostante il problema fisico, altri avrebbero mollato. Sono contento quando vedo uno come lui che ha vinto tutto e segnato settecento gol incazzarsi per una sostituzione col Milan. Sarei preoccupato diversamente”) in maniera, se vogliamo, anche abbastanza sorprendente se si pensa a quanto accaduto ai tempi del Napoli, quando Insigne a Bergamo si comportò allo stesso modo di Ronaldo, anche se con un disappunto più marcato, e in quella occasione Sarri non gliele mandò certo a dire (“Torna su e stai zitto”). Uno dei tanti step della metamorfosi dell’allenatore toscano, ormai pienamente inglobato nel mondo juventino.
FORTUNA – Ambiente diverso, giocatori diversi. Se Insigne è il patrimonio – spesso messo in discussione – del Napoli e in parte anche della nazionale azzurra, Ronaldo lo è del calcio tout court, capace da solo di spostare le masse, i trofei e i fatturati dei club che hanno la fortuna di averlo in rosa. Ecco, fortuna forse è la parola giusta: per la Juventus Cristiano, chiamato a risolvere problemi in campo (e spesso, citofonare Atletico, lo ha fatto) non può diventare un problema, anche se forse le circostanze richiederebbero la linea dura. Tutti i calciatori sono uguali, ma alcuni sono più uguali di altri, parafrasando Orwell: CR7 è CR7, la tautologia è esplicita, la necessità di non incrinare il rapporto con il portoghese, nascondendo quel poco di polvere sotto al tappeto, pure. Sta alla Juve e a Sarri trovare la capacità di remare nella stessa direzione di Ronaldo, specie quando arriveranno la primavera e le partite che contano: per il momento ai bianconeri occorre ricompattare l’ambiente per evitare quanto successo in casa Inter e Napoli negli ultimi giorni. La settimana col Portogallo farà bene a CR7, la querelle probabilmente sfumerà dentro alla lunga sosta per le nazionali che mai come questa volta cade a pennell: ui social, intanto il lusitano glissa con uno scarno “Partita difficile, vittoria importante. Fino alla fine”. La storia lo insegna: Ronaldo non può diventare un caso, mai, anche quando forse dovrebbe.