Umirati u lepoti, “morire nella bellezza”. Questa frase ha descritto a lungo il calcio jugoslavo prima e quello serbo poi. L’Italia sul parquet di Belgrado abbandona l’edizione 2019 degli Europei di basket femminile, ma alla sirena più che del gioco spumeggiante le azzurre sono vittime del proprio potenziale che ancora una volta è rimasto in larga parte inespresso. La sensazione è quella di un film già visto, non solo con la squadra femminile. Quando la nazionale fa le cose giuste si ha l’impressione di non poter perdere, ma dietro l’angolo si cela sempre un black-out che smonta ogni illusione e mette fine ai sogni dei nostri giocatori, in questo caso delle giocatrici. E’ così che dopo aver condotto a lungo, la miglior Italia del torneo smette di produrre gioco e finisce con l’arrendersi alla Russia nel match che dava l’accesso ai quarti di finale.
Due anni fa ci fu l’esplosione di un gruppo ancora acerbo che uscì tra gli applausi dopo aver reso la vita complicata ad un’ostica Turchia. Oggi viene difficile accompagnare con gli applausi le lacrime delle azzurre, forse perché chi ha visto resta incredulo davanti a tanto potenziale inespresso. Per venti minuti abbiamo visto la nazionale perfetta, solida in difesa e concreta in attacco. Una nota di merito va a Cecilia Zandalasini che dopo un girone da incubo è riuscita a prendere per mano le compagne nel momento più importante della rassegna. Abbiamo visto sprazzi della vera Italia, proprio per questo è dura accettare i primi cinque minuti del periodo conclusivo, quelli che hanno affondato la barca azzurra. “Ci vuole cuore“, nel momento più duro della gara coach Crespi lo ha urlato ripetutamente alle ragazze e lui in primis il cuore lo ha messo fin dalle qualificazioni. Un allenatore è per definizione legato ai risultati, ma il caso del ct azzurro è l’eccezione che conferma la regola. In queste quattro gare ha sbagliato pochissimo ed è anche merito delle sue scelte se il gruppo è riuscito a limare le grosse problematiche di tiro in alcuni frangenti. ‘Rimpianti’ resta però la parola d’ordine di questa avventura, specialmente se si pensa che una prova nella media avrebbe permesso di battere l’Ungheria e non avrebbe neanche posto il problema Russia nel cammino azzurro.
Passando all’analisi del match è masochista parlare di cosa le azzurre abbiano fatto bene. Oltre alla già citata Zandalasini nei primi venti minuti anche Olbis e Penna prendono confidenza con il canestro facendo presagire il meglio. L’assetto con Cubaj e Crippa ci rende competitivi nella lotta a rimbalzo contro le torri russe che vedono cadere anche le proprie percentuali dal pitturato. La stessa fisicità russa viene a mancare quando c’è da difendere contro le incursioni azzurre al ferro. Tutto sembrava perfetto, ma ricadere in tentazione è stato facile. Ed è così che ricomincia il digiuno prolungato, si iniziano a concedere triple e soprattutto si torna ad essere in balia di Vadeeva e Vieru che tra rimbalzi e canestri hanno sotterrato l’Italia. Nella giornata in cui Crespi ritrova una delle sue leader, perde Giorgia Sottana che tira 0/4 dal campo e diventa un fantasma sul parquet di Belgrado.
Tra qualche giorno l’Europeo andrà in archivio e a conti fatti si potrà trarre un bilancio. Il movimento e il gruppo nazionale sono indubbiamente in crescita e gli elementi scesi in campo in Serbia vantano qualità importanti. Questa volta però è difficile sorridere dopo l’eliminazione, le ragazze escono perdendo due volte da favorite e questa volta non ci può andare bene. Il futuro sorride, ma il presente è pieno di rimpianti.