Inizia ufficialmente il dopo Conte per la nazionale di calcio italiana. Presentato oggi il nuovo ct Giampiero Ventura, ben deciso nel proseguire sulla strada tracciata dal neo allenatore del Chelsea: “Dico grazie ad Antonio, che mi ha permesso di trovare una squadra con conoscenza e cultura del lavoro, due caratteristiche che hanno contraddistinto tutti i gruppi che ho allenato durante la mia lunga carriera. Guardavo le partite e dicevo che l’Italia aveva tutte le carte in regola per arrivare almeno in semifinale, ma mi ridevano in faccia”. Una continuità che si riverbera anche nella scelta del modulo: “Ripartiremo dal 3-5-2 anche se penalizza i tanti giovani esterni che in questo momento il nostro calcio sta sfornando, come El Shaarawy, Bonaventura. Sono sempre stato uno sponsor dei giovani: l’obiettivo e dare loro la possibilità di emergere e di mostrare le proprie qualità, evitando di bruciarli. Vorrei che questa nazionale rimanesse umile come quella di Conte, determinata e feroce come quella di Conte, ma vorrei fosse anche eccitante, e questo lo aggiungerò io. Non vedo l’ora di iniziare da una base solida, provando a fare un passo in avanti“.
Un Ventura “orgoglioso per esser stato scelto per questo incarico” ma non emozionato (“non ho più l’età”), ha poi fatto il punto su alcuni singoli come Balotelli (“Nessun pregiudizio, è come tutti gli altri. Parlerà il campo, quando ha deciso di voler fare il calciatore ha dimostrato qualità assolute”), Pellè (“Escludendo il rigore, ha giocato un Europeo importante. Cina? Un calciatore dev’essere forte psicologicamente: Diamanti quando è andato lì poi ha perso la nazionale”), sino all’addio di Barzagli (“Non ci ho ancora parlato, ma se voglio partire da dove ha lasciato Conte è evidente che lui diventerebbe un giocatore importante per noi”).
Una battuta conclusiva sul contratto e sul suo percorso prima di approdare sulla panchina della nazionale: “Non guadagno un euro in più per allenare qui (riferendosi al precedente accordo col Torino, ndr). Titoli? Se parliamo di coppe e campionati dicono la verità, ma non è facile vincere senza allenare le più forti del campionato. Sfido chiunque ad allenare all’Udinese o alla Sampdoria, Cagliari o Torino. Se vincere significa prendere ragazzi di vent’anni e poi mandarli in nazionale, oppure avere una squadra che perde 20-30 milioni di euro all’anno ma dopo quattro anni ha 150 milioni di euro di plusvalenza, per me significa qualcosa”