Il ciclismo, sport meraviglioso, sa essere incredibilmente crudele alle volte; e il sogno olimpico, a lungo cullato, può svanire dietro a una maledetta curva in discesa. È quanto capitato oggi a Vincenzo Nibali, lo Squalo dello Stretto, la punta di diamante di una nazionale italiana che magnificamente aveva condotto la corsa fino a quel momento e che verso la conquista di una medaglia l’aveva lanciato. Fino a quella maledetta curva in discesa, dove Nibali è scivolato e – in un solo istante – ha visto svanire il suo sogno, proprio nel momento in cui il coronamento di questo appariva ormai alla portata. Chi il proprio sogno olimpico l’ha coronato, invece, è Greg Van Avermaet, che regala al Belgio la prima medaglia d’oro in questa edizione dei Giochi; ad aggiudicarsi le altre due medaglie, il danese Jakob Fuglsang e il polacco Rafal Majka.
Com’era nelle previsioni la corsa si è dimostrata estremamente impegnativa, per via del profilo altimetrico, certo, ma anche della lunghezza (237 km) e dell’elevata temperatura. Nei primi chilometri prende il largo una fuga, di cui fanno parte il polacco Michal Kwiatkowski, lo svizzero Michael Albasini, il colombiano Jarlinson Pantano, il tedesco Simon Getschke, il russo Pavel Kochetkov e il norvegese Sven Erik Bystrøm; i sei guadagnano fino a 6′, ma il traguardo è ancora molto lontano. Gli Azzurri rimangono compatti attorno al proprio leader Vincenzo Nibali, e Alessandro De Marchi è fra i più attivi in testa al gruppo. Si entra poi nel circuito finale che prevede la lunga salita alla Vista Chinesa, asperità di 9 km con pendenze importanti, seguita da una discesa particolarmente insidiosa, da ripetere per tre volte.
Durante la prima delle tre tornate, si muove Damiano Caruso, che porta con sé un drappello di attaccanti di cui fanno parte – tra gli altri – il colombiano Sergio Henao e soprattutto Greg Van Avermaet. Al passaggio successivo questi riprendono Kwiatkowski, che nel frattempo era rimasto solo al comando. In fondo alla discesa, quando mancano 35 km alla conclusione, la nazionale guidata da Davide Cassani scopre definitivamente le proprie carte: all’attacco vanno Vincenzo Nibali e Fabio Aru, che in poche pedalate si riportano sui battistrada e trovano la preziosa collaborazione di Caruso; con loro rientrano anche Rafal Majka e Jakob Fuglsang. Il gruppo degli inseguitori – nel quale sono rimasti tutti gli spagnoli – è condotto invece da Alejandro Valverde, che si sacrifica per il connazionale Purito Rodriguez, trovando la collaborazione dello svizzero Fabian Cancellara.
Il gruppetto che comprende i tre italiani conserva tuttavia un buon margine, approcciando l’ultima scalata alla Vista Chinesa con una trentina di secondi di vantaggio. Qui è Fabio Aru a prendere in mano la situazione per favorire il leader designato: e infatti arriva, puntuale, la stoccata di Vincenzo Nibali, con il quale rimangono i soli Henao e Majka, mentre dietro si muovono anche Rodriguez e Chris Froome, benché in maniera assai tardiva. Nibali, Henao e Majka scollinano con una manciata di secondi di vantaggio sui più immediati inseguitori e si buttano a capofitto in discesa; a 12 km dalla conclusione, in un tratto particolarmente insidioso, Nibali e Henao rovinano a terra, e Majka prosegue in solitaria.
Il polacco sembra poter conquistare l’oro, ma i chilometri finali – completamente pianeggianti – si rivelano per lui fatali. Da dietro rinvengono Van Avermaet e Fuglsang, mentre il nostro Fabio Aru (che nello stesso drappello dal quale i due sono fuoriusciti si trovava) ha ormai speso tutto e non riesce a seguirli. Lo sprint è senza storia: il belga, dotato di un maggiore spunto veloce, parte lungo e ha facilmente la meglio sul danese e sul polacco. Per loro la gioia delle medaglie e la realizzazione del sogno di ogni atleta. Per gli Azzurri, l’enorme rimpianto per una corsa condotta alla perfezione e che avrebbe meritato ben altro esito; una delusione che neppure il buon sesto posto comunque ottenuto da Aru può in alcun modo placare. Ma il ciclismo, si sa, può essere uno sport crudele.