“Adesso sto bene, finalmente non sono malato, anche se non voglio dirlo troppo ad alta voce che non si sa mai”. Così esordisce un solare e sorridente Lukas Hofer, che si è concesso ai microfoni di Sportface.it in vista dell’imminente Mondiale di biathlon a Oslo-Holmenkollen. “Al momento la forma è quella giusta e sta crescendo di gara in gara. Adesso bisogna mettere assieme sia il tiro che il fondo e sono curioso di vedere quello che viene fuori: se sto bene e faccio quello che faccio in allenamento so dove posso arrivare”.
Non sarà però una cosa da poco riuscire a chiudere nelle prime posizioni: la concorrenza a questo Nondiale è agguerritissima, i contendenti ad una medaglia sono numerosi e, come già mostrato in Coppa del mondo, il margine di errore anche per i campioni è davvero limitato. “Neanche trovare la gara perfetta (ti dà la certezza di andare a medaglia): nel circuito maschile si è arrivato proprio al punto che con un errore nella sprint non hai quasi più chance di arrivare davanti, perché ci sono circa 20 atleti che possono vincere la gara”, spiega Hofer con disinvoltura. “Ormai il tiro è diventato fondamentale perché sugli sci siamo tutti davvero vicini: ogni tanto si fanno il quarto, quinto o anche il terzo tempo, ma siamo comunque a 10-15secondi, quindi deve andare tutto liscio. Alla fine bisogna lottare sempre fino alla fine”.
La recente vittoria del compagno Dominik Windisch nella mass start di Canmore non può che servire da motivazione al carabiniere della val Pusteria, capace di vincere in Coppa del mondo, come anche di mettersi al collo una medaglia mondiale e una olimpica. Ciononostante, la stagione 2015-2016 non è stata entusiasmante per lui, con il miglior piazzamento individuale arrivato nella sprint di Anterselva, quando è stato dodicesimo. “Onestamente è la prima volta che non mi sono messo obiettivi: l’unico è quello di combinare il fondo con il tiro, poiché ad inizio stagione non avevo la forma per via delle malattie che mi hanno fiaccato. Di recente invece mi è mancato il tiro, che però riuscivo sempre a portare nelle gare di staffetta, quindi ora vorrei riuscire a combinare i due in una gara individuale, sprint o qualsiasi altra gara… poi i conti li facciamo dopo perché sono anche sicuro e convinto che ad Oslo posso essere lì davanti e l’ho già fatto vedere negli anni scorsi. Ecco questo è il mio obiettivo”.
Il carattere e la forza di questo ragazzo non sono mai stati in discussione, basti pensare al mondo in cui è arrivato il primo podio in coppa del mondo, quel terzo posto nella mass start di Chanty-Mansijsk che è valso anche il bronzo mondiale. “Quando ho vinto quella medaglia al Mondiale l’ho preparata veramente bene: a letto malato!”, dice ridendo. “Ovviamente senza ricorrere a questi metodi, è importante fare dei lavori specifici di preparazione, specialmente sulla velocità per riuscire a dare l’ultimo stimolo al fisico. Poi bisogna riuscire ad arrivare all’evento con una buona salute e le batterie cariche”.
Quale sarà quindi la gara dove gli avversari dovranno temere di più l’altoatesino? “Mi è difficile dire qual è la gara dove mi esprimo meglio, ma le gare che mi piacciono di più sono quelle uomo contro uomo, perché hai sempre subito il confronto, invece in un’individuale è diverso perché è una gara molto lunga e in solitaria. La sprint è già diversa ancora, perché è più corta e riesci a gestirti diversamente, però diciamo che l’inseguimento e la mass start mi sono piaciute di più, invece le staffette sono sempre divertenti e vedremo cosa ci aspetta lì!”
A proprio riguardo le staffette è legato uno dei ricordi più belli della carriera del ragazzo di Brunico. “Ci sono tre ricordi che non dimenticherò mai: ovviamente la vittoria ad Anterselva, da solo, però la staffetta mista all’Olimpiade di Sochi rimane sempre in testa, perché era un successo di squadra, sia femminile che maschile, che ha un gran valore per tutta la nazionale, ma anche per noi atleti. E poi il primo podio che ho fatto, che era capitato proprio al mondiale del 2011, mi è rimasto sempre caro e quelle sensazioni dovrei riuscire a riproporle di nuovo”.
Non a caso la medaglia conquistata a Sochi sembra aver dato la spinta giusta al biathlon italiano, che da allora ha visto una crescita esponenziale nei risultati e nell’interesse da parte del grande pubblico. “Sochi è stato un risultato un po’ a sorpresa, però tutti si aspettavano qualcosa, perché le ragazze avevano fatto dei garoni: la Karin (Oberhofer) aveva fatto un quarto posto e la Doro (Dorothea Wierer) aveva fatto sesta nella sprint. Anche noi maschi eravamo stati sempre lì, ma con un colpo o due sbagliati di troppo per fare medaglia, ma poi abbiamo fatto tutto bene nella staffetta mista, che poi è stata la scelta migliore per la squadra, perché è stata una motivazione in più: ci ha mostrato che il lavoro è stato svolto bene in tutto il gruppo”. Al Mondiale di Oslo sarà proprio la staffetta mista ad aprire le danze, ovviamente i favoriti sono la Norvegia, padrona di casa, Germania, Francia e repubblica Ceca, ma l’Italia e Lukas Hofer non si faranno trovare impreparati.