Francesco Totti ha rilasciato una lunga intervista a Il Venerdì di Repubblica, in cui ha ripercorso vari periodi della sua lunga carriera, in cui ha indossato solamente la maglia della Roma. L’ex capitano giallorosso ora lavora come dirigente e si relaziona quotidianamente con la squadra, sfruttando la sua tanta esperienza acquisita in 25 anni da giocatore.
“Ancora non mi annoio – commenta Totti -. Le giornate sono quasi come quelle da calciatore. Mi sveglio, porto i figli a scuola, poi vado a Trigoria, sto col mister, la squadra, seguo tutti gli allenamenti. Dopo pranzo torno e mi dedico ai ragazzi”.
IL RITIRO E SPALLETTI – “Non è stato un mio pensieri, ma una cosa voluta dalla società. È l’unica ombra che s’è creata tra me e la Roma. Perché un conto è decidere con la propria testa e un altro farsi mettere i paletti da altri. Certo, mi rendo conto che finché stai lì non vorresti mai smettere. Ma non pretendevo di giocare 60-70 partite l’anno, volevo solo restare a disposizione. Comunque meglio smettere che restare senza mai alzarsi dalla panchina. Spalletti? È quello che ha spinto di più. Con la società erano una cosa sola”.
FEDELE ALLA MAGLIA – “Perché non ho mai cambiato squadra e non ho concluso all’estero? Avrei rovinato 25 anni di carriera. Ho sempre detto che avrei indossato un’unica maglia. Sono di parola”.
CAPELLO – “Quando parli con Capello hai sempre torto. Sa tanto, ma l’ultima parola deve essere sempre la sua. Se passa un piccione e lui dice che è un gabbiano, ti dimostrerà che è un gabbiano. È cocciuto, perfezionista. Un maniaco”.
LA CURVA SUD – “Dopo un Roma-Napoli ci furono scontri. Scappai. Quando sono tornato per recuperare il motorino era disintegrato e fu l’ultima volta che andai in curva sud. Da tifoso non avevo grandi rapporti con loro. Li ho conosciuti da giocatore: qualcuno ha parecchi casini alle spalle. Altri no, o di meno. C’è di tutto”.
ROMA-BARCELLONA – “L’esultanza a Roma-Barcellona? “Qualsiasi cosa faccia c’è sempre qualche critica. Io so cosa provo e non ho niente da dimostrare. È vero, al primo gol non ho esultato, ma perché non avevamo ancora portato a casa la partita. Al secondo mi sono alzato in piedi ed al terzo ho preso in braccio mio figlio Cristian. Quelli che criticano non m’hanno visto? Vedono solo quello che je pare”.
IL CALCIONE A BALOTELLI – “Erano anni che mi provocava, insultava me e i romani. Un continuo. Alla fine la cosa è esplosa. Fu un fallo orrendo, proprio per fargli male, ma i giocatori dell’Inter non mi assalirono. Mentre uscivo per l’espulsione, Maicon mi diede il cinque. La sensazione è che anche tra i suoi compagni Balotelli creasse qualche irritazione”.
IL LAVORO DA DIRIGENTE – “Lavoro con Di Francesco, da mediatore tra società e spogliatoio. I giocatori sono bestie, sono bastardi, ma mi portano rispetto. Io ero come loro, li conosco bene, conosco il loro linguaggio segreto fatto d’occhiate, mezze parole. Cerco di rendermi utile. Nello spogliatoio ora si parla quasi solo inglese. Se non lo sai non capisci un cazzo. E si fa meno gruppo. In ritiro, rientrato dal campo, ognuno si isola in camera sua col telefonino a navigare o mandare messaggi”.