Una rivoluzione senza precedenti. Il nuovo World Tennis Tour (meglio noto come Transition Tour) ha cambiato la vita di migliaia di ragazzi in giro per il mondo costretti, dal nuovo e quanto mai criticato format, a stravolgere le proprie ambizioni e le normali abitudini di vita. Una classifica sparita, due o tre match in un solo giorno e tante difficoltà nel coprire i costi complessivi della partecipazione ai tornei. Oltre alle richieste ed ai numerosi messaggi di denuncia, c’è anche chi ha deciso di scavare più a fondo nella vicenda per cercare di capire cosa abbia spinto il principale organo federale ad agire in questa maniera.
Shelby Talcott, classe 1993, è una tennista americana laureatasi in giornalismo presso l’Università dell’Iowa e che tramite le colonne del proprio blog (www.shelbytalcott.com) ha messo nero su bianco i risultati di un’inchiesta che vede l’ITF coinvolta a 360 gradi su tematiche particolarmente delicate quali la gestione degli “integrity costs”, la nuova normativa sulla privacy (GDPR) ed i rapporti con le società di scommesse.
Questa lunga storia inizia al termine di una finale. “Esco dal campo, frustrata dopo una sconfitta e come tutti i ragazzi nati negli anni 2000, per prima cosa tiro fuori il cellulare e attendo con ansia che il segnale wifi si connetta” – racconta Shelby. “Pochi minuti dopo, sono in contatto con il mondo esterno ed i messaggi iniziano ad arrivare: alcune parole dal mio allenatore, un paio di Snapchats, un nuovo follower di Instagram. Alzo gli occhi quando vedo la notifica di Facebook: “John Smith vorrebbe mandarti un messaggio.” Però, che originalità. “John Smith.” “Muori stupida puttana senza valore! Non ho mai visto nessuno scarso come te nel giocare a tennis! Cagna patetica!” “Decido di dare a John Smith alcuni punti in originalità per aver utilizzato “cagna patetica”, ma non più di un 4 su 10. Poi noto un’altra notifica, questa volta forse proveniente da una persona reale (o almeno più creativa del precedente troll)”. “Sei una puttana ritardata. Giochi di mera! Muori di cancro, troia, troverò la tua famiglia!”. Questo ottiene uno 0 su 10 per l’uso discutibile della lingua inglese, ma distrugge l’aggressività di John Smith con il commento “Muori di cancro, troverò la tua famiglia”. “Chiudo i miei messaggi di Facebook e mi dirigo in palestra per un po’ di stretching”.
Il problema scommesse e l’accordo con Sportsradar – L’aspetto triste di questa faccenda è che come Shelby, altre migliaia di tennisti ricevono quotidianamente messaggi di questo tipo, spesso sconfinanti in vere e proprie minacce. “Questa è la prassi per un tennista professionista” – ammette l’attuale numero 574 della classifica mondiale – “e più alto è il tuo ranking maggiore è il numero di insulti che potresti ricevere. Chi sono questi “John Smith” sui social? Sono gli scommettitori, ed esistono in gran parte grazie all’International Tennis Federation (ITF)”. La questione si fa interessante. “Nel 2012, l’ITF ha firmato un accordo quinquennale da 70 milioni di dollari con Sportsradar – un accordo che è stato esteso fino al 2021 – per distribuire i dati raccolti nei tornei di livello medio basso per le scommesse. L’aver concesso questi dati significa che i bookmakers possono offrire quote su queste partite ed i puntatori di tutto il mondo hanno improvvisamente avuto accesso senza limiti a questi tornei. Dal 2016 è stato possibile scommettere su oltre 60.000 partite del circuito ITF (tornei 15K e 25K)”. Non è difficile immaginare gli ipotetici ricavi scaturenti da un giro di soldi di tale portata. Ma dove finiscono esattamente questi 70 milioni? “Non nelle mie tasche ed in quelle dei miei colleghi” – prosegue ironicamente Shelby. “L’ITF afferma che l’80% degli introiti sulla trasmissione dati dopo gli “integrity costs” (le spese per mantenere lealtà e correttezza nel gioco) va allo sviluppo del tennis nei paesi membri (ricordate la frase “dopo i costi di integrità”, sarà importante più tardi). Nel 2017, però, la stessa ITF ha modificato la categoria di spesa di “scienza e tecnologia” in “integrità, scienza e tecnologia” nelle sue informazioni finanziarie. Analizzando i dati, senza il contributo annuale delle entrate fornite da questo accordo di 70 milioni l’ITF avrebbe un deficit significativo. Modificando la categoria “scienza e tecnologia” dei propri finanziamenti in “integrità, scienza e tecnologia”, l’ITF ora può destinare parte dei 70 milioni alla scienza e alla tecnologia – e non solo gli “integrity costs”, come indicato”. Ecco la chiave di volta. “In sostanza, l’ITF dovrebbe destinare l’80% ai paesi membri. L’aver raggruppato “integrità” con “scienza e tecnologia” dà all’ITF l’opportunità di utilizzare buona parte di questi soldi per ogni cosa, integrità/onestà, scienza e tecnologia, muovendosi comunque nel rispetto della legge. Questo sistema rende impossibile determinare la spesa per ciascuna di queste categorie e capire quanti milioni di dollari rappresentino il ricavato della vendita sulla trasmissione dati, in luogo di quei contributi che dovrebbero essere destinati a garantire l’onestà nel mondo del tennis”.
I giocatori e la protezione dei dati personali – A partire dal 25 maggio 2018 è direttamente applicabile in tutti gli Stati membri il Regolamento Ue 2016/679, noto come GDPR (General Data Protection Regulation), relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento e alla libera circolazione dei dati personali. Il GDPR nasce da precise esigenze, come indicato dalla stessa Commissione Ue, di “certezza giuridica, armonizzazione e maggiore semplicità delle norme riguardanti il trasferimento di dati personali dall’Ue verso altre parti del mondo” ed è uno dei punti focali dell’indagine di Shelby. “Oltre alla mancanza di trasparenza sul modo in cui i ricavi delle vendite dei dati vengono effettivamente utilizzati, l’ITF sostiene costantemente di garantire la “protezione dei giocatori”. Ricordiamo per un attimo i messaggi Facebook che ho ricevuto dopo aver perso il match. Il problema è che gli scommettitori non si palesano mai, anzi si nascondono dietro lo schermo di un computer per attaccare i giocatori se la partita non va come loro desideravano. È l’ITF che ha permesso loro di entrare nel mondo dello sport firmando questo accordo da 70 milioni cui abbiamo accennato in precedenza. Affermare che si tratta di “protezione del giocatore” diventa difficile da credere quando atleti di tutto il mondo ricevono quotidianamente messaggi di questo tipo. I nostri punteggi, le partite e le informazioni personali vengono distribuiti a queste società di scommesse quotidianamente. Aziende come Sofascore offrono agli utenti la possibilità di visualizzare i nomi completi dei giocatori, il paese per cui giocano, la loro età, quanti soldi hanno ricevuto e i risultati precedenti, distribuendo le quote per centinaia di partite in tutto il mondo. In cambio, i giocatori ricevono messaggi pieni d’odio. Nel fare questa ricerca, mi sono ricordata che l’ITF è una società con sede fuori dall’Inghilterra, un paese che, dal 25 maggio 2018, ha implementato il regolamento generale sulla protezione dei dati dell’UE (GDPR). Si tratta di una legge abbastanza severa, varata per proteggere i dati personali, indipendentemente da dove vivi o da chi sei. Aspetto ancora più importante, è che le aziende devono essere in grado di spiegare cosa stanno facendo con i tuoi dati, e per quale motivo. Con questa nuova legge, è diventato molto più comune dover dare alle aziende il permesso di usare i dati, tema che in alcuni casi si riflette sul cd “diritto all’oblio”. Ciò significa che si ha la possibilità di poter richiedere che i propri dati vengano cancellati, ad alcune condizioni. Se un’azienda non rispetta questa normativa, le ammende possono arrivare fino a 20 milioni di euro, o fino al 4% del fatturato annuo, a seconda del maggiore degli importi”.
IPIN e privacy, è davvero tutto a norma? – Gli aspetti poco chiari della vicenda non finiscono qui. Stona, e non poco, il mancato richiamo del rispetto sulla normativa inerente i dati personali nel sistema che consente ai giocatori di iscriversi ai tornei. “Alla luce di quanto emerso, ho esaminato più da vicino la politica sulla privacy” – prosegue la giocatrice americana – “quei richiami spesso indicati con caratteri piccoli in fondo alle pagine di accesso di tutti i giocatori al sistema di registrazione nei tornei utilizzato dall’ITF (chiamato “IPIN”). È interessante notare come non si trovi alcuna menzione della politica sulla privacy, dato piuttosto insolito per un’azienda britannica così pesantemente coinvolta nella vendita di dati. Per caso noi giocatori abbiamo rinunciato ai nostri diritti personali, dando inconsapevolmente all’ITF il permesso silenzioso di raccogliere e vendere i nostri dati? L’informativa sulla privacy di IPIN include un lungo elenco di organizzazioni con cui l’ITF condivide i dati personali, inclusi altri organi di governo del tennis, il Comitato Olimpico Internazionale, vari organismi disciplinari sportivi, forze dell’ordine e altro. Le società di scommesse sportive, tuttavia, non figurano in questo elenco. La sezione cinque della politica sulla privacy di IPIN indica come l’ITF possa utilizzare i dati personali. Ancora una volta, delle società di scommesse non è fatta menzione; tuttavia, la frase “abilitare la nostra attività e perseguire i nostri interessi legittimi o quelli di terzi” appare nella quinta sezione. Ma è vero che vendere i dati dei giocatori consente all’ITF di perseguire i suoi legittimi interessi? E che la vendita di dati alle società di scommesse “sviluppa effettivamente lo sport”? Le vendite di dati alle società di scommesse perseguono legittimamente gli “altri interessi commerciali” dell’ITF? Secondo l’informativa sulla privacy di IPIN, ogni giocatore è autorizzato a esercitare il proprio diritto di negare il permesso di raccogliere e vendere i propri dati. Ma occhio ad una postilla: “Il tuo rifiuto di fornire il consenso può far sì che non siamo in grado di fornirti il servizio che hai richiesto, accettare la tua domanda per un IPIN, gestire il tuo profilo sul Sistema di gestione degli atleti o gestire la tua partecipazione in Tornei e competizioni ITF”. Fondamentalmente, l’ITF afferma che possiamo rifiutarci di vendere i nostri dati alla condizione di non poter partecipare ai tornei.
Si arriva così agli amari titoli di coda. “I giocatori sono chiaramente utilizzati come pedine per gli interessi dell’ITF” – conclude amaramente Shelby. “Ho scritto questo con la speranza di sollevare diversi interrogativi e combattere il modo di operare dell’ITF, magari facendo venire a galla pratiche commerciali su cui occorre fare chiarezza”.
Il braccio di ferro tra i tennisti e l’International Tennis Federation prosegue.