La 29enne russa Ksenya Savina specialista del mezzofondo ha subito una squalifica di 12 anni per uso di doping relativo a fatti relativamente vicini temporalmente: episodio dunque distante rispetto al doping di stato russo tra 2011 e 2015.
La Savina fu controllata infatti proprio un anno fa in un controllo fuori competizione in Marocco, dove la russa si stava allenando. L’analisi conseguente avrebbe confermato la presenza di EPO. La stessa Savina avrebbe giustificato l’uso di questa sostanza affermando che il suo uso fosse destinato al marito-coach Aleksei Savin sofferente di disfunzioni renali croniche: la sostanza le sarebbe stata somministrata per errore assieme ai suoi antidolorifici per il mal di schiena dalla loro governante in Marocco. Per supportare questa tesi, avrebbe presentato un certificato medico del marito nel quale si prevedeva l’uso detta sostanza per la sua presunta patologia.
Ebbene, l’AIU, ovvero l’agenzia antidoping della IAAF, avrebbe fatto indagini presso l’ospedale della Crimea grazie alla collaborazione della RUSADA, l’agenzia antidoping russa, scoprendo come quel certificato non fosse mai stato da loro emesso. Una bella frittata per la Savina: la squalifica per doping si è sommata a quella per aver prodotto una documentazione falsa. La pena di 12 anni la terrà ferma fino al 2031, anche se con molta probabilità la carriera della russa si può già dichiarare al tramonto con l’emissione della sentenza. La stessa AIU ha anche squalificato il marito per 4 anni per la complicità nel caso.